«Sono particolarmente soddisfatto della mia prestazione perché mi alleno per le mezze maratone su strada, ma non per competizioni dure come questa. Nelle settimane scorse ho cercato di svolgere una preparazione ad hoc, su salite e discese, e questo lavoro ha pagato».
Queste parole possono sembrare le banali e stereotipate dichiarazioni post gara di un qualunque sportivo. Ma a dire non è stato uno sportivo qualunque. Queste sono state le parole con cui Ousman Jaiteh, profugo dell’Uganda, ha festeggiato la medaglia d’oro categoria maschi senior dei Campionati Nazionali Centro Sportivo Italiano Corsa su Strada tenutisi ad Arezzo.
Il podio dei Campionati Nazionali CSI Corsa su Strada
«Sono felice di aver vinto, non è stato facile, c’era tanta gente forte in gara con me, ma il tifo dei miei compagni – i più giovani mi chiamano Bolt – e la voglia di migliorarmi sempre mi hanno portato al successo», ha aggiunto Ousman.
La sua è una storia che viene da lontano, viene attraverso l’Africa e poi attraverso il mare fino alle corse sull’asfalto.
«Sono arrivato in barca dalla Libia e, salvato in mare, sono approdato a Lampedusa il Capodanno del 2016. Il mio viaggio in mare è durato poco. Ma sono stati due giorni durissimi. Prima della Libia e di imbarcarmi però ho viaggiato per due anni. Ero partito dalla mia terra nell’ottobre del 2013. Sono stato in Senegal con tutta la mia famiglia poi in Gambia e infine sono arrivato qui. Un viaggio che ho affrontato tutto in macchina e piedi», racconta Ousman.
Una volta approdato sull’isola ha subito fatto richiesta di asilo. «Il Governo in Uganda ci ha distrutto casa e perseguitato. Siamo dovuti scappare per via del lavoro di mio padre, che fa il politico, e per questo è stato anche arrestato», aggiunge il neo podista.
Ousman con la maglia del Csi
Un'odissea la sua che ha trovato una conclusione quando da Lampedusa è stato destinato al Trentino. Ma Osuman non è mai stato un runner. «Io non avevo mai corso prima. A casa mia ero uno studente. Avevo cominciato con Scienze Politiche, perché volevo seguire le orme di mio papà, ma visto come si erano messe le cose e l’instabilità africana, ho deciso di cambiare e mi sono iscritto ad Economia, business management». La corsa arriva in Italia. «Una volta in Trentino, non sapendo cosa fare, ho cominciato a uscire per correre. Così ho conosciuto le persone più importanti della mia vita».
Un percorso a tappe il suo, in cui lungo la strada, letteralmente, ha trovato chi gli ha cambiato la vita.
«Il primo è stato Tomas. Lo trovavo sempre in strada. Correvamo insieme senza parlare. Poi abbiamo cominciato a chiacchierare. È lui che mi ha messo la pulce nell’orecchio sul fatto di far parte di una squadra. E pensare che non ho un suo numero di telefono né so dove abita. Non l’ho più visto. Non ho potuto ringraziarlo».
Io corro sempre in arancio perché è il colore del Csi. Per me è un onore e anche un dovere. Perché loro hanno avuto rispetto per me e io ho rispetto per loro
Dal sogno di far parte di un team alla realtà di indossare dei colori sociali c’è Graziano Tommaselli. «Lui è quello che ha speso i soldi e mi ha permesso di correre, di scoprire percorsi per allenarsi, accompagnandomi anche con la macchina nelle mie sedute. L’ho conosciuto perché sua moglie, Elena Rinaldi, è la Referente centro di pronta accoglienza. E sempre grazie a lui ho conosciuto anche il mio allenatore Luca Rinaldi».
È così che Ousman entra a far parte del Csi e della Us Villagnedo andando anche a vivere a Borgo Valsugana e indossando la maglia arancio. «Io corro sempre in arancio perché è il colore del Csi. Per me è un onore e anche un dovere. Perché loro hanno avuto rispetto per me e io ho rispetto per loro. È un orgoglio indossare quei colori».
Dall'Uganda alle medaglie a Borgo Valsugana. Vita di Ousman
Testi a cura di Lorenzo Maria Alvaro
Foto gentilemnte concesse da CSI
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