Un viaggio in camper tra 5 regioni e più di 50 tra associazioni, cooperative e Comuni del Sud Italia per co-progettare e ri-generare insieme. L’iniziativa, realizzata NeXt – Nuova Economia per Tutti, insieme al Forum del Terzo Settore, continua un percorso di formazione iniziato nei mesi più difficili della pandemia, dedicato alle realtà che devono ripensare o rafforzare le proprie strategie, trasformando la crisi in opportunità. Qui il racconto della prima tappa in Sardegna.
Ma lasciata la Sardegna lo scorso undici ottobre siamo arrivati in Campania, con una certa familiarità, e la voglia di ripensare ad alcuni luoghi, troppe volte ridotti a una immagine stereotipata. Il Terzo Settore in Campania non sta affrontando una situazione facile, ma l’idea di ripartire dalle sue straordinarie esperienze sembra essere l’unica soluzione per immaginare una nuova “primavera” del welfare. Prima di addentrarci nelle mille sfaccettature di Napoli, siamo ospiti della cooperativa “Al di là dei Sogni” che dal 2008 amministra il bene confiscato “Alberto Varone”, sottratto al camorrista Antonio Moccia, nella frazione di Maiano, comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Una cooperativa da anni simbolo dell’antimafia e impegnata in progetti di agricoltura sociale, vera chiave di volta per lo sviluppo locale per e con la comunità. È qui che incontriamo anche Erasmo, una vera e propria “istituzione”, simbolo di riscatto umano e sociale. Erasmo lo conoscevo da tempo attraverso i racconti di Simmaco Perillo, il presidente della cooperativa, ma nonostante questo, vedere la sua vitalità e attenzione nella cura della terra ci ha fatto completamente dimenticare che è sordomuto, con disturbi di paralisi spastica. Una persona che poteva essere considerata uno “scarto” per la società ma che qui con con i piani di recupero individualizzati, grazie al budget di salute, è l’emblema di un cambiamento epocale della presa in carico e dell’attività di cura.
La seconda tappa della giornata è stata la città di Caserta per incontrare la Pro Loco locale. L’obiettivo del loro lavoro è sviluppare un modello di turismo diffuso e coinvolgere i giovani nelle attività di promozione del territorio. Le Pro Loco sono state un baluardo durante il momento più difficile della pandemia perché si sono occupate di tutti quei servizi di prossimità che erano difficili da gestire e coordinare con velocità. Il problema delle Pro Loco rimane quello di un ricambio generazionale molto lento e di una difficoltà di fare una vera e propria co-programmazione con l’amministrazione locale, ripensando l’immagine che da semplici realizzatori di sagre ed eventi deve diventare quella di agenti di comunità per la promozione delle eccellenze locali. Bisogna guardare al futuro, un futuro che parla di turismo sostenibile, capace di dare nuova luce al territorio connettendo “mondi diversi” per riscoprire luoghi e antichi mestieri e creare opportunità di lavoro per le nuove generazioni. La giornata finisce con un giro della città per farci comprendere, una cosa che avevamo già capito dall’incontro, che Caserta non ha un unico e famoso attrattore ma diversi elementi di eccellenza che basterebbe recuperare e valorizzare in modo coordinato con le altre Pro Loco presenti nel territorio e con i Comuni.
