Ogni sbarco è una storia a sé, ma ci sono certe immagini che nella memoria collettiva di operatori umanitari, mediatori e uomini delle forze dell’ordine rimangono indelebili. Storie che hanno fatto il giro del mondo, come quella del “gigante siriano e la bambina”, la piccola Hayat, la bimba che galleggiava in un pezzo di legno tenuta stretta in braccio dal profugo siriano che l’aveva salvata nel naufragio. Era il 24 agosto 2014 al porto di Augusta, in provincia di Siracusa, battezzato come “la nuova Lampedusa” a seguito dell’operazione Mare Nostrum voluta dal governo Letta a seguito della strage del 3 ottobre 2013 in cui persero la vita 366 persone.
La storia del gigante e la bambina è soltanto una delle tante che ha visto protagonista il Gicic, letteralmente Gruppo di contrasto all’immigrazione clandestina, una task force unica in Italia guidata fino a poco tempo fa dal sostituto commissario Carlo Parini e formato da uomini della Polizia di Stato e della Guardia Costiera e da oltre una trentina di mediatori culturali specializzati.
Dodici anni di attività con 1084 sbarchi per un totale di 128569 migranti sbarcati, 161 cadaveri ispezionati, 219 barche sequestrate e 1052 arresti convalidati. Numeri dietro cui si nascondono storie che gli uomini del Gicic hanno saputo interpretare, raggiungendo risultati unici nella lotta al traffico di migranti: il freno alle partenze dall’Egitto, operazioni congiunte con Europol e Eurojust, arresti a Malta con mandato internazionale e per ultimo il contrasto al traffico di migranti con velieri e yacht di lusso che negli ultimi tre anni sono sbarcati sulle coste del Siracusano, con la media di tre, persino quattro a settimana. Un fenomeno quest’ultimo che ha portato il Gicic a conquistare le prime pagine dei più importanti media internazionali, dal New York Times al Der Spiegel.
Il Gicic della Procura di Siracusa chiude ufficialmente la sua attività “perché non ci sono più sbarchi”, ma l’ultimo sbarco qui risale al 13 settembre, mentre non è da escludere che altri velieri in partenza della Turchia possano raggiungere le coste del Siracusano anche in inverno, come avvenuto negli anni passati. A Lampedusa invece gli sbarchi continuano anche se il Ministero dell’Interno e la Guardia Costiera preferiscono non comunicarlo: “Dall’inizio dell’anno qui gli sbarchi non si sono mai fermati, ma Lampedusa non è considerata Italia”, commenta il sindaco Totò Martello raggiunto telefonicamente da Vita.
Il Gicic della Procura di Siracusa vantava inoltre uno sterminato archivio dove erano catalogate, anno per anno, tutte le informazione relative ad ogni migrante sbarcato dal 2006 al 2018 con tutte le connesse attività di indagine. Archivio che verrà del tutto smantellato.
Dalle attività strettamente investigative alle ispezioni cadaveriche il Gicic tramite una pagina Facebook tradotta in diverse lingue, è riuscito a portare a termine anche diversi ricongiungimenti familiari e ha permesso a centinaia di familiari sparsi in tutto il mondo di ritrovare una traccia o un oggetto personale dei propri cari. Un via vai di genitori, zii, parenti che negli uffici del Gicic della Procura di Siracusa hanno trovato una risposta tanto attesa.
Una realtà resa possibile da un uomo dello Stato, il sostituto commissario Carlo Parini, che come pochi altri in Italia ha saputo unire le proprie capacità investigative a un’immensa umanità che è necessaria quando si ha a che fare con superstiti di naufragi o con donne e bambini che prima di giungere l’Italia hanno attraversato l’inferno dei centri di detenzione in Libia.
Prima ancora della strage di Lampedusa, Parini con la sua imponente statura era in mezzo ai bagnanti a soccorrere i migranti che arrivavano direttamente in spiaggia sulle coste del Siracusano. O come quando nell’estate del 2016 l’abbiamo visto ritratto insieme a un dentista milanese in vacanza mentre rianimava una bimba iraniana che tutti credevano morta sul tavolo di un bar di Portopalo di Capo Passero, il paese più a Sud d’Europa. Storie che l’hanno reso protagonista come quella del nonnino Abdel Tak Tak, 93 anni, il profugo più anziano della storia partito dall’Egitto e dopo sette giorni di viaggio sbarcato ad Augusta e aggrappato a un bastone.
La chiusura del Gicic della Procura di Siracusa è una sconfitta nella vera lotta al traffico di esseri umani, quella che sa distinguere uno scafista di professione – magari ucraino come nel caso delle barche a vela in partenza dalla Turchia – da un migrante subsahariano costretto a guidare un barcone perché minacciato con le armi dai trafficanti libici.
La chiusura del Gicic di Siracusa rappresenta il fallimento nella lotta al traffico di migranti.
Testi e foto di Alessandro Puglia
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