Laura Polizzi ha 32 anni e ha scritto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per chiederle aiuto.
Vive a Ventimiglia, da cinque anni soffre di Fibromialgia, una malattia sulla bocca di molti ma ben poco conosciuta e paradossalmente, una malattia a cui pochi credono. Ha cominciato a raccontare la sua storia su una pagina Facebook e poi, attraverso i social, ha scoperto di non essere la sola e ha condiviso la sua esperienza con altre persone colpite dalla stessa patologia e da altre, simili che hanno in comune il fatto di essere “invisibili”.
In Italia ne soffrono due milioni di persone. La Fibromialgia investe per la maggioranza le donne (20-50 anni), è una malattia probabilmente mitocondriale (colpisce il sistema energetico delle cellule), multi-sistemica, significa che punta su tutto ciò che può fare male in un corpo umano. L’apparato muscolo scheletrico, le ossa, la respirazione, l’apparato digerente, il sistema sonno-veglia, i dolori reumatici che non danno tregua, poi ci sono anche quelli strani: la pelle che brucia, la testa che si infiamma la mascella che non risponde, viene meno la memoria (fibro-fog); è come se la persona fosse annientata lentamente, il dolore diventa parte del respiro, inutile quasi raccontarlo, si insinua a pezzi e di conseguenza questa Sindrome colpisce anche la stabilità emotiva.
L’affaticamento psichico, i sovraccarichi emotivi e lo stress incidono in modo inequivocabile. Ci sono giorni in cui il malato fibromialgico non può letteralmente essere sfiorato: ogni tocco viene percepito come una coltellata ai tessuti, ma non c’è niente di “psicosomatico” o di “paranoico”.
Laura racconta che «si fa fatica a camminare, a vestirsi, a farsi la doccia, addirittura a stare concentrati e a ricordare le cose, anche le più semplici. La tua vita cambia, come se nulla fosse il giorno prima sei una persona normale e il giorno dopo ti ritrovi in un corpo che non riconosci, devi cercare di gestire quel dolore che non sai da cosa è scaturito e non sai nemmeno se smetterà».
Prima della malattia Laura lavorava come tutti, ora più di quattro ore al giorno non riesce a gestire i suoi impegni. La «Fibro» colpisce quando e come vuole: un giorno si sta bene, il successivo non ci si può alzare dal letto. Per questo è una malattia invalidante anche dal punto di vista sociale: è molto difficile che i colleghi, gli amici, perfino i familiari riescano a capire questo altalenarsi continuo di sintomi (è detta anche la malattia dei cento sintomi) e di efficienza. Laura si ritrova a perdere le sue abitudini, amici, lavoro. Eppure, non ha cicatrici, ha tutti i capelli, sa ancora sorridere. Ed è molto difficile che lo capiscano anche i dottori: sebbene i centri e i reparti si stiano attrezzando sempre di più, le associazioni crescano, le certezze diagnostiche si specifichino, spesso un malato fibromialgico ha la sua diagnosi in tempi lunghissimi e appunto, per molto tempo viene considerato un paziente lamentoso o esagerato. Il sistema sanitario, che ormai deve rispondere a criteri aziendali, ha davvero poco tempo e spazio per malati cronici che devono affrontare ogni giorno le sintomatologie più disparate e devono imparare a convivere con la loro malattia abbandonati al buon senso o agli aiuti dei gruppi nei social, più che a un constante dialogo coi propri medici. Basta entrare in queste stanze e sentirete parlare di solitudine, perdita di lavoro, impossibilità di parlare coi dottori, difficoltà estreme a sostenere le spese di tutte le medicine e discipline integrate a cui un malato di Fibromialgia si deve sottoporre.
Laura ha scritto alla presidente del Consiglio, perché la Fibromialgia sia inserita nei Livelli essenziali di assistenza – Lea, ossia quelle prestazioni e servizi che il Servizio sanitario nazionale riconosce a tutti, gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket: «Io e tutte le persone Fibromialgiche insieme all'Associazione Guerrieri Invisibili facciamo un appello alla presidente Meloni e a chi altro di dovere, che venga riconosciuta come malattia invalidante e inserita nei Lea».
Laura insieme ad altri malati apparentemente invisibili (di cui continueremo a raccontare) chiede aiuto per poter vivere e lavorare in modo adeguato e sostenibile alle sue possibilità. In questo momento sopravvive grazie al Reddito di Cittadinanza.
«Tutti noi abbiamo bisogno di essere aiutati economicamente, aiutati nel mondo del lavoro e per le spese mediche. Ritengo giusto fare dei corsi di aggiornamento ogni tot. di tempo al personale sanitario, perché mi è successo più di una volta di trovate dottori o infermieri che non sapevano cosa fosse la Fibromialgia».
E perché sia considerata a tutti gli effetti una malattia invalidante, occorre parlarne, conoscerla e renderla visibile.
Sebbene in alcune regioni i tavoli per il riconoscimento siano attivi da molti anni, è troppo il tempo che passa, mentre questi malati, impegnati a cercare i propri medici e cure adatte, su mille fronti terapeutici diversi, perdono le forze, il lavoro e la speranza. Se c’è una cosa che il fibromialgico non deve fare è cedere al dolore e fermarsi mettendosi a letto, ma deve invece muoversi lentamente e costantemente. Si spera che le grida di queste persone siano ascoltate, perché camminare e vivere lentamente, è pur sempre un camminare e un vivere.
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