12 ottobre – Dopo una sveglia suonata prestissimo arriviamo a Maddaloni, provincia di Caserta, per conoscere “Pronto Diritti AMA”. Le attività dell’associazione sono molteplici, ma tutte hanno come obiettivo quello di ideare prodotti educativi virtuosi nati direttamente dai ragazzi che creino dei reali presidi culturali, fruibili e trasferibili, forieri di cambiamento. In un mondo che parla tanto di giovani senza parlare con i giovani la loro esperienza è stata una ventata di aria fresca che nasce dalla consapevolezza che è in tenera età che occorre lavorare per non ingenerare una cultura – violenta e maschilista – e far sì che non si radichino alcuni tipi di stereotipi, i quali finirebbero per perpetuare la violenza di genere. Da Maddaloni passiamo a Napoli a Rione Sanità per incontrare gli amici di Fondazione San Gennaro. Esperienza che ha ormai un eco internazionale di rigenerazione urbana. Mario Capella, direttore generale della fondazione, ci racconta che la strada è ancora lunga e che per concludere il loro percorso il bisogno è chiaro: realizzare il primo modello di comunità energetica che mette insieme Diocesi, imprese e realtà del Terzo Settore. Il lavoro ovviamente è l’altro tema che rimane sullo sfondo ma anche qui, grazie all’energia contagiosa di un nutrito gruppo di ragazzi e di ragazze, si sta lavorando per cercare di rimettere al centro le periferie, collegando in modo sistematico domanda e offerta con con la soluzione degli Hub di prossimità che Fondazione San Gennaro sta realizzando insieme a Fondazione Ebbene.
13 ottobre – Lasciato il camper nella stazione di sosta, non potevamo farci mancare la Circumvesuviana per raggiungere Portici, uno dei comuni a più alta densità abitativa di Napoli. È qui che c’è Villa Fernandes, bene confiscato al clan camorristico Rea, un gioiello immerso nel verde che è diventato un vero e proprio riferimento per la comunità. La crescita repentina ed esponenziale di Villa Fernandes ha dimostrato tutto il suo peso in termini di potenziale advocacy con la sensibilità e capacità del gruppo dirigente. Come ogni crescita repentina bisogna lavorare bene per rafforzare i legamenti e i muscoli che sorreggono nuove altezze. Per questo motivo qui si è deciso di ripensare il sistema di partecipazione degli enti associati alla rete prevedendo un sistema di valutazione dell’impatto multidimensionale delle strategie e attività condivise per una questione di conoscenza interna ed esterna al territorio. Il punto di partenza è il loro sportello di ascolto che deve moltiplicarsi in tutte le sedi delle organizzazioni alleate a Villa Fernandes per aumentare le orecchie e le braccia operative e diventare un agente di sviluppo locale riconosciuto e riconoscibile. C’è un grande potenziale a Portici che deve esplodere in tutta la sua capacità di generare valore per le persone e per i territori, ripensando alla rigenerazione urbana non solamente come un elemento di tutela ambientale ma come una spinta innovativa per le persone e le comunità di un territorio. Ma prima sfida è avere un metodo che attesti la capacità di queste reti di essere “community building”. Lasciata Portici ci ri-immergiamo di nuovo nell’energia del centro di Napoli per incontrare la “Fondazione Pietà dei Turchini”. Federica Castaldo e Marco Rossi, presidente e vicepresidente della fondazione, ci accolgono nella splendida chiesa di santa Caterina da Siena. Ci raccontano del percorso di rigenerazione fatto su quel luogo divenuto oggi custode e megafono del patrimonio musicale e teatrale napoletano dei secoli XVI-XVIII. Tante le attività realizzate per far conoscere al mondo le note di questa città e un grande progetto per il futuro: raccontare attraverso la musica. Dopo una breve pausa ci addentriamo sempre di più nel centro di Napoli per incontrare l’associazione “Orizzonti” che ha trasformato uno spazio in disuso in un luogo dove fare dopo scuola, un luogo oggi accogliente e inclusivo. Ci sono due fattori in particolare che mi hanno stupito di questa esperienza. Da una parte l’elemento, ancora solo accennato, delle reti e l’ibridazione con il for profit (di senso e responsabile). Le reti tra simili non durano mai molto e il mix di competenze che si attivano tra organizzazioni e imprese è unico nel suo genere così come è stata unica l’alleanza creata da Orizzonti per fare delle attività in un ex convento dei barnabiti che rischiava di chiudere ed essere abbandonato. Dall’altra invece, il modo di gestire la povertà educativa anche rispetto ai genitori, con un sistema premiale che permette di stimolare padri e madri a prendersi cura non solo del percorso educativo dei propri figli ma anche del loro. La sera non poteva finire che con una pizza a portafoglio nel quartiere di Sanità in una delle pizzerie, Concettina ai Tre Santi, che Don Antonio Loffredo ha supportato e valorizzato in anni. Il suo sorriso e i suoi occhi fiammeggianti mi hanno stimolato a non guardarmi mai indietro ma proseguire anche quando muri, distanze e fatica sembrano dirti il contrario. Un esempio da seguire sempre.
