Al fianco dei bambini e degli adolescenti in ospedale e dei loro genitori, dal 1978. È questa Abio – Associazione per il Bambino in Ospedale, una rete coordinata dal 2006 da Fondazione Abio Italia. Sono più di 4mila i volontari, presenti quotidianamente in oltre 200 reparti pediatrici, in più di 100 ospedali italiani. Le associazioni locali sono 55, presenti in quasi tutte le regioni d’Italia: al momento mancano ancora all’appello soltanto Valle d’Aosta, Liguria e Molise. Abio è un sorriso portato proprio là dove c’è la malattia, ma anche il colore che arriva in un ambiente che può fare paura e la vicinanza in un momento difficile.
Sono passati ormai 45 anni da quando il primo gruppo di volontari raccolse l’appello di Giuseppe Zaffaroni, allora primario di Chirurgia infantile all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che cercava qualcuno che dedicasse il tempo libero ai bambini ricoverati in ospedale. Fu il professor Vittorio Carnelli, succedutogli poi come presidente di Abio (e tuttora presidente onorario) a dare il primo, entusiastico assenso e ad accompagnare il collega Zaffaroni nel guidare i volontari pionieri nell’avvio delle attività. Negli anni il volontariato Abio è cresciuto notevolmente, sia nella qualità che nella quantità. Oggi la Fondazione è presieduta da Giuseppe Genduso, che ha raccolto il testimone dalle mani del professor Carnelli, mettendo a disposizione la sua grande esperienza in campo medico in qualità di ex direttore sanitario di strutture ospedaliere.
«Sono stati fatti tanti passi avanti, nella medicina e nell’organizzazione ospedaliera», commenta Genduso. «Il mandato e le indicazioni della Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale – adattata alla realtà italiana da Abio nel 2008 – sono oggi attuati in molti luoghi. Gli standard per avere reparti e ospedali “all’altezza dei bambini” tuttavia non sono ancora realizzati tutti e non dappertutto, purtroppo. Ecco perché è ancora necessaria la nostra presenza. Da uno studio che stiamo portando avanti sugli ultimi quattro anni, ancora è incompleto, è già emerso un dato: il 30% dei bambini e degli adolescenti quando viene ricoverato in ospedale va in reparti non adatti a loro. Noi ci occupiamo dell’accoglienza, non delle cure mediche: la possibilità di giocare, di passare il tempo dell’attesa in maniera leggera e simpatica, di dare un aiuto alle famiglie, di agevolare il genitore o il parente di fiducia che passa la notte in ospedale con il figlio. Sono tante le attività che svolgiamo e in questo ambito sono convinto che si possa fare molto senza grandi spese».
Il grande esercito di volontari di Abio tuttavia non riesce ancora a coprire tutti gli ospedali d’Italia. «La nostra presenza quotidiana è stata rallentata fortemente durante il periodo di pandemia, ma non ci siamo arresi. C’è ancora tanto da fare», spiega Genduso. «Basterebbe prestare attenzione ai principi della Carta e cercare in maniera semplice di aggiustare i percorsi e le procedure, con l’aiuto dei professionisti, per ottenere migliori risultati. Con i bambini non bisogna avere fretta: si deve trovare il tempo necessario per ascoltarli ed ascoltare i genitori, per fare educazione sanitaria a chi ha cura dei bambini dopo la dimissione. Oggi ci sono molti bimbi che hanno a che fare con malattie croniche, spaventosamente impegnative per loro stessi e per chi li cura. In fondo occorrono relativamente pochi soldi per fare la differenza e molto impegno personale e professionale, nelle relazioni. Per questo l’aiuto di volontari formati e qualificati è così prezioso. Ai bambini dobbiamo garantire ogni attenzione, una vita sana e serena, traumi ridotti al minimo. È più un lavoro culturale e organizzativo che di strutture».
Senza il 5 per mille, sarebbe davvero difficile fare un lavoro così capillare in così tanti presìdi, tutti i giorni. «Beneficiamo del 5 per mille dal 2006, cioè da quando è stato istituito», sottolinea Genduso. «La raccolta è a livello nazionale e poi la Fondazione distribisce i proventi a tutte le associazioni Abio che aderiscono. Una quota aiuta la Fondazione nel suo funzionamento. Il perno della nostra attività è la presenza fisica e qualificata dei nostri volontari, la trasformazione degli ambienti ospedalieri in luoghi a misura di bambino: il 5 per mille ci permette di garantire la formazione di base e continua dei nostri volontari, l’acquisto degli arredi per le sale gioco che doniamo agli ospedali o degli strumenti tecnologici che ormai sono diventati un bagaglio fondamentale per svolgere le nostre attività con i bambini, anche da remoto».
La preparazione e la formazione dei volontari è fondamentale e contempla anche la delicatezza che i volontari devono avere: «Ultimamente i tempi di degenza si sono accorciati, dunque bisogna essere efficaci e rapidi nello stabilire un buon contatto con il piccolo paziente. Ci siamo dovuti adeguare a questa nuova realtà anche nella scelta dei gadget e dei supporti tecnologici da mettere a disposizione dei volontari e dei pazienti in ospedale: devono essere funzionali ai tempi brevi, per esempio, di una visita specialistica o di un Day Hospital. Paradossalmente, talvolta per un bambino è uno stress maggiore rispetto a un ricovero, dove ha più tempo per adattarsi. Tutto ciò richiede grande professionalità e noi cerchiamo di garantirla sempre e ovunque, per raggiungere gli obiettivi per cui Abio è nata. E quando ci sono bambini che quasi non vogliono essere dimessi per continuare a giocare in ospedale o che abbracciano il volontario prima di entrare nello studio del medico dopo aver trascorso insieme l’attesa o ancora che spalancano gli occhi dalla contentezza e ripetono mille volte grazie quando ricevono il "Kit dell’Accoglienza" che doniamo ai bambini appena ricoverati… sappiamo che la strada è quella giusta e che dobbiamo continuare in questa direzione».
Per destinare il 5 per mille alla Fondazione Abio Italia, metti la tua firma nel riquadro "sostegno degli Enti del Terzo Settore" e inserisci il codice fiscale 97384230153.
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