Omosessualità e Chiesa

Credente e militante gay ho scritto al Papa: «Santità, anche noi al Giubileo»

di Barbara Marini

Francesco ha annunciato che durante l'Anno santo ci sarà anche una giornata per le persone omosessuali. Il culmine dell'apertura del pontefice verso la comunità gay e lesbica. Era stato Innocenzo Pontillo, un cattolico impegnato per i diritti Lgbt, a chiedergli di partecipare con la sua associazione. VITA l'ha incontrato

Il 6 settembre 2025 sarà una data importante per il Giubileo indetto da Papa Francesco che inizierà la Vigilia di Natale con l’apertura della Porta Santa. Il calendario giubilare reso pubblico, prevede infatti come da tradizione, i pellegrinaggi a tema, con realtà, movimenti, categorie, associazioni, che evocano esperienze, mestieri e missioni come sintesi dell’umanità intera e variegata che abita la Chiesa, in tutte le sue sfaccettature e vocazioni: anziani, giovani, laici, suore, mamme, avvocati, geometri, perfino le bande musicali. Ognuno col suo nome.

Quello del 6 settembre ha fatto una grande eco poiché sarà il giorno dedicato al pellegrinaggio delle persone Lgbt e, malgrado il dialogo tra queste realtà e la Chiesa sia iniziato da qualche tempo, sarà la prima volta in un momento storico così autorevole e anche popolare, che cammineranno insieme verso la porta della riconciliazione.

Innocenzo Pontillo è un fisioterapista che vive in Toscana e lavora con gli anziani. È sua e dei suoi compagni l’iniziativa di scrivere in Vaticano «seguendo i canali ufficiali» per chiedere di poter partecipare con l’associazione di cui fa parte, “La tenda di Gionata”, insieme ad altre, al pellegrinaggio, proprio come una realtà che vuole riconoscersi ed essere riconosciuta nella comunità dei credenti.

Innocenzo Pontillo, primo a sinistra, con un gruppo di amici e soci de “La tenda di Gionata”

Lo abbiamo intervistato per fare luce sulle motivazioni, al di là di ogni principio ideologico, per capire e conoscere la realtà di persone Lgbt credenti. Racconta che dieci anni fa, avrebbe negato la pubblicazione del suo nome per la paura di essere riconosciuto e licenziato. Suo marito è un vigile urbano ed entrambi sono cattolici che vogliono vivere il loro credo all’interno della Chiesa. Il suo cammino di fede è adulto «sono nato nella Chiesa e ho ricevuto i sacramenti ma per la mia condizione mi ero allontanato. Una sera andai per sfida a un gruppo di lavoro sulla Bibbia, ero lì per smontare pezzo per pezzo, con la mia esperienza, quanto diceva la Chiesa. E invece mi accorsi che lo scopo del cristianesimo era la felicità dell’uomo, così cominciai il mio vero cammino di fede».

Dal web alla vita reale.

Con l’associazione cerchiamo di approfondire il messaggio della Bibbia e dei Vangeli e collaboriamo con diocesi, con realtà e movimenti per conoscere la storia delle persone e le risposte della fede, con l’aiuto di persone che studiano questi temi, per togliere diciamo le “fake news” che nelle nostre chiese abbondano. È nata nel 2018 da un’intuizione di un anziano prete, don David di Fermo, che prima di morire scoprì in rete il nostro portale, fondato tutto da volontari che era nato appunto raccontare chi sono questi credenti e cosa si celi dietro questa misteriosa sigla Lgbt: omosessuali, lesbiche, trans, genitori di… che cercano la fede. Quando questo sacerdote scoprì il dolore raccontato,  si rese conto di tante imperfezioni e  degli errori che aveva fatto come prete e prima di morire chiese a quelli che erano stati i suoi curatori testamentari di contattare i nostri volontari  per chiederci di fare nel mondo, quello che facevamo con il portale».

Proporre un camino di fede nella realtà per persone che, spesso e con ferite, si sentivano escluse dalla Chiesa era lo scopo. E voi come lo avete realizzato?

