Nato a Palermo, 56 anni, sposato, due figli, dopo la laurea in economia politica internazionale alla Bocconi si è specializzato in Economia sanitaria. Ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità nel settore farmaceutico, in GlaxoSmithKline SpA, fino a diventarne nel 2012 presidente e amministratore delegato. Tra il 2016 e il 2020 è stato presidente del Gruppo tecnico ricerca e innovazione di Confindustria e componente del Comitato di Presidenza allargato. Nel 2019 viene nominato presidente del Gruppo Agsm per negoziare e portare a termine la fusione tra la società multiservizi di Verona e il Gruppo Aim di Vicenza. Oggi è anche presidente del Cda dell’Università degli studi di Trento.
Un percorso articolato, dall’impresa, ai servizi all’accademia. Come dice lei: «La vita è cambiamento, è evoluzione».
Sì, ma con una costante: la ricerca e l’innovazione, che sono da sempre nel mio Dna. In GSK, avevamo uno dei maggiori centri di ricerca presenti in Italia con oltre 600 ricercatori. Abbiamo sviluppato la prima collaborazione tra una azienda Pharma e il non profit che nel 2016 ha registrato la prima terapia genica con Telethon. Nel 2017 ho lasciato GSK, perché non condividevo i razionali e le modalità di alcune revisioni organizzative. Avevo appena compiuto 50 anni, sapevo di aver ricevuto tanto, ho quindi cercato occasioni di restituzione in altri ambiti dove poter portare la mia esperienza. In ambito accademico con la Presidenza dell’Università di Trento, un ateneo giovane, dinamico e innovativo e poi nelle Aziende Pubbliche accettando per puro spirito di servizio di guidare l’azienda di servizi di Verona, la città che mi ha adottato. Una realtà complessa con ramificazioni in Albania e attiva nella distribuzione di Gas, Energia Elettrica, Servizi di Igiene Ambientale che abbiamo portato ad una storica fusione con l’azienda dei servizi di Vicenza. Nel frattempo, proseguiva la mia esperienza in Confindustria, dove ho lavorato su Ricerca e Innovazione e su industria 4.0. Ognuno di questi passaggi, così diversi, nuovi settori, nuovi interlocutori, nuovi registri comunicativi, mi ha fatto crescere e allargare la visione. Linguaggio comune, ascolto e dialogo sono le condizioni necessarie di ogni avanzamento.
Linguaggio comune, ascolto e dialogo sono le condizioni necessarie di ogni avanzamento
Come ha conosciuto Airc?
Mi piace dire di non aver conosciuto ma di essere “inciampato” in Airc. Una mattina di luglio del 2021, dopo aver saputo che a mio padre era stato diagnosticato un sarcoma dei tessuti molli, ho cercato online informazioni e i centri di riferimento, atterrando sul sito di Airc. Quello stesso pomeriggio, fui contattato da un head hunter che mi chiedeva se fossi interessato a partecipare ad una selezione per il ruolo di Consigliere delegato di Airc. Di fronte a questa coincidenza, non potei che esprimere il mio interesse. Mio padre è mancato nei primi giorni di ottobre e in quei giorni venni ricontattato: Il presidente Sironi vorrebbe incontrarti.
Un bilancio dei primi mesi?
Abbiamo appena presentato il primo aggiornamento del Piano triennale, che è andato al di là delle migliori aspettative. Dal mio ingresso in Airc sono stato colpito dalla professionalità di questo mondo non profit, molto specifica e un po’ differente da quella delle aziende. La strategia di base è stata realizzare la contaminazione tra un mondo non profit fortemente basato sull’adesione alla causa e un mondo di persone che vengono dal profit ma che condividono la stessa adesione alla causa. Che è, alla fine, il nostro collante.
C’è dell’altro?
Un’altra cosa che mi ha colpito è stata la capacità di Airc di attrarre professionisti di altissimo livello provenienti dal mondo profit.
Nonostante gli stipendi più bassi.
