Elena Travaini e Roberto Lachin

«Girare il mondo senza vedere? È possibile e ve lo dimostriamo»

di Veronica Rossi

Due atleti non vedenti - lei danzatrice, lui judoka - fanno informazione sui viaggi accessibili. Hanno una lunga storia di attivismo e di sport alle spalle, con una costante: le attività che propongono sono per tutti, in un'ottica di inclusione

Elena Travaini e Roberto Lachin hanno tante cose in comune. Condividono la passione per i viaggi; amano lo sport – la prima è una danzatrice, il secondo un judoka – ed entrambi sono non vedenti. Dal loro incontro è nato un progetto di divulgazione, “Motto on tour”, attraverso il quale esplorano diverse mete, verificandone l’accessibilità per chi ha una disabilità, soprattutto visiva; poi ne parlano, nel loro podcast e sul loro sito internet, in cui danno informazioni, anche legislative (per chi vuole viaggiare coi cani guida, per esempio). La loro prossima avventura sarà in Giappone, dal 26 gennaio al 9 febbraio, dove cercheranno di rispondere a una domanda: il Sol Levante è accessibile per le persone che non vedono?

Roberto Lachin a vent’anni ha perso la vista a causa di una malattia rara, la retinite pigmentosa, che causa un restringimento progressivo del campo visivo. «Da quel momento ho avuto una vita piuttosto sedentaria, sono ingrassato tantissimo, pesavo più di 100 chili», racconta. «Poi ho incontrato il judo, che in pochi mesi mi ha fatto dimagrire moltissimo. Sono anche andato in Giappone, dove ho sperimentato questo sport a livello agonistico; dopo pochi mesi dal mio ritorno in Italia ho fatto la mia prima gara e l’ho vinta. Così sono entrato in nazionale. Lo sport ha fatto tanto per me, è stato anche un mezzo di autodeterminazione: ho conosciuto un sacco di posti e di persone». Nel 2018 e nel 2019 Lachin è stato vicecampione italiano e ha vinto il premio “sportivo dell’anno” dopo Federica Pellegrini. A settembre 2020, in piena pandemia, il judoka ha iniziato a produrre un podcast, in cui intervistava persone – all’inizio erano tutte non vedenti – che avessero fatto qualcosa di speciale. «Per esempio una delle prime storie è stata quella di un uomo non vedente che ha scalato l’Everest», ricorda. «Poi tramite un’intervista ho conosciuto Elena e abbiamo deciso di condurre il podcast insieme. Abbiamo vinto tanti riconoscimenti, come il Premio internazionale Giuseppe Sciacca».

Roberto Lachin e Elena Travaini all'aperto, sotto un gazebo. Tengono in mano un foglio con scritto "Liberi nello sport"

Travaini è nata con una rara forma di tumore alla retina. «Sono stata in cura in Olanda per tre anni, dove ho affrontato chemio, radio e laser terapia», racconta. «Ho perso completamente la vista dall’occhio sinistro e dall’occhio destro vedo meno di un ventesimo, quindi sono ipovedente grave. Il mio problema, però, è che le cure mi hanno causato anche una grave malformazione agli occhi, che è stato quello che mi è pesato un po’ di più. Se hai un viso tanto diverso, attiri commenti, battutine e frecciatine. Tuttora è così». Quello che la lascia sempre sbigottita è che, a fare allusioni cattive, non sono solo i ragazzini, ma anche uomini e donne di una certa età. Ma lei non è una persona che si lascia frenare: dall’età di cinque anni ha iniziato a frequentare corsi di danza, ma non ha mai smesso. Si è diplomata insegnante in diverse federazioni italiane e nel 2014 ha ideato il metodo “Danza al buio” e, a oggi, ha fatto ballare più di 300mila persone nel mondo e ha ottenuto alcuni importanti riconoscimenti per il suo impegno. «Ho studiato, sono diventata una formatrice», commenta, «amo il palcoscenico, mi piace presentare eventi e stare col pubblico. Lavoro con la mia immagine per abbattere barriere e stereotipi».

Travaini e Lachin in un teatro, con vestiti eleganti, sotto al palco. Lachin tiene il guinzaglio di un cane guida

E ci sono ancora molti pregiudizi da combattere quando si parla di cecità. In molti sono convinti che chi non vede non abbia tante possibilità, dai viaggi all’utilizzo delle piattaforme social. Ed è per questo che nasce anche il sito dei due atleti, anche se – ci tengono a precisare – le proposte che fanno non riguardano solo chi ha una disabilità visiva. Come la danza al buio – a cui poi si è aggiunto il judo al buio di Lachin – sono esperienze aperte a tutti: «Noi per primi abbiamo voglia di essere inclusi e di stare all’interno della società, proponendo situazioni che possono essere condivisibili», chiosa Travaini. Su “Motto on tour” si possono trovare tante informazioni utili, che spesso online non si trovano, anche per chi non vede: in cima alla Tokyo sky tree c’è una guida che ti spiega cosa si vede fuori oppure no? Ci sono percorsi tattili a terra? In metropolitana o sui treni c’è qualcuno che ti aiuti?

Tra le esperienze che i due hanno già fatto, un viaggio a Los Angeles. «Era la prima volta che andavo in America, è stato bellissimo», dice Lachin, «In un museo c’era esposta la Delorean di Ritorno al futuro. Solo arrivati là abbiamo scoperto che, prenotando in anticipo, avremmo potuto toccare tutti i veicoli. Hanno fatto uno strappo e mi hanno fatto toccare l’auto di Ritorno al futuro. Quando ci vedevo, da bambino, era il mio film preferito». Fare informazioni sui luoghi accessibili serve anche ad aiutare altri a non arrivare impreparati e a sperimentare tutte le possibilità dei luoghi da visitare. Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno secondo i due alcuni aspetti negativi. «Le persone non sono assolutamente preparate ad avere a che fare con non vedenti», commenta Travaini. «Ci siamo trovati, per esempio, a dover pagare la camera d’albergo. Non vedendo il terminale, abbiamo chiesto alla signorina alla reception di aiutarci a posizionare il cellulare o la carta di credito. Ci siamo sentiti rispondere che non poteva toccarci. C’è stato un momento di imbarazzo. Anche al buffet, la mattina, nessuno ci spiegava cosa potevamo prendere o ci dava una mano con i vassoi. Hanno molta strada da fare sul supporto alle persone non vedenti». Particolarmente preparato, invece, è il personale delle navi da crociera.

Lachin e Travaini in piedi accanto a una bandiera degli Stati Uniti

Viaggiare non è impossibile. «Ultimamente si è molto sviluppato anche il turismo per persone disabili», dice Lachin, «anche per quanto riguarda la possibilità di usufruire dei mezzi di trasporto. Per esempio, in Italia – ma anche nel mondo – basta prenotare in anticipo il treno: ti vengono a prendere, ti portano fino al tuo posto, ti supportano nei cambi. E quando arrivi a destinazione ti portano fino al taxi. Io ho viaggiato molto anche da solo; certo, bisogna saper chiedere aiuto quando è necessario». Molti si sentono infatti in imbarazzo a chiedere una mano agli estranei e preferiscono portare con sé un parente o un amico fidato. «Non si può sempre disporre della presenza delle stesse persone», conclude il judoka, «a me piace l’idea di riuscire a fare in autonomia almeno le cose che è possibile fare, grazie ai servizi disponibili».

Foto nell’articolo fornite dall’ufficio stampa

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