In primis ascolto e accoglienza alle persone. Poi siamo entrati nella vita pubblica, c’era bisogno di formazione per gli ecclesiastici stessi, per noi. Andare dentro le comunità, fornire gli strumenti: ricordo che quando è nata “la tenda” erano altri tempi, c’era un’altra chiesa poi, il cammino è nato, siamo andati dal Papa due volte e abbiamo iniziato una serie di collaborazione con alcune diocesi, con varie iniziative.

Per finire al Giubileo…

Quando è stato indetto Giubileo, proprio come un’associazione che accompagna le persone, ci siamo detti che dovevamo andarci e abbiamo scritto alla segreteria del Giubileo tramite il sito in maniera ufficiale, raccontando chi eravamo. Così abbiamo saputo dell’accoglienza della nostra domanda e il 6 settembre alle 15 partirà il pellegrinaggio della tenda di Gionata, esattamente come tutti i pellegrinaggi che partiranno durante l’anno. Saremo lì insieme a tutte le associazioni che conoscono il nostro cammino e a quelle che vorranno unirsi. Il nostro è stato un gesto semplice, chiedendo una partecipazione come comunità di credenti. Tutto qui, come dice la teologa Elizabeth Green “è il margine che cambia il centro mai il contrario”.

Il Giubileo è il momento della riconciliazione, il momento in cui si ricomincia.

Innocenzo Pontillo

Che significato ha per voi questo gesto?

«Un significato molto profondo. Il Giubileo è il momento della riconciliazione, il momento in cui si ricomincia. Un momento ecclesiale che tutta la Chiesa percorre in questa riconciliazione e noi l’abbiamo letto in termini.  È un momento in cui dobbiamo tutti cominciare a riconciliarci rispetto a quello che è stato.

Non potrebbe essere un etichettarsi, il partecipare come gruppo Lgbt, in un appuntamento in cui basta essere cristiani?

«Come associazione esistiamo per accompagnare e vivere con queste persone il loro cammino di fede. Il nostro è il pellegrinaggio della tenda di Gionata e delle altre associazioni che in realtà sono per la maggior parte i gruppi vari che accompagnano queste persone: molte suore, parroci con la propria parrocchia e questi accompagneremo. Poi che i giornalisti ci vogliano mettere l’acronimo o farci polemiche non ci interessa. Mi sono reso conto che per le minoranze le sigle servono perché servono a dire: “così tu mi conosci”. Dio dà il nome alle sue creature. Se dai notizia di uno sciopero, non sono quelli lì, ma sono ed esempio, i metalmeccanici… è il male necessario.

La tenda di Gionata durante una visita a San Pietro

L’etichetta però è sempre un modo di definire qualcuno, come per “rassicurarsi”…

Se scorriamo l’elenco dei vari pellegrinaggi giubilari approvati, ci cono tutte le “etichette”: quelle dei movimenti, delle varie diocesi… Ognuno giustamente si qualifica per quello che è nel pellegrinaggio perché è parte del popolo di Dio. Il Giubileo è ecclesiale perché riguarda tutta la Chiesa, è un momento unificante: noi semplicemente abbiamo chiesto il pellegrinaggio della tenda di Gionata, con le persone che accompagniamo che non sono artisti o geometri: questo è il nostro specifico, siamo in una periferia esistenziale, parola molto cara al Papa, siamo insieme e cerchiamo di aiutare la Chiesa a camminare insieme. Per noi è semplicemente un pezzo di chiesa, maggioritario o minoritario che sia, un pezzettino che va insieme a tanti altri pezzettini in pellegrinaggio nella porta Santa, poi gli altri lo leggeranno come vogliono. Noi siamo parte della Chiesa come tali, siamo chiamati ad esserci: molti di loro sono insegnanti, catechisti, fanno parte degli scout, di azione cattolica, ci sono alcune coppie gay, c’è il mondo che c’è nella Chiesa: cioè quelli che ci sono, sono quelli che nella chiesa hanno vissuto e vivono l’accoglienza, l’inserimento e camminano nella Chiesa non è che stanno da un’altra parte e in un’altra epoca.

Oggi è più difficile proclamare la propria omosessualità o la propria appartenenza alla Chiesa?

