Si chiama Metamorfosi, come il poema di Ovidio e il racconto di Kafka, ma qui a cambiare, a trasformarsi, a essere rigenerati a vita nuova, sono i legni che hanno trasportato il dolore, la fatica, la paura, talvolta la morte, sono le barche che hanno precariamente attraversato il canale di Sicilia piene di migranti e delle loro attese.
VITA aveva già parlato del progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, nato da un’idea, geniale, di Arnoldo Mosca Mondadori, che la presiede: usare il legno di quelle barche abbandonate o confiscate per costruire violini dentro il carcere, ossia dando una opportunità ai detenuti di lavorare, di ripartire. Un’altra Metamorfosi, dunque.
Il progetto è andato avanti, perché ora quegli strumenti nati dal lavoro dei carcerati sotto l’attenta supervisione di maestri liutai suoneranno, addirittura alla Scala di Milano. Succederà proprio stasera, quando sotto la direzione artistica di Mario Brunello e Giovanni Sollima, i 14 strumenti costruiti nel carcere di Opera (Milano) restituiranno note di Bach e Vivaldi, eseguiti dall’Accademia dell’Annunciata diretta da Riccardo Doni. Con Brunello e Sollima ci sarà il violinista Sergej Krylov mentre su palco si leggerà un inedito di Paolo Rumiz in una scenografica curata da Mimmo Paladino.
Uno spettacolo dai mille significati, il cui incasso sarà devoluto alla Fondazione.
Fra quanti hanno scelto di sostenere il progetto ci sono Santo Versace e la moglie, Francesca De Stefano che, a sostegno di Metamorfosi, hanno subito schierato l’ente filantropico nato nel novembre del 2021 e già attivo in molti progetti. Stasera i violini capaci di suonare il dolore del mondo e la sua voglia di riscatto, suoneranno nel tempio della lirica anche grazie a loro.
Versace ne è entusiasta. Già un paio di settimane prima dell’evento, “whatsappava” inviti ad amici e conoscenti: «Ci dai una mano a fare il tutto esaurito?». E se gli si chiede perché abbia scelto proprio un progetto simile, questo reggino classe 1944, che ha fatto la storia della moda dando forma imprenditoriale alla creatività del fratello Gianni e della sorella Donatella, non ha dubbi: «Perché un progetto come Metamorfosi, nato da un’intuizione illuminata del presidente Mosca Mondadori, è un progetto che emoziona. Siamo rimasti commossi da quanta dedizione e amore vengono profusi in questo progetto e dalla sinergia che lo accompagna».
La moglie Francesca, reggina, classe 1969, avvocato, che della Fondazione Santo Versace è la poliedrica vicepresidente, ricorda: «Aiutare gli altri è per noi una regola di vita ed è importante, oggi più che mai, sensibilizzare sul tema di chi vive in condizioni di fragilità e dunque anche di chi sconta una pena in carcere. È necessario raccontare le storie dei detenuti ed impegnarsi affinché chi tra loro voglia cambiare vita abbia realmente l’opportunità di farlo». Prosegue la vicepresidente sottolineando come «Metamorfosi sia uno straordinario esempio di amore circolare: il legno recuperato dalle imbarcazioni dei migranti si vede restituire dignità e viene trasformato dai detenuti che ne realizzano strumenti musicali. Il progetto da una parte permette il reinserimento sociale delle persone detenute, dall’altra il recupero di materiali che altrimenti diverrebbero scarti».
Scarti rischiano d’essere anche i detenuti, se dentro i penitenziari non è offerta l’opportunità di un lavoro. Ricorda Versace che «la Costituzione italiana prevede all’articolo 27 la rieducazione del detenuto: l’apprendimento di lavori manuali come quelli proposti da Metamorfosi favorisce concretamente l’inclusione sociale e lavorativa. Insegnare alle persone detenute un lavoro grazie a cui costruirsi un futuro, una volta uscite dal carcere, contribuisce ad abbattere la recidiva, ma è soprattutto un modo per ridare loro dignità e una seconda opportunità».
Ne sono cosìi convinti Francesca e Santo che, a Taranto, sostengono con la Ffondazione Luciana Delle Donne, l’ex-manager bancaria che ha fondato la cooperativa sociale Officina creativa e lanciato un brand vero e proprio, Made in carere, di cui aveva parlato la stessa imprenditrice con la nostra Ilaria Dioguardi.
«Un bel progetto», sottolinea De Stefano, «dà lavoro alle donne in stato di detenzione grazie a laboratori sartoriali che impiegano tessuti di recupero».
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