Esatto, ma alla fine del mese in Airc non riceviamo soltanto lo stipendio ma anche il senso di quello che facciamo. Solo per nominarne alcuni, sono in molti al lavoro per dirigere questa bellissima orchestra che è Airc. Come Chief Marketing Officer, Chiara Occulti, ex Senior Vice President Brands and Communications di Luxottica, come Chief Operating Officer Roberto Battaglia, ex responsabile risorse umane di IMI Intesa Sanpaolo, come Chief Governance Officer Silvia Carteny, giurista con una lunga esperienza in aziende multinazionali, Unilever, Roberto Cavalli, Versace. Tutte persone mosse dall’idea di dover restituire qualcosa, che si affiancano a chi ha sviluppato una enorme esperienza in AIRC: Niccolò Contucci che mi ha accompagnato in questi due anni e Renato Ceccarini che è un CFO di grande esperienza. Questa commistione tra profit e no profit è una delle cose più belle che si sta realizzando in Airc.
Spesso il non profit dice Voi del profit non capite. Per me non c’è differenza tra i due mondi, se non che il non profit merita la ricerca di una maggiore efficienza.
Le differenze tra questi mondi però esistono. È d’accordo?
È forse l’unica cosa che mi dà ancora fastidio: quando il non profit dice Voi del profit non capite. È un leitmotiv molto presente. Per me non c’è differenza, se non che il non profit merita la ricerca di una maggiore efficienza. I nostri “azionisti” sono i donatori che ci sostengono e noi sentiamo l’obbligo di massimizzare il contributo di ciascuno di loro senza alcuna perdita di efficienza. Fondazione AIRC ha già un indice di efficienza molto elevato: l’85% della raccolta finanzia le attività di missione e solo il 15% gli oneri specifici di raccolta fondi. Difficile trovare esempi più virtuosi. Il contributo di chi ha avuto esperienze nel profit può portare un maggiore rigore nei processi che, alla fine, si traduce in una maggiore efficacia della missione. Noi ragioniamo su quanto accomuna i due mondi.
Airc, fin dalla sua origine, scardina vecchi paradigmi. A partire da quella «C» di cancro, innominabile ai tempi, fino all’importanza della ricerca.
Il fatto che la ricerca sia un valore della società non è ancora un’acquisizione così stabile e diffusa. Siamo ancora lontani dal ritenerla il nostro passaporto per il futuro, in ogni ambito, dall’ambiente all’industria, non solo nella salute. Senza ricerca non c’è futuro. Dovremmo crederci e sostenerla tutti molto di più. Airc è il primo polo privato di finanziamento della ricerca sul cancro in Italia, a cui ha destinato oltre 1 miliardo e ottocento milioni di euro in oltre 55 anni. Per il 2023 abbiamo deliberato oltre 137 milioni di finanziamenti per la ricerca abbiamo la fiducia di 4 milioni e mezzo di donatori, circa il 10% della popolazione italiana adulta. Poi, ci sono i 20.000 volontari che ci affiancano in questo nostro viaggio. Tutto ciò ci dà un senso di responsabilità enorme.
Quali altri cambiamenti dobbiamo aspettarci da Airc?
Airc punta ad avere un impatto ancora maggiore sulla vita delle persone. Alla luce dei risultati della ricerca, puntiamo su un aspetto complementare, che ha la stessa importanza per la salute ed è la prevenzione. Da tempo Airc si impegna nella comunicazione della scienza nelle scuole e con varie iniziative per l’ampio pubblico. Ora vogliamo anche diffondere una cultura della prevenzione, basata sulle evidenze della ricerca, e abbiamo iniziato partendo da noi.
Airc punta ad avere un impatto ancora maggiore sulla vita delle persone, con la diffusione di una cultura della prevenzione
Dando il buon esempio?
L’iniziativa si chiama Progetto Lisa, da Lisa Prendin che è stata la mia Beatrice nel paradiso di Airc quando sono arrivato a gennaio del 2022, una persona meravigliosa che purtroppo è mancata a soli 45 anni proprio per un tumore. Di cancro si continua a morire anche se la sopravvivenza è in aumento, soprattutto in Italia, e noi continueremo a lottare per offrire a tutte le persone la stessa opportunità. Il progetto di prevenzione è per tutti noi di Airc e si è svolto all’Istituto Europeo di Oncologia, che ha avuto la capacità di organizzare in un’unica giornata check up mirati e personalizzati, insieme a percorsi di supporto per la disassuefazione dal fumo e l’adozione di sane abitudini alimentari.
Una lodevole iniziativa di welfare aziendale.