Ride. «Citando un versetto biblico potrei dire che le persone Lgbt sono un vaso di coccio tra vasi di ferro, nel senso che a volte è un problema dirsi Lgbt nella Chiesa: non sei al tuo posto quando dici che sei una persona Lgbt o hai un figlio Lgbt perché alcuni ambienti non gradiscono o ti sanno mettere a disagio. Spesso le persone che accompagniamo sono dovute uscire dai loro movimenti o lasciare la loro parrocchia perché non sempre l’accoglienza è attuata; al contrario quando dici che sei credente e hai un figlio Lgbt fuori dalla Chiesa, anche lì è come se fossi reduce da un campo di concentramento: ma si tratta di una persona semplicemente credente che fa il suo cammino.

Quindi essere credente non è ancora un punto in meno in una società scristianizzata?

Quando vivi nei margini la questione riguarda quello che sei e se lo sei seriamente. Se tu sei serio e stai facendo delle cose serie, le persone ti rispettano, non hanno problemi; è più facile trovare una persona che ti comprende e ti accoglie nella nostra società, quando fai cose serie o quando si rendono conto che in quello che dici ci credi e soprattutto lo vivi, molto più che fare i grandi proclami. Probabilmente nella nostra società, il cristianesimo spesso si è confuso con le teorie, con il gender, con i grandi proclami, però se tu aiuti un povero, se tu ti sforzi di vivere quello che il Vangelo ci dice, beh io finora ho trovato più rispetto, attenzione, da persone non credenti che in ambiti credenti. Sembrerà strano ma molte persone che non vivono la dimensione religiosa, la rispettano perché ne vedono tutta la profondità.

Occorre essere dunque credibili in ciò che si è…

È una riflessione importante nelle chiese tutte, cioè essere creduti ed essere credibili: questo riguarda tutti, è un tema che riguarda tutti ma soprattutto noi che crediamo in qualcosa che non si vede e non si tocca.

Quale è la ferita più frequente e grande che incontra nel dialogo con le persone che accompagna all’interno della Chiesa?

La tenda di Gionata ha un servizio di ascolto che si chiama “mi fido di te”. Tutti i credenti che hanno bisogno di ascolto, di parlare, ci scrivono via mail e c’è un gruppo di volontari che li ascolta e poi li indirizza a dei preti, suore, psicologi, a seconda di quali sono le difficoltà. Le dico che la difficoltà più grande è e rimane ancora l’accoglienza, nel senso che c’è in molte realtà uno sforzo di farla però è una cosa che sta germogliando solo adesso: le diocesi che fanno una pastorale per le persone Lgbt le possiamo contare su una mano. Le ferite da ascolto, le difficoltà di parlarne, l’essere vittima di questo tabù e comunque è quella la grande problematica. Però qualcosa sta cambiando: ci sono incontri, iniziative e persone che sono in coppia, che sono comunque anche nei consigli pastorali, genitori che guardano al coming out dei loro figli e ne parlano in comunità e la comunità si stringe intorno a loro. Rispetto al passato questo tema non veniva affrontato. Ci sono movimenti che stanno facendo il cammino di accoglienza come i Focolarini con commissioni, incontri, anche gli scout cattolici, iniziano a denunciare, anche l’Azione cattolica si sta muovendo molto ma dipende dove sei, altri magari non ti escludono ma non se ne può parlare, non ti fanno più fuori ma non se ne può parlare. Una accoglienza così nel passato sarebbe stata rivoluzionaria, adesso con Papa Francesco e col mondo in cui siamo, si sta normalizzando. Il mondo di oggi ci spinge ad essere autentici.

La tenda di Giona al Gay Pride di Bologna

Ma voi vi occupate anche dei nuovi diritti (matrimonio, adozione)?

Noi non siamo né a favore né contro, noi accogliamo le persone nella situazione in cui sono.

Per salvare la loro fede?

Perché vivano appieno la loro vita! Il Vangelo vuole persone che vivano in pienezza. La frase che abbiamo sulla maglietta con cui siamo andati dal Papa che poi è la frase dell’associazione è: “Nell’amore non c’è timore”. Se anche il Papa dice “chi sono io per giudicare” … la Chiesa ci indicherà il cammino.

