Quello “Nazionale di Diritto e Letteratura Città di Palmi” è un unicum nel panorama delle iniziative culturali che si incasellano alla voce: Festival.
È nato a Palmi appunto, città calabrese di cui porta il nome nel 2014, e se la pandemia ha fermato gli incontri dal vivo, i “Processi immaginari” sono diventati una collana che raccoglie gli “atti processuali” di imputati illustri della storia e della cultura popolare: Oscar Wilde, Ponzio Pilato, Maradona, don Chisciotte.
E così l’ etica, l’ amore, la giustizia vengono narrati e passano dalle “aule di un tribunale” alla letteratura e nella finzione scenica del processo immaginario i Pubblici Ministeri e gli avvocati sono volti noti del mondo della Giustizia e non solo.
E in questi giorni che il tema, della sicurezza sul lavoro, sono ancora una volta sul tavolo della discussione politica e sociale apprendiamo che la prossima edizione del festival porta con se un titolo di forte attualità : «Il lavoro mobilita l'uomo. Percorsi di diritto e letteratura».
Quanto sia importante affrontare il tema delle Leggi anche fuori dalle aule universitarie e di tribunale con una formula originale come quella del Festival di Palmi, di come sia nato e quali siano le ricadute in termini culturali e sociali di questo singolare evento, ne abbiamo parlato con il suo ideatore: il magistrato Antonio Salvati, napoletano, che vive e lavora in Calabria da oltre vent'anni. Autore di pubblicazioni in diritto civile e del lavoro, e attualmente formatore per la Scuola Superiore della Magistratura nella sua articolazione decentrata di Reggio Calabria.
Con quali propositi è nato il Festival?
L'idea era quella di realizzare un evento su più giorni dedicato interamente a studi di diritto e letteratura, portando questa materia così' interessante fuori dal circolo dei convegni e dei congressi universitari. In questo modo, volevamo renderlo fruibile anche al vasto pubblico dei non addetti ai lavori, come si dice. E questo, perché siamo profondamente convinti che si possa, anzi si debba, parlare in modo appassionato ed informato di diritto e di giustizia senza per forza aver studiato legge.
Quale ricaduta sociale e culturale è stata generata?
Il Festival è diventato in primo luogo una manifestazione culturale molto attesa a Palmi e nell'area metropolitana di Reggio Calabria, anche e soprattutto grazie al coinvolgimento di centinaia di studenti universitari e delle scuole superiori. Per i quali, ci tengo a sottolinearlo, la partecipazione all'evento è solo la parte conclusiva di progetti e seminari che iniziano già a novembre. Sul piano nazionale, poi, è un evento accreditato dai più importanti centri studi in materia, ed è seguito da molte cattedre universitarie grazie alla collaborazione con l'Università Mediterranea di Reggio Calabria e con il CRED – Centro di Ricerca per l'Estetica del Diritto il cui direttore, il prof. Daniele M. Cananzi, è il nostro responsabile scientifico.
I numeri? Città, ospiti, eventi, enti coinvolti?
Posso dire che l'ultimo post sui social con il quale abbiamo annunciato l'ottava edizione, in programma il 14-15-16 ottobre 2021, ha avuto oltre seimila interazioni. Agli incontri del Festival partecipano tantissime persone, con punte di 200-250 spettatori in occasione dei processi simulati. Essendo ormai divenuto un evento nazionale, il Festival coinvolge scuole e Università in tutta Italia: a Napoli, la mia città, ma anche a Torino, a Milano, a Genova.
Abbiamo avuto come ospiti importanti amici come Paolo Rumiz, Moni Ovadia, Gianrico Carofiglio, Piergiorgio Odifreddi, Fabio Canino, Francesco Montanari e tanti altri. Come enti, possiamo contare sulla collaborazione del Comune di Palmi e del locale Consiglio dell'Ordine degli Avvocati: il tutto, in aggiunta all'Università di Reggio Calabria, di cui ti ho detto, e a centri studi di primaria importanza come l'ISLL – Italian Society for Law and Literature e l'Alta Scuola per la Giustizia Penale "Federico Stella" presso l'Università Cattolica di Milano. Per non tacere, poi, che il Festival è stato anche evento di formazione della Scuola Superiore della Magistratura.
Perché la cultura dei diritti nei processi a grandi personalità?
Perché ci permette di affrontare tematiche di enorme importanza e complessità con leggerezza – ma senza superficialità – in questo modo arrivando ad interessare anche persone che, come dicevo, non hanno frequentato le aule della facoltà di giurisprudenza. Tutti si appassionano ai processi, e quindi attraverso i processi è possibile parlare di tutto a tutti.
Il successo della collana editoriale che è sorta dal Festival, grazie agli instancabili amici de Le Lucerne Edizioni di Milano, ne è la riprova. Se ci pensi, poi, la moderna comunicazione intersoggettiva sui social risponde proprio alla logica del processo: una tesi che l'accusa, la confutazione che è la difesa e poi il verdetto, dato dal numero di like. Peccato che troppo spesso finisca in rissa.
Dove vanno i festival durante e nel post pandemia?
Il Festival ha puntato la pandemia e l'ha attraversata come una nave in un banco di nebbia. Siamo già oltre.
Per nostra grande fortuna, siamo riusciti a organizzare in presenza – limitando le presenze e rispettando alla lettera tutte le prescrizioni di legge – la settima edizione, nell'ottobre dello scorso anno, e puntiamo a fare lo stesso nel prossimo ottobre, quando ci occuperemo di un argomento che dire attuale è poco: il Lavoro. Il titolo dell'edizione, infatti, è «Il lavoro mobilita l'uomo. Percorsi di diritto e letteratura».
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