Eccoli, i famosi 35 euro al giorno destinati all’accoglienza di ogni persona richiedente asilo. Attenzione, all’accoglienza, non alla persona: è l’ente gestore che riceve la somma totale e la usa per ogni servizio utile ad accogliere; a chi richiede asilo vengono date 2,5 euro al giorno, ovvero circa 75 euro mensili. In tempi di bufale sull’immigrazione e dati usati in modo parziale per distorcere la realtà e creare odio sociale verso i migranti forzati e chi li aiuta, è importante fare chiarezza. Una chiarezza che ha messo nero su bianco in modo più che virtuoso la cooperativa sociale Labirinto – realtà non profit che opera a Pesaro, Urbino e provincia nell’ambito dei servizi alla persona – nel presentare la propria valutazione di impatto sociale 2015-2017 in collaborazione con Aiccon, centro studi promosso da Università di Bologna e Alleanza delle cooperative italiane.
Qui sotto, nel dettaglio, le voci in percentuale di spesa dei fondi dell’accoglienza riguardanti in particolare i progetti Sprar e Pat (o Cas, Centri di accoglienza straordinaria), ovvero le accoglienze del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati: “in tutto nei tre anni abbiamo avuto 600 ospiti nelle strutture, diffuse sul tutto il territorio cittadino e provinciale”, spiega Christian Gretter, responsabile della coop Labirinto per il settore migranti. 23milioni di euro la cifra erogata dal ministero degli Interni alla cooperativa sociale per gestire l'accoglienza.
Come leggere questi dati? La prima che salta all’occhio in entrambe le tabelle è la voce più grande, ovvero quel 36-39% che riguarda il personale. In tutto almeno 180 operatori sociali, quasi tutti con contratto a tempo determinato. “stiamo parlando di figure professionali, spesso giovani del luogo con competenze sociolinguistiche, che lavorano nell’accoglienza”. Come dimostrano i grafici successivi.
Tornando alla suddivisione generale dei soldi per l’accoglienza, il valore aggiunto della territorialità si conferma essere il filo rosso dell’esperienza di Labirinto. “Siamo molto radicati a Pesaro e zone limitrofe: abbiamo deciso fin da subito di mettere a disposizione le reti primarie che abbiamo come cooperativa presente in molti altri servizi con numeri importanti – mille soci, 700 soci-lavoratori su 800 impiegati totali – per l’inclusione sociale dei richiedenti asilo”, specifica Gretter. Proprio questa presenza e il relativo know how maturato negli anni “ha reso possibile un modello di accoglienza diffusa, che si declina in piccoli gruppi di richiedenti asilo ospitati in vari punti del territorio senza concentrazioni troppo ampie, proprio per facilitare la conoscenza diretta tra loro e il tessuto sociale, i cittadini”.
Abbiamo puntato fin da subito con un rapporto più diretto possibile con i cittadini"
Christian Gretter, cooperativa sociale Labirinto
Cittadini, scuole, associazione, imprese, enti locali: ecco alcuni esempi della rete che si attiva quando l’accoglienza è diffusa e incentrata sulle relazioni con i portatori di interesse (stakeholder) territoriali.
“La collaborazione con le singole realtà ha dato ottimi risultati, soprattutto sulle aree interne di provincia, perché si sono dimostrate sensibile e aperte”, aggiunge il responsabile settore migranti della coop Labirinto. “Penso in primo luogo all’inclusione lavorativa. Sì è saputa assorbire fattivamente la domanda di lavoro perché il bisogno di manodopera c’è”. Altro luogo comune infranto, dopo quello della spesa per l’accoglienza: nessuno ruba il lavoro ad altri. Anzi. “Nei settori stagionali come l’agricoltura, ma anche nella ristorazione e nella panificazione l’inserimento di persone in accoglienza si è rivelato necessario”.
In tempi di politica nazionale litigiosa e divisiva sui temi dell’accoglienza, come è stato possibile lavorare con le comunità locali senza avere ripercussioni negative? “Abbiamo puntato fin da subito con un rapporto più diretto possibile con i cittadini, anche se sapevamo essere in parte ‘rancorosi’ su questo argomento, termine che mutuo dal sociologo Aldo Bonomi”, ragiona Gretter. “Rapporto diretto che ha significato riunioni pubbliche atte a spiegare ogni singolo dettaglio del nostro operato, utilizzo delle 35 euro in primis”. Non sono mancati momenti di confronto serrato, “ma non ci siamo mai tirati indietro, e questo ci ha premiato, perché molte delle critiche preventive poi si sono sgonfiate. Per esempio, quando ci veniva detto che ‘guadagnavamo’ da questo lavoro, facevamo poi vedere l’investimento sul territorio grazie a questi fondi e le persone ne capivano l’impatto”. Esempi di investimento sono stati “l’empowerment di persone richiedenti asilo che poi hanno scelto di fare volontariato in vari settori, senza sostituirsi ad altre azioni ma aggiungendosi a dare una mano”. Ecco le singole voci delle attività promosse attraverso i fondi erogati, con i dettagli di alcuni settori come le attività formative, legali e sanitarie.
L’approccio della cittadinanza, in diversi territori, si è rivelato addirittura sorprendente con iniziative nate proprio dall’incontro con le persone in accoglienza. “All’interno dell’area di un centro di accoglienza è stato approntato un piccolo edificio destinato all’insegnamento della lingua italiana, e persone del luogo si sono alternate per fare gli insegnanti volontari”, racconta Gretter. “Questo ci fa capire come accogliere bene porti risorse aggiuntive al territorio”. La valutazione d’impatto sociale, però, si ferma a fine 2017: “Purtroppo dal 2018 inoltrato in poi tutto sta cambiando, in particolare con il decreto sicurezza poi divenuto legge 132/2018”. L’attuale governo ha cambiato i criteri della concessione della protezione internazionale, annullando l’umanitaria e l’inserimento in Cas e Sprar di chi ne era beneficiario. “Il primo, evidente risultato è il dimezzamento delle persone accolte, che sono ora circa 300, 200 nei Cas e 100 negli Sprar”, dettaglia Gretter non nascondendo la preoccupazione. “Nello stesso tempo, si riduce l’impegno dei nostri operatori che quindi rimangono senza lavoro”.
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