Il Papa ha detto “frociaggine”? Questa parola italiana l’ha imparata e la domanda è: da chi l’ha imparata? Gliela abbiamo concessa perché descrive un mondo che vediamo!

Innocenzo Pontillo

Comunque andate da un Papa che ha parlato anche di “frociaggine”!

Questa parola italiana il Papa l’ha imparata e la domanda è: da chi l’ha imparata? Ti fa capire come parlano in certi ambienti di questi temi, è una parola goliardica effettivamente, e secondo me, ha fatto capire perfettamente quello che noi già sappiamo: che purtroppo i seminari in questo momento, con la crisi che c’è (fondamentalmente le persone eterosessuali ci vanno sempre meno), stanno continuando a raccogliere in realtà persone con problematiche che hanno bisogno di un luogo dove rifugiarsi e spesso e volentieri raccolgono persone che vengono da questi ambienti cattolici molto duri sull’omosessualità, che vanno nei seminari per scapparsene e quando escono da lì diventano persone complicate da gestire. Questa parola gliela abbiamo concessa perché descrive un mondo che vediamo!.

La chiesa è schernita da un certo mondo Lgbt… e voi come ci state dentro?

Noi cerchiamo di essere un ponte tra realtà che non si parlano. È vero che viene schernita ma se ne parla sempre più, non c’è solo la voce di Papa Francesco. La Chiesa anche è stata dura e a volte volgare nel ridurre l’amore all’atto sessuale… una persona che non può amare se non quel tipo di persona vive un dramma. Tutte le persone che attaccano la Chiesa spesso sono state ferite, molti ci sono nati dentro. Quando ci sono momenti in cui ci presentiamo, ci avvicinano trans, gay, lesbiche che magari ci avevano anche attaccato, per raccontarci questi fatti e la loro sete di fede; la Chiesa non va ad accogliere e chiedere perdono, noi andiamo al “Pride” per questo… molti hanno una fede che non possono vivere. Se andassimo a cercare di più queste persone, invece di lamentarci perché nessuno va in chiesa, saremmo più vivi.

C’è anche un inquinamento ideologico però su questi temi da cui la Chiesa si deve difendere, perché sono temi molto politicizzati.

Questo è vero. Ma gli uomini di chiesa devono fare lo sforzo di conoscere. Ad esempio la transessualità è sconosciuta. Non sanno come vivono, quante volte li salviamo dal suicidio, dai genitori che li buttano fuori di casa, i drammi che devono vivere per prendere una raccomandata coi documenti… bisogna sapere di chi si sta parlando.

Vorrei essere, cioè, come Dio mi ha creato. Non puoi dire a un albero “cresci ma non fiorire”

Innocenzo Pontillo

Quindi cosa desiderate per questo Giubileo?

È un momento di conciliazione, perciò, noi lo viviamo così perché è bello che la Chiesa ha deciso “sì”, è importante perché è anche indice che di quelle cose che vengono dette da Papa Francesco, nella struttura, nell’istituzione, stanno comunque facendo cambiare una mentalità e dei muri che sono stati tirati su e questo è davvero bello. Mi aspetto di poter camminare quel giorno con le persone che accompagniamo e con tutto il popolo di Dio perché quello è un momento ecclesiale. Il sogno di una persona cristiana Lgbt, come tutti come quello di una persona Lgbt laica, è di poter vivere ed essere ciò che è, nella realtà che la circonda. Se sei cattolico coi cattolici, sei evangelico con gli evangelici, sei laico con le altre persone.  Poter presentare ai colleghi di lavoro il tuo compagno, poter parlare alla tua comunità della persona che ami, poter essere te stesso. Vivere in una doppia vita è pesantissimo. Vorrei essere, cioè, come Dio mi ha creato. Non puoi dire a un albero “cresci ma non fiorire”. Noi andiamo lì per un momento ecclesiale, per vivere la fede con la nostra Chiesa, nella Chiesa. Insieme i muri cadranno. Noi vogliamo riconciliarci e vogliamo che la Chiesa si riconcili con noi.

Le foto di questo servizio sono de La tenda di Gionata.

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