Rinnovo della carta d’identità. Appuntamento prenotato, la fototessera nel portafoglio, manca soltanto una casella da spuntare: dichiarazione di volontà sulla donazione di organi e tessuti dopo la morte. Sì per l’adesione, no per l’opposizione. Una manciata di secondi e si torna alle incombenze quotidiane, ma la scelta è di quelle che letteralmente possono cambiare una vita. È successo non più tardi di una settimana fa a Torino, all’ospedale Molinette, azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute, dove è attivo il Centro Trapianto Fegato diretto dal professor Renato Romagnoli: una bimba di otto mesi è stata salvata con un eccezionale intervento chirurgico, il numero 4200 nella storia del centro, 4200 persone per cui quel sì ha assunto un’importanza vitale. Raccontarle tutte è impossibile, ma lì nel mezzo ci sono gli occhi e la storia di Alessandro Casalis, una pastiglia al giorno sempre alla stessa ora, e una canzone nata dalla consapevolezza che la salute è un equilibrio fragile.
Casalis vive in provincia di Torino, in un posto in cui il verde è tutto attorno, si occupa di comunicazione e di musica. È un cantautore e sa fare squadra. Ci crede talmente tanto che una decina di anni fa ha creato un collettivo per musicisti indipendenti basato su un’idea semplice e bellissima: «Chi ha un palco lo mette a disposizione e lo condividiamo».
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Di tutte le sue canzoni ce n’è una che suona più forte. Si chiama “Le stelle dentro la giacca” e nasce da un’esperienza personale: nel maggio 2022, ha dovuto affrontare un trapianto di fegato. Quando è uscita ha scritto: «È una canzone che inizia da un momento doloroso e pieno di paura, ma questa paura non riesce a distogliere l’attenzione dal cercare la luce al fondo del buio corridoio che devi attraversare. Si cerca quella luce esattamente come si cercano le stelle, nel cielo scuro, di notte. […] È una canzone in cui cerco di dire quello che avrei voluto sentirmi dire io». Che cosa racconta?
Parla dell’istante in cui quello che hai davanti si trasforma completamente soltanto per il fatto di aver cambiato la prospettiva e il modo in cui lo guardi. Cambiare il punto di vista rispetto a certe situazioni o a certi eventi permette di renderli diversi seppur in fondo siano sempre gli stessi. Ho sperato per anni di non dover arrivare al momento in cui mi confermavano la necessità del trapianto e quando è successo il volume della paura si è alzato. Stavo vivendo il momento peggiore della mia vita quando, a un certo punto, tutto si è trasformato ed è diventato il momento più bello della mia vita. È successo quando ho capito che avevo ancora una possibilità.
Dopo il trapianto, la riabilitazione, il ritorno alla quotidianità, restano quelle che Alessandro definisce “cicatrici”. Eppure, ha scelto di condividerle.
Le cicatrici rimangono, certo. Alcune sono fisiche e altre sono segni permanenti nella memoria. Le cito anche nella canzone: “Da parte a parte una linea che non si dimentica, che ti ricorda chi sei stato e chi sarai”. La volontà di raccontarle è quella di poter dare, nel mio piccolo, un contributo per la causa. So di aver ricevuto tanto e cerco di restituire nel modo più divertente che conosco ossia attraverso la musica.
La sua carriera artistica è costellata di collaborazioni importanti nel panorama indie torinese: Casalis ha lavorato con alcuni membri dei Bluebeaters, i Perturbazione, gli Africa Unite, i Bluvertigo. Come molti pezzi della sua vita, anche l’esperienza del trapianto è strettamente connessa alla musica.
In quel periodo arrivava musica da qualunque parte. Amici che mi mandavano playlist già confezionate dei miei artisti preferiti, altri che mi mandavano i link alle mie canzoni citando alcune parti del testo e ancora altri che inviavano video in cui suonavano i miei pezzi. La musica è stata vicinanza e un ponte per il coraggio. C’erano un paio di brani ai quali mi aggrappavo e che in un certo senso sapevano sollevarmi. Uno su tutti “Given to fly” dei Pearl Jam.
La musica, in entrata e in uscita, è stata una compagna di viaggio in questo percorso. Ma ci sono state anche delle persone che hanno fatto la differenza.
I problemi legati alla malattia non coinvolgono mai soltanto la persona interessata ma anche tutti quelli che vivono in quella sorta di prossimità affettiva. Sono coinvolti amici, parenti, fratelli e sorelle, genitori e nel mio caso anche moglie e figli. Sono stati tutti molto presenti, ma soprattutto ho sentito la vicinanza del personale ospedaliero. Ho sentito che per alcuni di loro non era soltanto lavoro, stavano facendo il tifo per me: una volta un operatore mi ha preso la mano durante un esame particolarmente invasivo, ci teneva a farmi sapere che non ero solo.
“Le stelle dentro la giacca” è frutto di una staffetta tra l’Alessandro prima del trapianto e l’Alessandro dopo il trapianto, perché è stata scritta in due momenti, prima e dopo il ricovero.
Ho vissuto tante “urgenze” nel periodo del ricovero. Quella più evidente era la distanza fisica dalla mia famiglia e soprattutto dai miei figli che vedevo tramite uno schermo. Però avevo anche un’urgenza musicale. Avevo l’urgenza di poter abbracciare e suonare una chitarra e di incanalare i residui di quell’esperienza in qualcosa che potesse sfogarla in qualche modo. Per me scrivere canzoni è liberatorio.
Dalla canzone sono nati percorsi più ampi: uno spettacolo musicale, un podcast (La solidarietà fa rumore) e oggi anche un progetto dentro le aziende, “L’amico che non conosco”. Il fil rouge che li unisce è l’obiettivo di promuovere le donazioni di organi, tessuti e sangue.
Il fare musica unito alla volontà di restituire e al tempo stesso poter supportare la causa ha portato quasi naturalmente al fatto di creare concerti ed eventi con il fine di raccontare la mia storia e quindi sensibilizzare. Gli amici musicisti si sono uniti a queste iniziative e da lì un passo dopo l’altro si sono ampliate le collaborazioni e i progetti fino all’ultimo, ambizioso, in collaborazione con Aido Piemonte e Limo Comunicazione, con cui portiamo la musica e la mia storia nelle aziende attraverso talk o veri e propri live.
Nel 2024 in Italia sono cresciute le donazioni di organi (ne ha scritto Nicla Panciera qui), arrivate a 2.110 con un +2,7% rispetto al 2023, e il numero di trapianti eseguiti sono stati 4.692,226 in più rispetto al 2023. Secondo il Rapporto sulle donazioni e i trapianti in Italia, circa la metà dei trapianti (2.393) sono di rene (+6,6% rispetto al 2023) mentre quelli di cuore sono stati 418, un aumento del 13%. In aumento anche i trapianti di fegato (1.732, +1,8%). Perché è importante continuare a raccontare “L’amico che non conosco”?
Perché è importante che le persone facciano la propria scelta liberamente e con cognizione di causa rispetto alla donazione di organi. Oggi sono ancora troppi coloro che dichiarano di non voler scegliere. Credo che molti lo facciano perché non hanno mai avuto occasione di documentarsi e ricevere informazioni complete per poter valutare. È invece un tema sul quale ognuno dovrebbe scegliere con consapevolezza (ogni donatore può salvare fino a sette vite) e soprattutto sul quale non si dovrebbe lasciare l’incombenza ai familiari.
In apertura e dentro al testo, due immagini di Alessandro Casalis
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