«Non guardiamo mai al futuro, aspettiamo che le cose ci cadano addosso, non possiamo continuare così». Silvio Garattini, fondatore e presidente dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri", autore del recente Il futuro della nostra salute. Il Servizio Sanitario Nazionale che dobbiamo sognare (San Paolo), non ha mezzi termini sull'emergenza che stiamo attraversando.
Da cosa deriva la nostra incapacità di guardare il futuro?
Dalla burocrazia e dalla scuola: la prima ci blocca, la seconda ci trascina indietro. Questo fa sì che, come formazione, non abbiamo una cultura costruttiva: impariamo molto bene da dove veniamo, ma non sappiamo dove andiamo.
Se una persona sbaglia un congiuntivo ci inalberiamo, ma se confonde le arterie con le vene non ce ne accorgiamo nemmeno. Tutto deriva da lì, da un pregiudizio antiscientifico di fondo che, però, non è mera idiosincrasia, ma ignoranza nell'approccio con la complessità di ciò che accade.
Se una persona sbaglia un congiuntivo ci inalberiamo, ma se confonde le arterie con le vene non ce ne accorgiamo nemmeno
Silvio Garattini
Nella complessità, però, ci sono errori banalmente umani: i vaccini non arrivano, quei pochi che ad oggi ci sono non vengono distribuiti o vengono distribuiti male… Il Servizio Sanitario Nazionale è spesso sotto accusa e, quando non lo è, si trova sotto scacco anche a causa di una gestione commissariale non propriamente felice…
I problemi sono sotto gli occhi di tutti. Ma questo non inficia il fatto che il SSN sia un bene straordinario. Se non avessimo avuto questo sistema, che regge bene o male dal 1978, l’infettività del Sars-CoV-2 sarebbe stata ben più alta.
Il Covid ha permesso di evidenziare ancora di più ciò che già sapevamo, ovvero che il SSN va rafforzato. Un SSN che, negli ultimi anni, è stato sottoposto a continui tagli economici e di personale. La vera sfida è utilizzare questo tempo, come un tempo propizio per il cambiamento. Abbiamo, da sempre, la pessima abitudine di aspettare…
A forza di aspettare ci siamo ritrovati senza mascherine, senza tamponi, senza reagenti per i tamponi e, ora, anche senza vaccini. La nostra incapacità di guardare al futuro ci ha già fatto pagare un prezzo molto alto, che non possiamo più permetterci di pagare in futuro.
La condizione di emergenza che attraversiamo non contrasta con l’idea di introdurre un cambiamento strutturale nell’organizzazione del SSN?
Le cose vanno cambiate quando ci sono le condizioni, anche emotive, per un cambiamento. Oggi queste condizioni ci sono.
Parliamo di cambiamento, allora. Che tipo di cambiamento propone?
Credo che, prima di tutto, ci sia bisogno di un grande cambiamento culturale. La cultura determina le attività e i cambiamenti concreti. Nella cultura sanitaria abbiamo dimenticato la parola prevenzione. Nella riforma del SSN, "prevenzione" deve essere uno dei punti fondamentali. Oggi, più del 50% delle patologie sono determinate da un nostro comportamento. Abbiamo cattive abitudini di vita, con un consumo di tabacco tra i più alti, con un eccessivo consumo di alcool e in cui l'obesità giovanile è in crescita.
Lucrare sul tabacco, sull’alcol e sull'azzardo attraverso l’imposizione di tasse considerevoli non rende credibile lo Stato quando timidamente "azzarda" campagne per promuovere la prevenzione in favore della salute
Silvio Garattini
C'è poi la sedentarietà diffusa, accresciuta dalle nuove forme di lavoro, manchiamo di sonno, corretta alimentazione, esercizio culturale. Queste cattive abitudini di vita determinano un gran numero di patologie, ad esempio il 70% dei tumori è evitabile, ma ci ritroviamo con 170mila morti l'anno. Il cambiamento improntato sulla prevenzione è ciò che rende sostenibile il SSN. Ma se non facciamo ora questo sforzo ci ritroveremo presto a dover nuovamente contenere o tagliare la spesa, cosa non auspicabile.
