Marco Bracconi

Caos chiama caos: liberarsi dal millenarismo, per uscire dalla rete del virus

di Marco Dotti

Nei dibattiti sullo stato d'emergenza c'è un convitato di pietra: la Rete. Nascosta dietro parole come «inclusione», «necessità», «novità», la Rete, racconta Marco Bracconi, «è al contrario il possibile soggetto di uno stato d'emergenza continuativo e a bassa intensità». Nessuna apocalisse è alle porte: società debole, corpi intermedi sfilacciati, nuovo classismo saranno la conseguenza delle nostre scelte di delegare o meno alla Rete la priorità sui corpi

La lancetta gira al contrario, i vecchi gadget filosofici non funzionano più. Gratificano l'emittente, ma non danno chiavi di lettura e, quando aprono porte, sono le porte sbagliate Così, tra i tanti paradigmi che non funzionano più, disinnescati o disintegrati dalla pandemic disruption, va sicuramente annoverato quello del Game di Alessandro Baricco.

Un paradigma ancora troppo razionale e intenzionale, legato a una considerazione non sistemica ma ingegneristica del procedere delle cose. Un paradigma che, a dispetto della scrittura (il famoso "dare del tu al lettore" di Baricco), pretende un osservatore troppo esterno, distaccato: un tu che non ha un io, né un noi, ma solo un voi.

La conseguenza è l'irrealismo: credersi immuni e impegnati a dar ordine al caos in cui viviamo, mentre ci si trova immersi in un caos ancora più grande.

Se una cosa abbiamo (forse) compreso in questi mesi è che nessuno è davvero escluso. Più in male, che in bene in verità. In medias res ci siamo già, tutti. Per questo colpisce il "dare del tu" non al lettore, ma la virus del primo libro di Marco Bracconi, giornalista, responsabile di Tutto Milano di Repubblica, oltre che autore del blog Politica Pop sul sito della stessa testata.

Edito da Bollati-Boringhieri in pieno lockdown, ma in forma di ebook, La mutazione esce oggi anche in versione fisica, materiale, cartacea. E di petto prende la questione del "dopo", su cui si è molto dibattuto nei giorni in cui sembrava impossibile anche porsi qualsiasi domanda sul qui e sull'ora e ci si rifugiava nel dopo.

Il dopo, se mai verrà, verrà quando non ce ne accorgeremo. Nel frattempo siamo ancora tutti nella rete del virus. Eccoci qui, scrive Bracconi. Qui, «con gli stessi problemi di prima, ma a mutazione avvenuta. Internet avrà smesso di essere oggetto di dibattito per diventare punto di partenza, eppure contiunerà a giocare al gioco di sempre: fare spazio tra le persone e rimpierlo di connessioni per le quali poi risultare indispensabile».

Non un game, ma una caduta. Un falso ancoraggio, senza radicamento né appoggi. Senza un linguaggio: una tecnognosi senza fine.

Il rischio è quello di sempre: pensare che è meglio un’apocalisse adesso che un diluvio universale domani. Magari sperando che sull’arca non ci si debba imbarcare a distanza di un metro, visto che i posti saranno molto limitati e non è detto che tutti riescano a prenotare online

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