Ho conosciuto Konstantin Sigov in occasione dell’incontro “Ucraina. La pace possibile. Guerra e martirio di un popolo” opportunamente promosso dal Centro Culturale di Milano in collaborazione con il Mean e Russia Cristiana a due anni dall’inizio dell’aggressione russa a Kiev. Sigov è filosofo ed editore, insegna storia delle idee teologiche e filosofiche nella più antica Università ucraina l’Accademia Mohyla di Kiev e nel 1992 ha fondato l’Associazione culturale ed editoriale “Lo Spirito e la Lettera” (Duch i Litera), di cui è tuttora direttore e che pubblica i libri dei più importanti pensatori europei.
La nascita di una nuova Europa passa da Kiev, ne è convinto Konstantin Sigov sicuro che la guerra di aggressione della Russia alla sua Ucraina sveli pure certe crepe troppo a lungo sottaciute della stessa costruzione europea.
È per questo che non smette di chiederci informazioni e racconti sulla Resistenza italiana ed europea al fascismo e al nazismo, la resistenza che ha liberato i nostri Paesi e su cui si è costruito un lungo periodo di pace. «Raccontatemi delle lettere dei condannati a morte per la Resistenza, delle lettere di Gramsci dal carcere. Raccontatemi di De Gasperi della sua prigionia e del lungo nascondimento nella biblioteca vaticana. Mandatemi libri e soprattutto non dimenticatevi la vostra storia altrimenti non potrete mai capire la nostra», dice con insistenza Sigov.
Spiega Konstantin Sigov nel suo intervento: «La nostra resistenza dà un nuovo respiro della resistenza europea e avverte sul pericolo di perderne la memoria, conserviamo il ricordo delle radici della costruzione europea? Questo vi chiediamo. Nel 2022, i migliori analisti sono stati onesti: eravamo addormentati e il risveglio è così difficile. La volontà di risvegliarsi è diventata il fattore politico e l’indicatore del 2022. Gli esperti onesti e competenti ci dicono che è raro che le élite abbiano la volontà di vedere il pericolo che la guerra di Putin rappresenta per l’Europa. La profonda unità con lo spirito della Resistenza europea si manifesta nelle nuove forme in cui si sviluppa oggi la nostra resistenza alla “guerra ibrida” condotta dal regime di Putin contro l’Europa. I partecipanti alla Rivoluzione della Dignità in Ucraina, le persone che ricordano il Maidan, condividono da 10 anni l’esperienza di resistenza a un male radicale».
Nei primi mesi dell’aggressione russa si sono contate tante iniziative di resistenza nonviolenta, una ricerca effettuata di ICIP e Novact, due organizzazioni pacifiste catalane, ha raccolto attraverso interviste ben 235 esperienze di resistenza civile sul campo tra fine febbraio e giugno 2022 (vedi qui). Manifestazioni poi stroncate dagli spari sulla folla come a Kherson.
La scelta dei metodi di lotta è ovviamente diversa a seconda delle circostanze e dei tempi, voglio ricordare qui due amici, letterati, nonviolenti. Il grande poeta ucraino Maksym Kryvtsov ha scelto la sua strada dopo aver partecipato attivamente alla Rivoluzione della Dignità. Ha dato la sua risposta alla domanda shakespeariana “essere o non essere?”, e si è offerto volontario per il fronte nel 2014. In un’unità militare nell’Ucraina orientale, è stato giudicato troppo magro e non adatto al duro lavoro dell’esercito. Ma ben presto i suoi compagni d’arme si sono convinti che la forza di volontà di Maksym Kryvtsov si coniugava con la profondità del suo talento poetico.
Nel 2019 viene smobilitato e lavora a Kiev presso il Centro per la riabilitazione e l’adattamento dei combattenti. All’inizio dell’invasione russa, nel 2022, è tornato al fronte. Le sue poesie scritte al fronte e pubblicate su Facebook hanno suscitato una forte reazione in Ucraina e in altri Paesi. La voce di Maksym Kryvtsov è forte come quella di Victoria Amelina, autrice di splendidi romanzi e attiva partecipante agli eventi del PEN Club ucraino, dove ci siamo incontrati molte volte negli anni passati. Nel 2022-23, stava lavorando a un libro di prove documentali dei crimini contro l’umanità commessi dall’esercito russo, che lei e i suoi avvocati hanno raccolto nei territori riconquistati da noi dell’Ucraina orientale e meridionale. Per completare questo libro, Viktoriia Amelina ha vinto una borsa di studio a Parigi e avrebbe potuto essere tra noi oggi, ma è morta prima di partire per la Francia. Aveva 37 anni, suo figlio aveva 10 anni e i suoi libri per bambini avevano grande successo. È morta per le ferite riportate il 27 giugno 2023, tre giorni dopo il brutale bombardamento di una pizzeria di Kramatorsk dove stava cenando con giornalisti e scrittori colombiani. In totale, questo missile russo ha causato la morte di 13 persone. Circa altre sessanta sono rimaste ferite.
