Malati invisibili

Cara Meloni, ricordati di noi con la fibro

di Barbara Marini

Laura Polizzi è una dei 2 milioni di italiani affetti da Fibromialgia, malattia invalidante che, paradossalmente, non è inserita nei Livelli essenziali di assistenza-Lea, benché in alcune regioni siano aperti, da anni, tavoli per il riconoscimento pieno di questa patologia ai fini delle gratuità delle prestazione del Servizio sanitario nazionale. Con altri malati invisibili denuncia la situazione e chiede alla premier di porre rimedio

Laura Polizzi ha 32 anni e ha scritto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per chiederle aiuto.

Vive a Ventimiglia, da cinque anni soffre di Fibromialgia, una malattia sulla bocca di molti ma ben poco conosciuta e paradossalmente, una malattia a cui pochi credono. Ha cominciato a raccontare la sua storia su una pagina Facebook e poi, attraverso i social, ha scoperto di non essere la sola e ha condiviso la sua esperienza con altre persone colpite dalla stessa patologia e da altre, simili che hanno in comune il fatto di essere “invisibili”.

In Italia ne soffrono due milioni di persone. La Fibromialgia investe per la maggioranza le donne (20-50 anni), è una malattia probabilmente mitocondriale (colpisce il sistema energetico delle cellule), multi-sistemica, significa che punta su tutto ciò che può fare male in un corpo umano. L’apparato muscolo scheletrico, le ossa, la respirazione, l’apparato digerente, il sistema sonno-veglia, i dolori reumatici che non danno tregua, poi ci sono anche quelli strani: la pelle che brucia, la testa che si infiamma la mascella che non risponde, viene meno la memoria (fibro-fog); è come se la persona fosse annientata lentamente, il dolore diventa parte del respiro, inutile quasi raccontarlo, si insinua a pezzi e di conseguenza questa Sindrome colpisce anche la stabilità emotiva.

L’affaticamento psichico, i sovraccarichi emotivi e lo stress incidono in modo inequivocabile. Ci sono giorni in cui il malato fibromialgico non può letteralmente essere sfiorato: ogni tocco viene percepito come una coltellata ai tessuti, ma non c’è niente di “psicosomatico” o di “paranoico”.

Laura racconta che «si fa fatica a camminare, a vestirsi, a farsi la doccia, addirittura a stare concentrati e a ricordare le cose, anche le più semplici. La tua vita cambia, come se nulla fosse il giorno prima sei una persona normale e il giorno dopo ti ritrovi in un corpo che non riconosci, devi cercare di gestire quel dolore che non sai da cosa è scaturito e non sai nemmeno se smetterà».

Prima della malattia Laura lavorava come tutti, ora più di quattro ore al giorno non riesce a gestire i suoi impegni. La «Fibro» colpisce quando e come vuole: un giorno si sta bene, il successivo non ci si può alzare dal letto. Per questo è una malattia invalidante anche dal punto di vista sociale: è molto difficile che i colleghi, gli amici, perfino i familiari riescano a capire questo altalenarsi continuo di sintomi (è detta anche la malattia dei cento sintomi) e di efficienza. Laura si ritrova a perdere le sue abitudini, amici, lavoro. Eppure, non ha cicatrici, ha tutti i capelli, sa ancora sorridere. Ed è molto difficile che lo capiscano anche i dottori: sebbene i centri e i reparti si stiano attrezzando sempre di più, le associazioni crescano, le certezze diagnostiche si specifichino, spesso un malato fibromialgico ha la sua diagnosi in tempi lunghissimi e appunto, per molto tempo viene considerato un paziente lamentoso o esagerato. Il sistema sanitario, che ormai deve rispondere a criteri aziendali, ha davvero poco tempo e spazio per malati cronici che devono affrontare ogni giorno le sintomatologie più disparate e devono imparare a convivere con la loro malattia abbandonati al buon senso o agli aiuti dei gruppi nei social, più che a un constante dialogo coi propri medici. Basta entrare in queste stanze e sentirete parlare di solitudine, perdita di lavoro, impossibilità di parlare coi dottori, difficoltà estreme a sostenere le spese di tutte le medicine e discipline integrate a cui un malato di Fibromialgia si deve sottoporre.

Laura ha scritto alla presidente del Consiglio, perché la Fibromialgia sia inserita nei Livelli essenziali di assistenza – Lea, ossia quelle prestazioni e servizi che il Servizio sanitario nazionale riconosce a tutti, gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket: «Io e tutte le persone Fibromialgiche insieme all'Associazione Guerrieri Invisibili facciamo un appello alla presidente Meloni e a chi altro di dovere, che venga riconosciuta come malattia invalidante e inserita nei Lea».

Laura insieme ad altri malati apparentemente invisibili (di cui continueremo a raccontare) chiede aiuto per poter vivere e lavorare in modo adeguato e sostenibile alle sue possibilità. In questo momento sopravvive grazie al Reddito di Cittadinanza.

«Tutti noi abbiamo bisogno di essere aiutati economicamente, aiutati nel mondo del lavoro e per le spese mediche. Ritengo giusto fare dei corsi di aggiornamento ogni tot. di tempo al personale sanitario, perché mi è successo più di una volta di trovate dottori o infermieri che non sapevano cosa fosse la Fibromialgia».

E perché sia considerata a tutti gli effetti una malattia invalidante, occorre parlarne, conoscerla e renderla visibile.

Sebbene in alcune regioni i tavoli per il riconoscimento siano attivi da molti anni, è troppo il tempo che passa, mentre questi malati, impegnati a cercare i propri medici e cure adatte, su mille fronti terapeutici diversi, perdono le forze, il lavoro e la speranza. Se c’è una cosa che il fibromialgico non deve fare è cedere al dolore e fermarsi mettendosi a letto, ma deve invece muoversi lentamente e costantemente. Si spera che le grida di queste persone siano ascoltate, perché camminare e vivere lentamente, è pur sempre un camminare e un vivere.

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