Sembra facile, ma sulla prevenzione si investe ben poco…
C'è un grande conflitto di interessi tra un cultura di tipo preventivo e il mercato della medicina. Per semplificare: se la gente smettesse di fumare, dovremmo chiudere gran parte delle chirurgie toraciche. Molta gente ci guadagnerebbe in salute, ma chi punta al profitto si troverebbe a non lucrare più.
Lo Stato dovrebbe intervenire in questa contraddizione…
Invece specula. Ogni anno lo Stato incassa 13 miliardi dalla tassazione sul tabacco, poi si ritrova con i malati di tumore ai polmoni. Lo stesso Stato incassa altri 10 miliardi dalla tassazione sul gioco d'azzardo e, poi, fa retorica sulla ludopatia. Non ne usciamo, se non con un salto culturale oltre questa contraddizione. Lucrare sul tabacco, sull’alcol e sull'azzardo attraverso l’imposizione di tasse considerevoli non rende credibile lo Stato quando timidamente "azzarda" campagne per promuovere la prevenzione in favore della salute. Gli attori in campo devono tornare credibili e questo è possibile solo attraverso un cambio radicale di prospettiva.
Lo Stato è schizofrenico…
Stimola la gente a giocare per farla diventare dipendente, guadagnando tasse che vengono poi messe a disposizione per curare i dipendenti dai giochi d’azzardo. Capisce che questa è una strada senza uscita. Il problema della pubblicità, parzialmente vietata per l'azzardo, resta però in piedi per molte altre cose e induce a un consumo antiscientifico. Parlo di pubblicità perché induce al consumo, talvolta non dannoso, ma talaltra… Pensi che la maggior parte delle cose che si vendono in farmacia non ha base scientifica, ma proprio a causa di questo inganno gli italiani spendono 3,6 miliardi l'anno per integratori alimentari che fanno certamente bene a chi li vende, ma non hanno alcuna efficacia sulla salute di chi li acquista.
Una proposta è quella di trasformare il SSN in una grande Fondazione per avere il vantaggio di poter impie- gare le regole che oggi sono permesse agli enti privati che vivono grazie ai fondi pubblici del SSN senza perdere la caratteristica della rigorosa situazione di no-profit tipica di tutte le attività pubbliche
Silvio Garattini
Alcool, tabacco, azzardo: potrebbe essere tacciato di moralismo…
Addirittura? Io parlo di questi fenomeni per mostrare che ci sono enormi carenze informative, da parte del Ministero e dello Stato, e queste carenze informative si trasformano in spesa privata finalizzata al business di alcuni, ma con ricadute nulle o peggio negative sulla salute generale.
Ci sono cose che danno impressione di essere innocue o, peggio, di creare salute (pensiamo all'omeopatia) e creano solo confusione, smarrimento, disorientamento. Fino a quando la situazione – è il caso della pandemia – precipita e ci ritroviamo come cicale che hanno sperperato senza accorgersi dell'inverno che stava arrivando. Se vogliamo fare prevenzione dobbiamo spezzare questo circolo vizioso.
Detto del cambiamento culturale e di mentalità orientato alla prevenzione più che al "riparare" danni, in concreto come dovremmo procedere per una riforma del SSN?
Dobbiamo destatalizzare il SSN. Dobbiamo sottrarlo alla morsa e alle regole dell'Amministrazione Pubblica. Il SSN deve essere duttile, flessibile, tempestivo nell'interesse dell'ammalato. Centinaia di leggi, leggine, decreti, regolamenti regionali seppelliscono ogni possibilità di migliorare e guardare al futuro. Io penso che il SSN debba essere una sorta di grande fondazione. Una fondazione con un suo consiglio di amministrazione e una sua indipendenza dai politici, purtroppo onnipresenti quando si tratta di gestire risorse per la salute.
