I giovani, le donne, l’impegno nel sociale che è diventato un lavoro a tempo pieno, una cifra per guardare al mondo, decifrarlo. Il ruolo dei mezzi di comunicazioni che non possono “semplicemente girarsi dall’altra parte”. La nuova presidente di ActionAid Italia Mariangela Cassano, nata e cresciuta a Foggia, classe 1976, ha le idee chiarissime: «Credo che ognuno di noi debba fare la sua parte per rendere questo mondo migliore, più giusto, più equo, e più futuribile. Per questo motivo con estremo piacere e onore ho assunto la presidenza di questa grande e straordinaria organizzazione in Italia, che opera nel nostro Paese e nel mondo grazie alla generosità di 118mila sostenitori regolari. Il cammino lo farò insieme allo staff, circa 150 persone, agli attivisti e ai soci e consiglieri. Greta Thunberg ha detto: “Gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi. E se scegliete di deluderci, dico, non vi perdoneremo mai”, e noi ci vogliamo impegnare per non deludere». Cassano si occupa di comunicazione, networking, pubbliche relazioni, e organizzazione di eventi. È fondatrice della community #Donnecheammiro, nata nel 2020 per dare voce e valorizzare le storie di donne che vivono e lavorano con coraggio, determinazione e passione per interconnettere fra loro donne in Italia e all’estero. Da circa 22 anni opera nel settore della formazione ed è docente e consulente del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università Tor Vergata per il Master Oscuai – Organizzazione e Sviluppo Capitale Umano in ambito internazionale. Dal 2005 è responsabile eventi presso la Fondazione Symbola. Precedentemente ha ricoperto la stessa carica all’interno della Federparchi – Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali. È rappresentante del comitato comunicazione e stampa di Inclusione Donna (#ID). Nel 2021 è rientrata tra le Unstoppable Women: classifica annuale di Startupitalia, tra le 150 donne da seguire nell’innovazione in Italia: fondatrici, manager, attiviste, ricercatrici che si distinguono per quello che fanno.
Come e quando si è avvicinata al mondo del sociale?
Il mio impegno è iniziato da giovanissima. A Foggia ero molto legata ai Missionari Comboniani. Giravo nelle parrocchie per sensibilizzare sulle problematiche legate all’Africa, alla salute e alla malnutrizione. A 21 anni ho incrociato Legambiente e per molto tempo sono stata una loro volontaria, poi ho iniziato a dirigere la sezione Campagne di Legambiente Puglia. A 28 anni ho lasciato Foggia per trasferirmi a Roma e da tre vivo a Siena e così ho capito che c’era un mondo oltre il perimetro non solo della mia città, ma anche del mio Paese. Ho fatto dell’impegno sociale e politico la cifra della mia vita.
Qual è stato il suo percorso in ActionAid?
Ho iniziato 10 anni fa come socia, e oggi sono onorata da presidente di poter collaborare ancor più concretamente alla costruzione di un mondo più equo e più giusto. Nei tre anni di mandato l’obiettivo sarà quello di aumentare e rafforzare l’alleanza con soggetti pubblici e privati che insieme a noi desiderano aumentare la qualità della democrazia e della vita dei cittadini e delle cittadine italiane, in particolare modo dei giovani. Succedo a Davide Agazzi e il mio mandato sarà in continuità con il suo, continueremo con ActionAid a sviluppare queste quattro direttive: fare rete e networking, lavorare sul rafforzamento della federazione internazionale, mettere sempre le persone al centro ed esplorare e valorizzare i territori in cui operiamo.
Negli ultimi anni nel mondo del privato sociale finalmente le cariche ai vertici delle organizzazioni sono sempre più ricoperte da donne. Lei è fondatrice della community #Donnecheammiro. Quanto è importante, anche se ancora timida, questa trasformazione?
Ci tengo a dire che in ActionAid Italia il 72% delle persone che fanno parte dell’organizzazione sono donne, molte ricoprono ruoli manageriali. Credo che la nostra sia un’organizzazione in controtendenza rispetto a quello che verifichiamo in Italia a tutti i livelli e in tutti i settori. Ho fondato la community #Donnecheammiro durante i mesi della pandemia. Uscivo da un periodo di salute difficile e complicato e nonostante quei mesi terribili per l’Italia e per il mondo continuavo ad avere fiducia nel futuro e in spirito di gratitudine sentivo di doverla restituire. Volevo portare un po' di positività nella vita di ciascuna partendo da un assunto semplice: le donne sono tutte da ammirare per la loro capacità di accogliere il cambiamento, per la loro capacità di resistere all’immobilità – molte volte anche lavorativa – che le circonda. La community è nata per questo: per denunciare, presentare, informare, e praticare concretamente azioni che vadano verso l’empowerment femminile. Mi rendo conto di quanto nel nostro Paese ci sia ancora moltissimo da fare per la parità di genere e, anche se qualcosa è cambiato negli ultimi anni, siamo sempre indietro. Basti pensare a tutti quei panel organizzati per parlare del “futuro del Paese”, che sono convegni fatti nella maggior parte dei casi da uomini. Ma perché? Se davvero l’Italia vuole fare un salto di qualità ha bisogno a 360 gradi della presenza femminile, altrimenti il Paese rimane fermo. Vedo dei semi di cambiamento certo, ma ci vuole più impegno per rovesciare quel paradigma culturale – patriarcale e maschile – in cui siamo cresciuti.
O ci mettiamo nell’ottica di costruire un mondo più inclusivo oppure dovremmo iniziare a chiederci se esista davvero un futuro.
Mariangela Cassano
Quali sono secondo lei le principali sfide dell’organizzazione, sia in Italia che all’esterno, dei prossimi anni?
Le sfide globali riguardano ovviamente anche l’Italia. Siamo in una condizione drammatica rispetto al cambiamento climatico che di conseguenza porta a una crisi alimentare. Non possiamo non farci carico di questi due temi anche se non ne subiamo, come altri Paesi, ancora le conseguenze direttissime. Però anche noi iniziamo a vederle. O ci mettiamo nell’ottica di costruire un mondo più inclusivo oppure dovremmo iniziare a chiederci se esista davvero un futuro. Inclusione che è una delle priorità dell’organizzazione in Italia. Non solo verso la popolazione immigrata o di origine straniera, basti pensare alle nostre battaglie sulla legge di cittadinanza o Ius Scholae, ma anche inclusione intergenerazionale: i giovani devono essere partecipi e soprattutto interpellati su quello che accade. Quindi dobbiamo aprire sempre più spazi civici nei quali si possa interagire, tutti insieme.
Lei è originaria del Sud Italia, ma qual è il ruolo della società civile per accorciare il divario tra nord e sud del Paese?
La dinamica che si innesca nel divario tra nord e sud del Paese è la stessa che poi si ripete tra il centro e le periferie delle città. Bisogna riempire un gap che è prima di tutto educativo, di opportunità. Non c’è altra soluzione, e in questo pubblico e privato dovrebbero lavorare di più insieme.
Come?
Pubblico e privato devono avviare progetti comuni, e il terzo settore deve fare da intermediario: formazione, parità di genere, costruzione di spazi di incontro, investire nella cittadinanzattiva. Queste devono essere priorità non di uno o dell’altro, ma di tutti contemporaneamente. Credo anche che in tutto questo percorso la comunicazione abbia un ruolo fondamentale, una responsabilità da cui non si può sottrarre. Anche i media dovrebbero usare un linguaggio diverso, più inclusivo, stare più sul racconto delle opportunità che sui titoli eclatanti.
Credit Foto di Claudio Colotti
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