«La cosa più bella di questa esperienza? Sentirmi felice di essere me stesso». Benedetto Perrone ha sempre creduto in quello che per lui non era assolutamente un sogno, ma la certezza che prima o poi l’attore lo avrebbe fatto.
Nato e cresciuto alla Noce, uno dei quartieri popolari della città di Palermo, ha cominciato a cercare segretamente scuole di teatro e occasioni per mettersi alla prova. Tutto ebbe inizio durante la pandemia.
«Stavo frequentando l’ultimo anno del liceo informatico – racconta lui stesso con tutta la serenità e il candore dei suoi 19 anni – ed è arrivata la pandemia. Ho, così, cominciato a pensare cosa volevo fare in futuro. Sono sempre stato un grande appassionato di serie televisive e stare chiuso in casa ha aumentato la voglia di provare questa strada. All’inizio mi vergognavo di raccontarlo anche alla mia stessa famiglia, un po’ per timidezza un po’ per capire prima io. Quando, però, ho deciso di parlarne a mia madre, lei mi ha detto che, se era quello che desideravo, dovevo provarci».
Detto fatto e Benedetto si mette alla ricerca delle scuole di teatro cittadine. Ne prova qualcuna, ma sempre con quell’ansia che invade l’anima di chi sa che non ha ancora raggiunto la meta. Sarà un bando che circola sui social in estate a fargli capire che era vicino.
«È stata una folgorazione – racconta Benedetto – che mi ha fatto capire che stavo seguendo la strada giusta. Un colloquio on line con Alessandro Ienzi e di lì a poco facevo parte della sua compagnia, Raizes Teatro. Un’esperienza elettrizzante sin dall’inizio, anche perché sono stato messo subito alla prova. Peraltro nel mio stesso quartiere, una prova per me carica di significato».
È, infatti, a piazza Noce che la compagnia porta in scena “Antigone – from Italy to Africa”, riadattamento della performance nata nel corso del laboratorio “Theater for Democracy”, finanziato dalla European Youth Foundation del Consiglio d’Europa, con la partecipazione di “Global Campus of Human Rights“, L’Alloro Fest e il Centro Valdese La Noce. Un palcoscenico molto particolare, che ha visto anche Benedetto ritagliarsi il suo ampio e meritato momento di gloria.
«Grazie ad Alessandro è stato tutto più semplice di quel che avevo sempre pensato. In un mese è successo tutto, anche l’Africa. Portare l’Antigone alla Noce è stata un’emozione immensa perché Antigone si trova dietro l’angolo di casa nostra. Ci sono tanti padri che mettono alla porta i loro figli, così come tanti fratelli e sorelle che litigano tra di loro, pezzi di vita comuni in ogni luogo e tempo. Alessandro mi ha fatto capire tante cose. Grazie, poi, al sostegno del Centro Diaconale Valdese abbiamo potuto andare in scena in diversi spazi della città, nelle piazze dove porti la magia del teatro. Entri in relazione con tutti. Così com’è successo in Africa dove, soprattutto quando parlavamo in siciliano, ci capivano attraverso la gestualità e il corpo».
Dopo Palermo, infatti, anche Benedetto è volato in Senegal, al “Festival di Kaffrine”, dove Raizes Teatro ha portato in scena l’incontro umano e democratico tra Africa e Europa: anche in questo caso, gli attori della compagnia hanno esplorato il mondo del cadavere di Polinice, alzando il grido di dolore di chi è il cadavere insepolto nei rapporti tra Africa e Europa, quanti sono rimasti intrappolati nella tratta dal mondo africano, da cui tutti proveniamo, al mondo moderno che ci siamo imposti. Raizes è, del resto, una compagnia specialista nel presentare performance site specific che presentano sempre uno stretto legame con la comunità ospitante e, anche in questo caso, la ricerca della compagnia vira al virare della vita, mentre il teatro cambia al mutare del luogo ospitante.
«È stato un altro tassello di un percorso che ci fa guardare all’apertura verso progetti di cooperazione internazionale anche sul teatro, filone che seguiremo nei prossimi mesi. In Senegal – sottolinea Alessandro Ienzi, a Kaffrine insieme a Valentina Calandriello, Francesco Campolo, Dalila D’Agostino, Cristina Napoli e, ovviamente, Benedetto Perrone – abbiamo proposto anche un’attività laboratoriale che ho condotto io stesso sulla gestualità, mentre loro ci hanno deliziato con tamburi e danze a cui ovviamente ci siamo uniti. Quando Benedetto dice che ci hanno capito dice bene perché, se usi il corpo, raggiungi tutti, com’è del resto successo alla Noce dove abbiamo recitato nelle tante lingue che appartengono ai componenti della compagnia – dal francese allo spagnolo sino all’ucraino e all’italiano. In Africa, invece, abbiamo usato il sicliano e francese. Switchare le lingue è stato vincente, ci ha consentito di farci capire».
«Con tali presupposti è inevitabile che io non intenda più fermarmi – conclude il giovane attore -. Non so che genere di teatro io voglia fare, ma so che mi piace e che mi fa stare bene. È anche un messaggio per i miei coetanei ai quali voglio dire di non fermarsi davanti alle prime difficoltà. Quel che sto facendo è la risposta a tutti quei compagni che pensavano scherzassi quando parlavo di dizione, recitazione e mondo del teatro. Se senti profondamente questa passione, la devi coltivare. Se hanno un sogno lo devono perseguire».
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