Abbiamo scambiato frasi anche con Maksym Kryvtsov via Messenger per la traduzione delle sue poesie. Lo scorso autunno stava scrivendo un romanzo al fronte, ma non abbiamo avuto il tempo di parlarne. Il 31 dicembre 2023, Maksym ha scritto su Facebook: “Quest’anno è stato ancora più difficile dell’anno scorso. È difficile trovare la forza di riaccendere il vecchio fuoco dell’entusiasmo e dell’ispirazione militare. La stanchezza e la tristezza crescono sempre di più come un tumore. E voi dovete andare in missione con loro, cercare di essere degni e fedeli. La morte è riuscita ad attrarmi a sè, nel suo nero, orribile calderone… Abbiamo raccolto i corpi straziati dei nostri compagni, abbiamo ascoltato le mele che cadevano accanto alla bara nel cortile della casa in cui un uomo molto buono non sarebbe mai tornato. Qualche altro amico sta aspettando il suo ritorno. È successo qualcosa di bello? Sì, certo”.
Nel dicembre 2023 è stato pubblicato un libro di poesie molto forte di Maksym Kryvtsov. La potenza delle sue parole, dei suoi simboli e del suo pensiero poetico è stata paragonata al genio di T.S. Eliot e Charles Peguy. Il 7 gennaio 2024 abbiamo appreso con sgomento la notizia della sua morte. Non in un lontano passato storico, ma in questi giorni di preparazione al nostro incontro, un grande poeta è morto nella guerra in Europa. Aveva 33 anni. Apro il suo libro con le sue parole: Sono inghiottito dalla balena del dolore/ Sono qui/ come Giona/ e non riesco ad uscirne/ da sei anni ormai/ ma continua sempre/ Le guerre non finiscono./ Le persone sì.
Ha vissuto quattro anni in meno di Arthur Rimbaud. Se un editore si occuperà di tradurre il libro di Maxim Kryvtsov scoprirete un grande poeta. Vorrei dedicare questa serata alla memoria di Maksym Kryvtsov e Victoria Amelina, alla memoria delle donne e degli uomini che hanno dato la vita per la nostra e la vostra libertà in questa guerra.
“Essere o non essere?” è una domanda che gli ucraini pongono all’intera Europa.
Oggi il famoso pensiero di Paul Valéry viene reinterpretato e reso più specifico: “Nous autres civilisations, nous savons maintenant que nous sommes mortelles” (Noi, altre civiltà, ora sappiamo di essere mortali). Possiamo lasciare da parte per un po’ i due temi logori del suicidio o della “vecchiaia” che minacciano l’Europa. Sappiamo bene chi vuole uccidere l’Europa e lo ha dichiarato apertamente e ripetutamente. Come possiamo prevenire questo crimine e quali sono i modi per evitarlo? Quest’anno, la nostra strategia avrà bisogno di due capacità fondamentali: in primo luogo, superare la riluttanza a vedere la reale portata dell’aggressione di Putin contro tutti noi e, in secondo luogo, dare la priorità a coloro che sono in grado di vedere attraverso la nebbia e il buio della guerra.
Ha citato un verso di Maksym Kryvtsov che dice “Le guerre non finiscono, le persone sì”, è un verso che dice tutto il vostro dolore, il dolore di una nazione che sta sacrificando un’intera generazione, quella di dell’Euro Maidan a cui hai partecipato, che oggi rischia ogni giorno la vita al fronte. Oggi la generazione Maidan muore sul fronte, nella resistenza all’aggressore russo, c’è il dolore infinito di madri, spose, figli. I cimiteri militari occupano spazi sempre più grandi. Come non soccombere a tanto dolore e a una perdita così importante per il vostro Paese? In Italia, anche tra molti cattolici, è opinione dominante lo scambio tra il sacrificio degli ucraini (l’impossibile vittoria) e la pace, la pace di quelli che “hanno fatto il deserto e la chiamano pace” per dirla con Tacito. Forse è per questo che l’inviato speciale del Papa, cardinal Zuppi non smette mai di declinare la parola pace con l’aggettivo qualificativo giusta, pace giusta. Qual è la pace possibile e cos’è la pace giusta per lei?