Oltre 40 anni di SSN hanno visto prevalentemente un sistema che ha aumentato nel tempo la presenza di leggi e decreti che hanno introdotto un eccesso di burocrazia, che spesso complica e paralizza l’efficienza dell’attività di cura e assistenza
Silvio Garattini
Una fondazione avrebbe il vantaggio di potersi servire delle regole che oggi sono permesse agli enti privati (che, ricordiamolo sempre, vivono grazie ai fondi pubblici del SSN), senza perdere la caratteristica della rigorosa situazione di no-profit tipica di tutte le attività pubbliche.
La configurazione del SSN come fondazione è l'unica ipotesi possibile?
Evidentemente no, si possono immaginare altre forme, come quella dell'Agenzia Pubblica indipendente, ma io propendo per questa idea di fondazione. In base a questa configurazione del SSN, il privato si troverebbe nel tempo a essere sempre meno competitivo e diverrebbe solo una modalità per integrare e non per sostituire il SSN.
Questa nuova configurazione del SSN non sarebbe dunque esclusiva, ma inclusiva?
Partiamo dalla constatazione che, oggi, il SSN non è universale e gratuito come era stato pensato. Abbiamo un eccesso di presenza privata, che punta al profitto e non certo al bene del malato. Inoltre, all'interno dello stesso servizio pubblico abbiamo l'intra moenia che crea una discriminazione tra chi ha soldi, chi non li ha, chi deve sottostare a lunghe e disumane liste d'attesa e chi no. L'iniquità nell'accesso ai servizi, oggi, è quasi la regola ma se vogliamo tornare allo spirito originario del SSN dobbiamo lavorare affinché queste iniquità e disequilibri vengano meno.
Altro problema: il territorio. Il territorio, proprio durante la pandemia, è rimasto scoperto e ha rivelato carenze nella rete di cura e protezione delle fragilità…
Anche in condizioni normali, in assenza di pandemia, è impensabile che un medico di base abbia la capacità di occuparsi di 1500 persone. Questo perché la medicina, oggi, è diventata complicatissima tanto dal lato dell'aggiornamento continuo, quanto da quello di apparecchiature e materiali. L'aggiornamento è assicurato quasi esclusivamente dai rappresentanti delle case farmaceutiche, i medici non hanno tempo per studiare e, anche se avessero tempo, servono équipe per districarsi tra le tante pubblicazioni esistenti e non sprecare risorse ed energia.
Per questo, anche per garantire uno scambio di idee e una formazione continua, bisogna mettere assieme i medici di medicina generale. Occorre che lavorino insieme, che si possano aiutare e integrare l'uno con l'altro in ambulatori aperti sette giorni la settimana in cui si possano anche fare esami di routine.
Bisogna decongestionare un sistema ancora troppo ospedalecentrico: è inutile mandare la gente negli ospedali per fare esami di routine che potrebbero fare altrove ed è deleterio non investire nella telemedicina. Gli ospedali dovrebbero essere luoghi per acuti, non per rispondere a tutte le esigenze di un territorio che può benissimo trovare altrove le proprie risposte.
Come vede, sono tante e apparentemente semplici le cose da fare, ma sono tutte cose che conseguono a un cambio di mentalità Solo dopo questo cambio di mentalità, e dopo aver destatalizzato il sistema, possiamo anche iniziare a cambiar passo.
Dal lato della ricerca cosa dovrebbe accadere?
Dovrebbe esserci un investimento sulla ricerca indipendente, oggi del tutto assente. La ricerca farmacologica è fatta dall’industria, mentre è nell’interesse del SSN che ci sia ricerca. Su 115 miliardi spesi oggi nel SSN, i soldi spesi in ricerca sono lo 0,2%.
Abbiamo bisogno di molta ricerca, investendo quanto meno il 3%: attraverso la ricerca si migliora la terapia, ma anche l’organizzazione. La ricerca permette di far luce su molte cose. Se un farmaco di nuova generazione, molto costoso, vale davvero più di un farmaco precedente e meno costoso. Alcune indagini inglesi dimostrano che l’investimento in ricerca permette di avere a disposizione il 46% in più di risorse. I fondi che si investono in ricerca ritornano sempre indietro.
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