3,4 milioni di persone sono fuggite dal Venezuela dall’inizio della crisi politica ed economica del Paese. Si tratta di più del 10% della popolazione venezuelana attuale (dati Unhcr e Oim).
«È la più grande crisi migratoria a esodo interno della storia latinoamericana recente», spiega Manuel Simoncelli, responsabile Coopi America Latina e Caraibi, «provocata dal costante deteriorarsi della situazione socio-economica in Venezuela, dall'iperinflazione, dall'instabilità politica, dalla progressiva restrizione in termini di accesso ai diritti umani, sommate all’alto livello di violenza, dal 2015-2016 a oggi. Si stima che il flusso potrebbe arrivare a più di 5,4 milioni di rifugiati a fine 2019».
L’emergenza migratoria è scoppiata nella regione a metà 2018. «L’aumento dei flussi è iniziato nel 2017 e si è progressivamente intensificato l’anno successivo», commenta Manuel Simoncelli. «I Paesi della regione hanno per lo più risposto, soprattutto inizialmente, con solidarietà, accogliendo la popolazione migrante o richiedente asilo. Sicuramente con difficoltà, dovuta alla poca esperienza nel gestire flussi migratori simili». Di fronte alla grave crisi venezuelana, in costante crescita, si è mobilitata la comunità internazionale, istituendo a settembre 2018 una piattaforma di coordinamento regionale, che include 17 agenzie Onu, 14 Ong internazionali, 5 donor, 2 istituzioni finanziarie internazionali, e il movimento della Croce Rossa. «Obiettivo della piattaforma», continua Simoncelli, «è articolare e rafforzare le iniziative nazionali e regionali di risposta a livello dei governi latinoamericani, degli organismi internazionali e della società civile, garantendo protezione, assistenza e integrazione ai migranti e rifugiati venezuelani nella regione latinoamericana».
2,7 milioni di migranti venezuelani sono presenti in America Latina e Caraibi, area in cui si registrano 5000 entrate giornaliere. Il Perù è il secondo Paese che ospita più migranti venezuelani in America Latina, per un totale di 650.000, dopo la Colombia, che ne ospita 1,1 milioni. È anche il Paese con il maggior numero di richieste di asilo. Il 90% dei migranti venezuelani entra in Perù per via terrestre, attraverso la frontiera nord, al confine con l’Ecuador. Ogni giorno circa 1500 venezuelani entrano nel Paese. Coloro che arrivano a piedi, con grandi difficoltà, sono chiamati “caminantes”. A volte riescono ad avere un passaggio, altre volte si comprano il biglietto dell’autobus. Per entrare in Perù è necessario il visto turistico o fare la richiesta di asilo una volta arrivati al confine.
Presente in Perù dal 2000, Coopi ha iniziato a rispondere all’emergenza migratoria dal novembre scorso, in collaborazione con Unicef e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). È presente a Tumbes e Zarumilla, nella zona di frontiera al confine con l’Ecuador. Sono città di passaggio, da lì i migranti venezuelani si dirigono verso le città principali del Paese.
Come spiega Alberto Trentini, coordinatore Coopi dell'emergenza nella regione di Tumbes: «I migranti che accogliamo arrivano stremati dalla crisi in Venezuela, dal lungo viaggio via terra di 3500 km, attraverso Colombia e Ecuador, un viaggio che può durare giorni, settimane, o anche mesi. Sono affaticati dal caldo soffocante, spesso sono senza denaro e senza un’adeguata alimentazione».
Alberto Trentini ha raccolto le testimonianze di madri e caminantes arrivati dal Venezuela nella regione di Tumbes. Come quella di Yuliany Ochoa, madre migrante: «Le difficoltà che ho incontrato per il mio bambino sono dovute al fatto che non ho potuto dargli quello che mi chiedeva, […] (come) pasti completi, però qui in meno di una settimana ho potuto dargli ciò che non ho potuto in nove mesi, là in Venezuela. A mia figlia hanno regalato i pannolini, la crema, e tutto ciò di cui aveva bisogno». Le fa eco un’altra madre, Yudethsy Beatriz Velasquez Figueroa: «La situazione è peggiorata, ogni giorno la gente parte a causa della crisi, dal momento che non si riesce ad avere né cibo, né medicine […]. Non abbiamo mangiato niente perché non abbiamo i soldi per comprare il cibo. I miei bambini sono stanchi, hanno fame, sono agitati». Manuel Valdayo, caminante, testimonia: «[…] Siamo esausti, abbiamo le gambe maltrattate, e per arrivare al luogo in cui andiamo ci sentiamo già stanchi perché, inoltre, ultimamente non abbiamo mangiato niente».
Coopi interviene con Unicef a Zarumilla, punto di entrata nel Paese, per preservare le condizioni di salute dei migranti in transito e rispondere alle necessità igienico-sanitarie, operando a sostegno delle famiglie vulnerabili. Distribuisce kit, contenenti prodotti di prima necessità (come sapone, dentifricio, repellente anti insetti, pannolini, crema solare, sapone da bucato, asciugamano, kit di primo soccorso) e promuove buone pratiche igieniche, come insegnare l’importanza di lavarsi le mani. La ong italiana allestisce spazi ludici per i bambini a fini educativi (promozione igiene personale) e strutture per farsi la doccia. Entro fine marzo 2019 è prevista la distribuzione di 8.485 kit d’igiene.
«Coopi, in alleanza con Unicef ha assunto la leadership nel settore acqua, igiene e servizi igienico-sanitari nella risposta all'emergenza migratoria nella regione di Tumbes», spiega Alberto Trentini. «Con Unicef pensiamo di fare arrivare dei container con docce e bagni, dal momento che la struttura per le docce che gestiamo è piccola e l’acqua non è molta, e vorremmo dare a più persone vulnerabili, inclusi i "caminantes", la possibilità di lavarsi».
Coopi, il cui staff è composto da 26 persone, conta di aiutare 8.485 famiglie con Unicef e quasi 5.000 persone con Oim entro fine marzo. E sta negoziando di proseguire la collaborazione fino a fine anno con Oim, e con Unicef per altri tre mesi. «La situazione dei bambini migranti è particolarmente difficile: arrivano senza avere potuto avere accesso a cure mediche, dal momento che in Venezuela non ci sono né medicine né vaccini. A questo si aggiunge il fatto che durante il viaggio non hanno potuto avere un’adeguata alimentazione», spiega Alberto Trentini.
A Tumbes, 30 km a sud di Zarumilla, Coopi lavora con Oim e gestisce due alberghi per l’alloggio temporaneo dei migranti vulnerabili. «Molte persone in transito sono in condizioni di grave difficoltà e senza risorse economiche, quindi spesso prima di arrivare qui sono state costrette a lavori umilianti per raccogliere i soldi per il viaggio. Altre subiscono abusi sessuali o altri tipi di violenza dovute a xenofobia e discriminazione», testimoniano i due cooperanti. Coopi offre pernottamento ai migranti, che si fermano solo una notte, poi fornisce loro un servizio di trasporto interprovinciale per altre destinazioni in Perù, verso cui sono diretti.
Tutte le foto sono di Nestor Quiñones Izquierdo/Coopi
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