Sport & Disabilità

Ci manca la vista, non la determinazione

di Arianna Monticelli

Campionessa paralimpica di salto in lungo lei, sportivo fino al midollo lui: Antonella e Luca sono affetti da retinite pigmentosa, una malattia rara. A Monza hanno fondato FreeMoving, un'associazione sportiva per seguire correttamente chi ha una disabilità visiva

È l’ironia l’arma vincente di Luca Aronica per affrontare da oltre 20 anni le sfide di una vita a quattro sensi. Antonella Inga, sua moglie, è forte di una garbata determinazione che l’accompagna in ogni cosa, anche nell’essere diventata campionessa paralimpica: tre anni fa ha conquistato il record italiano nel salto in lungo, ancora oggi saldo nelle sue mani. Lui ha 40 anni e dopo una retinite pigmentosa degerativa diagnosticata a 13 anni, oggi è non vedente. Lei, 29 anni, è ipovedente grave per la stessa patologia e convive con impulsi di luci e ombre. Sono marito e moglie dal 2021. Si sono incontrati sei anni prima sulle piste da sci e da allora hanno costruito due famiglie, entrambe a Monza: la loro, completata dalla nascita di Matilde, che oggi ha 8 mesi e quella di FreeMoving, associazione per persone con disabilità visiva, che fa dello sport uno strumento di realizzazione, autonomia e inclusione. 

Antonella Inga e Luca Aronica, entrambi con retinite pigmentosa, hanno fondato FreeMoving

«Chi è cieco ci vede benissimo» è la frase che Luca utilizza sempre per scardinare un modo di pensare che è la prima barriera alla realizzazione piena di chi convive ogni giorno con l’assenza totale o parziale della vista. La coppia vive in piena autonomia, in una casa dove a guidarli non è la tecnologia ma l’adattamento. «Ci manca la vista, ma le mani le abbiamo», ironizza Aronica. «Usiamo un piano a induzione normalissimo su cui abbiamo applicato bollini di gomma, così come li abbiamo messi di diverse dimensioni sulla lavatrice, per capire i programmi. Solo la nostra bilancia è parlante, il resto è percezione e capacità di adattarsi alla situazione. Troppa tecnologia ci frenerebbe». Lui è un operatore shiatsu, lei si occupa di customer care in un’azienda. La loro autonomia è il risultato di un lavoro di acquisizione di consapevolezza e potenzialità, che ha richiesto tempo e caparbietà.

Nei momenti più difficili non credevo di poter tornare alle mie amate discese sugli sci o a correre, ma quando ho scoperto di poterlo fare ho percepito una forza nuova, che ho voluto mettere anche al servizio di altri

Luca Aronica

Antontella ha scritto anche un libro, intitolato Tarcisio il Talpone. Luca Aronica, una vita a 4 sensi, per raccontare la storia del marito: il suo obiettivo è quello di stimolare altre persone a sfidare i propri limiti, per provare a superarli. «Il mio è stato un percorso di sofferenza, vergogna, ostinazione nel continuare a fare tutto come prima, quando in realtà stavo perdendo la vista», spiega Aronica. A cambiare le cose è stata una lenta accettazione, poi la rinascita è arrivata con la certezza di poter fare ancora una vita piena. Una certezza arrivata dallo sport: «Nei momenti più difficili non credevo di poter tornare alle mie amate discese sugli sci o a correre, ma quando ho scoperto di poterlo fare ho percepito una forza interiore nuova, che ho voluto mettere anche al servizio di altri». 

Antonella Inga nel salto in lungo

La stessa forza appartiene a Antonella, che ha ricominciato a fare atletica a 21 anni, con risultati brillanti, messi in stand by solo dal desiderio di diventare mamma. «Bisogna crederci sempre» è il suo motto. «Ho sempre praticato atletica», spiega la campionessa. «Smisi da adolescente perché non tutte le società sono in grado di seguire in modo corretto chi ha una disabilità visiva. Da questa esperienza è nata l’idea dell’associazione sportiva: per molti lo sport è un’ancòra di salvezza, per altri un vero e proprio volano. Ho visto persone trasformarsi e trovare quella sicurezza che non avevano. Lo sport è il mezzo per uscire dal guscio in cui la cecità rinchiude», racconta.  Dopo la maternità, Inga è già tornata ad allenarsi: «Lo faccio per me stessa, ma anche per mia figlia, perché un giorno sappia che la sua nascita non mi ha costretta a rinunce come donna e atleta».

Per molti lo sport è un’ancòra di salvezza, per altri un vero e proprio volano. Ho visto persone trasformarsi e trovare quella sicurezza che non avevano. Lo sport è il mezzo per uscire dal guscio in cui la cecità rinchiude

Antonella Inga

Con l’associazione FreeMoving, nata nel 2016, tante altre persone con disabilità visiva hanno trovato nello sport piccoli grandi traguardi di autonomia, grazie anche all’impegno di atleti-guide volontarie che hanno un’età media di 23 anni. I numeri dell’associazione sono ancora piccoli, nel 2023 ha registrato 79 tesserati. Ma sono i risultati a essere importanti. «Ho visto persone arrivare da noi piene di paura e timidezza. Oggi sono persone che sanno di potersi sperimentare in diversi ambiti e realizzarsi», sottolinea Inga. Accanto al team agonistico di atletica leggera, c’è un gruppo amatoriale di appassionati che praticano canoa, barca a vela, judo, arrampicata, nuoto, sci, tandem. Queste attività vengono proposte non solo a persone che non vedono ma anche a persone sordocieche, in collaborazione con la sede di Lesmo (MB) della Lega del Filo d’Oro. 

Attività in canoa per FreeMovers. Stefano (a sinistra) è una persona sordocieca

Tanti anche i momenti di socialità. L’associazione promuove serate con giochi da tavolo adattati ed esperienze di turismo sensoriale. Molti atleti e volontari sono oggi un gruppo di amici che esce e si diverte nel fine settimana. «Andiamo inoltre nelle piazze e nelle scuole per sensibilizzare sulla disabilità visita con la proposta di attività sotto benda a chi la vista ce l’ha. Solo immedesimandosi negli altri è possibile comprendere ed essere sempre inclusivi. A vantaggio di tutta la comunità», conclude la coppia. 

Foto da FreeMoving

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