Said Elshazly ha 23 anni ed è arrivato in Italia nel 2012. Aveva tredici anni e mezzo quando è sbarcato a Mazara del Vallo, in Sicilia, ed è stato trasferito nella comunità di S.Chirico Raparo in Basilicata. In Egitto abitava con la sua famiglia a Rosetta, nel nord del paese, «vivevamo di pesca in mare. Un giorno, persa la barca, sono partito per andare a pescare e son finito qui», racconta. «In Italia era tutto differente rispetto all’Egitto, all’inizio piangevo sempre. Ho fatto la terza media a S.Chirico, poi mi sono spostato a Matera dove sono entrato nei percorsi di assistenza ai giovani migranti della cooperativa sociale Il Sicomoro. Sempre a nella città lucana ho iniziato a frequentare l’istituto alberghiero, e in quel periodo sono stato affidato ad una famiglia fino ai 18 anni. Ora ho due famiglie, che recentemente si sono conosciute», racconta Said.
Le radici de Il Sicomoro nella vita di Said
Una decina di anni prima che Said intrecciasse il suo percorso di vita – e poi anche lavorativo – con la cooperativa sociale materana Il Sicomoro, nel 2003 ha avviato un progetto cofinanziato da Fondazione con il Sud, da cui è nata la cooperativa MEST che prende il nome da “U Mest – Mestieri, Sviluppo, Territorio”. Tra gli obiettivi del progetto, che la cooperativa continua perseguire, c’è infatti la valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culinario del Mezzogiorno.
Questo obiettivo oggi è realizzato principalmente attraverso la gestione del locale Panecotto – Ethical Bistrot.
«Se Sicomoro è una cooperativa di tipo A, abbiamo deciso di rendere MEST di tipo B – spiega Michele Plati, presidente della cooperativa sociale Il Sicomoro (nella foto di apertura con Elshazly, ndr) -, con un’impronta specifica, finalizzata alla ristorazione e con scopo di creare inserimenti lavorativi per persone svantaggiate. MEST oggi ha circa 30 dipendenti di cui la metà donne e un fatturato che nel 2020, nonostante la pandemia è arrivato a quasi 650.000 euro». MEST gestisce tre mense, alcuni servizi di pulizia e manutenzione, ma soprattutto “Panecotto-Ethical Bistrot”, che come dice il nome è un locale dove il cibo e il lavoro del personale è etico.
Dai Sassi ai piatti
Nel cuore dei Sassi, i destini lavorativi di Said e dei membri della cooperativa Sicomoro si rinsaldano: «Mentre studiava per diventare chef, abbiamo assunto Said come aiuto cuoco nella mensa di una Rsa che abbiamo in gestione», aggiunge Plati. «Sempre mentre andavo a scuola, la cooperativa mi ha spostato assumendomi nel bistrot PaneCotto nel Sasso Caveoso – spiega Said -. Non avrei mai pensato di fare il cuoco, ma in comunità aiutavo in cucina, mi piaceva abbinare i sapori insieme, vincevo le gare a scuola e dalla cooperativa mi hanno sempre incoraggiato». Nel bistrot gestito dalla cooperativa MEST, Said ha iniziato da tirocinante fino a diventare gestore. Un percorso che non stupisce perché questo è l’obiettivo dei progetti avviati. Al Sicomoro e a MEST lavorano oltre 160 persone a cui si applica l’approccio della legge 381/1991: «Anche durante la pandemia – sottolinea Plati -, ci siamo cimentati anche nella realizzazione di un piccolo opificio industriale, perché occorre produrre beni, non solamente servizi. Occorre crescere, evitando il nanismo della cooperazione sociale che crea le condizioni di dipendenza dalla politica e dai bandi. Se dobbiamo assumere persone con sindrome di Down o un giovane con un percorso migratorio, noi non ci poniamo il problema del contributo, non perdiamo tempo a chiederlo, vendiamo il prodotto o il servizio».
Enjoy, i nuovi confini della progettazione sociale
Con il suo lavoro, giorno dopo giorno, Said ha resto il Bistrot un locale migliore: «È stato un percorso bellissimo. Ma avevo voglia di approfondire la cucina etnica, che mi permette di tenere insieme la mia identità di italo-egiziano». Said diventa socio della cooperativa spiega il presidente de Il Sicomoro Michele Plati, e insieme il 18 settembre dello scorso anno inaugurano il ristorante Enjoy: «Hanno davvero voluto investire su di me, sul mio sogno. Vorrei consolidare l’attività e poi magari aprire un locale anche in Egitto. Nel frattempo sto aspettando la cittadinanza italiana, che mi permetterebbe di lavorare più serenamente». Said in questi anni e grazie al cibo che cucina ha stretto un rapporto molto stretto con Matera, con la Basilicata: «Questa terra mi ha reso quello che sono, ho trovato tante persone che mi hanno dato una mano, in altre regioni è più difficile. Qui la gente ti conosce».
Il ristorante Enjoy Matera non ha consentito solo la realizzazione di un sogno – quello di Said -, ma l’alleanza tra il giovane e la cooperativa punta a reinvestire gli utili prodotti per altri progetti secondo una logica di incubazione e social veture capital, perché «Enjoy è un ristorante a tutti gli effetti che ha l’obiettivo di essere totalmente rilevato e gestito dal suo titolare, da Said Elshazly», spiega Plati, mentre Said aggiunge: «Sono un imprenditore che ha avuto modo di fare una palestra in una cooperativa che ha creduto in me e ha investito sul mo progetto. Per questo anche se il locale è un’azienda, lo spirito con cui la guido mantiene i valori con cui mi sono formato. Tra le persone che lavorano qui c’è un ragazzo gambiano che arriva da un progetto di prevenzione del caporalato gestito da Il Sicomoro, e una ragazza di origine ucraina che ha sposato la causa di Enjoy». Un locale bello e dal sapore del cibo buono, conclude Said: «Il prodotto che facciamo qui è innovativo. Si distanzia dalla tradizione, ma sperimentando, in un certo senso, la riabbraccia sotto una veste nuova. Infatti provenendo da una famiglia di pescatori ho scelto di servire solo piatti innovativi legati al pesce».
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.