Non solo. Perché è vero che le organizzazioni sono fatte di persone che ne costituiscono la principale risorsa. Ma c’è di più: gli inglesi dicono walk the talk e, quindi, Airc non può predicare la prevenzione, la partecipazione agli screening, la decisione di adottare salutari stili di vita, senza poi prestare attenzione alle proprie persone. Inoltre, il 50% delle morti per tumore e il 40% dei nuovi casi sono prevenibili in quanto correlati a fattori di rischio modificabili: prendersi cura di sé stessi è un dovere, significa prendersi cura anche degli altri perché si traduce in un minore carico anche nei confronti della collettività.
Prendersi cura di sé stessi è un dovere, significa prendersi cura anche degli altri perché si traduce in un minore carico anche nei confronti della collettività
Quindi, puntate a promuovere questo modello?
Esatto. Abbiamo molte aziende partner, cui diciamo che le donazioni in denaro contano moltissimo, ma per noi è altrettanto importante la loro adesione a questo nostro modello di attenzione alle persone.
Persone che n questi mesi lei ha coinvolto come non mai. Partiamo dai 17 mila chilometri in treno per incontrare le 17 sedi regionali. Quali differenze territoriali ha rilevato?
La cosa bellissima di Airc è la sua capillarità sul territorio: gli uffici regionali dipendono da Airc ma poi ci sono tutti i volontari, tra i quali i Presidenti dei Comitati regionali, che organizzano le attività, le iniziative e le manifestazioni a livello territoriale. Pensiamo ai 3600 banchetti in tutta Italia per le azalee, dalla provincia di Bolzano a Lampedusa. Questi due aspetti, quello più istituzionale e quello più popolare e partecipato, convivono in un’unica organizzazione. L’adesione alla causa è forte e ciascuno di noi ha molti esempi da portare. Il mio ultimo riguarda un taxista, sulla cui auto avevamo caricato tutti i materiali di un evento, che non ci ha fatto pagare la corsa perché Voi siete di Airc. Per me è fondamentale essere presente, spostarmi nel paese per sentire e ascoltare queste voci.
Lei ha anche organizzato una due giorni a Milano tra tutte le persone della sede e degli uffici regionali (in foto). Sembra un evento di identità aziendale.
Da quell’incontro sono nati dei “cantieri” sulle progettualità più importanti da sviluppare tutti insieme. Oggi si direbbe che abbiamo creato una community molto più attiva. Il coinvolgimento di tutti riguarderà anche il sessantesimo anniversario di Airc che è alle porte e sarà una celebrazione diffusa sul territorio. Infine, è al lavoro il “cantiere spazi”, che ha portato alla personalizzazione della sede nazionale di via Isonzo. Ci prepariamo alla trasformazione delle nostre sedi in spazi accessibili, aperti, in cui trasmettere valori e organizzare iniziative.
È bello vedere come Airc cambi ed evolva per stare al passo coi tempi. Ci sono altre novità?
Per sostenere la ricerca e la prevenzione, abbiamo bisogno di supporto concreto con le donazioni di risorse dei nostri sostenitori e di tempo dei nostri volontari. Ora abbiamo lanciato una nuova forma di volontariato, il volontariato di competenza che consiste nel mettere a disposizione di AIRC le proprie competenze professionali: attualmente abbiamo dodici persone di altissimo livello che donano il proprio tempo per aiutarci nelle decisioni strategiche e operative. Un solo esempio: senza l’aiuto di un direttore del personale di una grande azienda, che ci dedica il suo tempo, la selezione per la ricerca di quaranta persone non sarebbe stata sostenibile dalla nostra struttura. Basti pensare che per una di queste posizioni in 23 ore abbiamo ricevuto oltre 300 candidature di alto profilo.
Quali altri traguardi avete in programma nella nuova Airc?
Vogliamo parlare alle nuove generazioni, che sono il nostro futuro. I tumori stanno aggredendo in età sempre più giovane, anche a causa di stili di vita errati. È sempre più chiara l’importanza di fare le giuste scelte di salute fin dalla più tenera età. La ricerca indica la strada, che è quella di una sana alimentazione e attività fisica, no alcol e fumo, sì alle vaccinazioni come quella contro l’Hpv, virus che può portare a vari tipi di cancro. Prevenire è meno costoso di curare e assistere: la prevenzione è la forma più efficace di cura.
Foto di copertina di Alberto Gottardo
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