Grazie per questa domanda così difficile oggi. Non ho sottolineato che una delle condizioni dell’aggressione è la continua menzogna. Il principio fondamentale della pace dopo il ’45 è quello dell’inviolabilità dei confini e della sovranità degli Stati. Sapete che nel 1994 fu firmato il Memorandum di Budapest, l’accordo con cui l’Ucraina acconsentì a disfarsi delle armi nucleari rimaste sul suo territorio dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, in cambio della garanzia che i suoi confini sarebbero stati sempre rispettati, tanto dalla Russia quanto dall’Occidente, l’accordo fu firmato firmato con Russia, Stati Uniti e Regno Unito. Tornare alla pace vuol dire tornare a quei principi che regolano la convivenza internazionale. Sapete che l’inizio dell’invasione in Europa è cominciata con una menzogna, noi siamo parte di una resistenza a una aggressione che avviene sotto tre forme:
- La menzogna che rompe i confini della verità
- L’aggressore che oltrepassa i confini politici
- Una criminale volontà di infrangere regole della convivenza uccidendo le persone
Oggi sappiamo che se vogliamo tornare a una situazione di normalità che la strada è il ritorno al rispetto delle regole di convivenza e del diritto internazionale. I cristiani sanno che queste regole si fondano sui dieci comandamenti, “non uccidere”, “non dire falsa testimonianza”, ecco la via della pace. L’aggressione cerca di fare in modo che perdiamo il senso delle parole che usiamo, desiderare di dire la verità è un fattore chiave. Io spero che ci sia la possibilità di sentire presto il vero sapore della pace
L’Occidente cosa ha da rimproverarsi?
La cultura deve difendere i diritti della persona e la sua vita, nell’Europa purtroppo la vita e la cultura si sono separate mentre la nostra esperienza è che la bellezza sta nel non ammettere che la vita dell’uomo possa essere calpestata. Lo scarpone sulla testa dell’uomo non è nel romanzo di Orwel ma ogni giorno nella nostra Europa, in Ucraina e non solo. Ciò per cui lottava De Gasperi non può essere relegato all’archivio. La storia della resistenza avvenuta in Europa, in Italia deve essere la storia di oggi. La vostra resistenza riscopritela, riscopriamola. Oggi a Kharkiv scrivono sui muri citazioni di Leopardi e Peguy, ci sono piccole città dove sono state bombardate biblioteche e oggi la gente raccoglie libri per poterle ricostituire. Durante questi due anni la nostra casa editrice ogni mercoledì ha delle riunioni per decidere nuove pubblicazioni e i nostri collaboratori portano macchine intere di nostri libri verso est, verso il fronte. Speriamo di riuscire a mandarli presto anche a Mariupol. Chi si occupa di questo sta già costruendo la pace, l’azione concreta di chi smina i campi e di chi porta i libri sono l’immagine perfetta di ciò che sono oggi gli operatori di pace. Forse una nuova Europa sta nascendo in Ucraina, aiutiamola a stare in piedi.
Il 30 maggio inizierà a Kiev l’Arsenale del libro, la più grande fiera del libro e festival culturale dell’Ucraina. Il tema centrale sarà significativo: “Life on the Edge” (Vita al confine). I curatori dell’evento, Volodymyr Yermolenko e Tetyana Ogarkova, interpretano questo tema in modo profondo e potente: «Lì, al confine, le persone fanno disperatamente ciò in cui credono. Al limite, le persone osano essere ciò che gli altri pensano solo di credere. Incarnare, affrontare il male, stare in piedi, con il resto del mondo alle spalle. Il nostro mondo comune. Per capire l’Ucraina, bisogna essere al fronte, andare al fronte, aiutare il fronte. Per capire l’Europa, bisogna capire l’Ucraina. È questo confine il centro. Anche se è un centro che sanguina. Ascoltiamo questo confine. Non è la fine della vita. È l’inizio della vita. Oggi ci sembra che sia da qualche parte oltre l’orizzonte. Ma questo confine è dentro di noi. Anzi, è sempre dentro di noi».
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