14 ottobre – Viaggiamo verso Eboli per incontrare la “Comunità Emmanuel”. Saliamo attraverso un sentiero ricco di vegetazione e di ulivi, per rimanere in tema e collegati a distanza con Gianpaolo. Incontriamo Mimmo che ci racconta con passione la loro struttura residenziale che da anni lavora per il recupero delle persone con dipendenze di ogni tipo. Parliamo con le psicoterapeute che dimostrano un mix inconfondibile di competenza e sensibilità. Mentre parliamo rubiamo qualche sguardo ai ragazzi che fin da subito ci sembrano sereni anche se coinvolti in una eterna lotta con uno spettro difficile da spodestare nelle lunghe giornate di quei luoghi, il tempo e la noia. Non si vive certo per lavorare ma il lavoro sembra un grimaldello fondamentale per dare senso e metter a frutto i propri talenti ed è proprio questa l’idea di sviluppo che tutto il team di Emmanuel affronta con un’energia eccezionale. E passeggiando nei terreni che circondano la comunità, ci accorgiamo di come la partita sia già iniziata, dato che incontriamo subito un’azienda del legno certificato PEFC che ha deciso di lavorare in quello spazio creando una filiera completa, mettendo a frutto la loro esperienza e i 500 ettari di bosco proprio alle spalle degli alloggi dei ragazzi. Essendo un luogo lontano dalla società, l’idea è quella di portare la società dentro quel luogo replicando l’insediamento di quell’azienda. La comunità vuole diventare un incubatore di startup a vocazione sociale. Da un lato la comunità mette a disposizione terreni, immobili e dall’altra le aziende si impegnano ad includere nelle attività lavorative i ragazzi della comunità, avviando una formazione professionale specifica e continuativa. La prossima metà aveva per noi appassionati dell’Economia Civile una simbologia tutta speciale. Non potevamo che accogliere con piacere l’invito di Rareca APS a visitare la loro università popolare presso Castiglione dei Genovesi, un luogo incantevole che unisce la montagna al mare e che sembra avere tutte le carte in regola per diventare un luogo turistico internazionale. Lavoriamo sul significato delle parole di Antonio Genovesi applicate al borgo di oggi e pensiamo al modo per trasformarlo in un vero e proprio borgo di economia civile, provando a declinare un metodo Genovesi che punta a coniugare il turismo paesaggistico, con quello culturale ed esperienziale. Per farlo, però necessitiamo dell’appoggio del Comune e decidiamo di incontrare il sindaco che con grande ospitalità e poco preavviso ci accoglie nella casa natale di Genovesi consegnandoci due splendidi cimeli e soprattutto condividendo il nostro modello di co-programmazione che fin dall’inizio, dell’analisi dei bisogni collegati al BES dell’Istat, è in grado di coinvolgere maggiormente le associazioni locali nella promozione del territorio e nell’affidamento di beni e terreni per fare un’attività di woofing e albergo diffuso. Ci lasciamo con l’idea di realizzare l’anno prossimo il primo evento del Festival dell’Economia Civile da Castiglione che dovrà essere una vera e propria festa dell’alleanza tra Terzo settore locale e comune. Il tempo peggiora e il viaggio si fa più faticoso ma finalmente arriviamo a Monte Forte Irpino che ha attuato con grande spontaneità e naturalezza il modello dei contratti fiume per prendersi cura di beni comuni che rischiavano di creare non solo incuria ma problemi di vivibilità per la città come l’allagamento di pochi anni prima. Durante il percorso di formazione fatto online nei mesi passati, l’associazione socio culturale fenestrelle ha imparato a fare bene il bene e le competenze acquisita, unite a un coinvolgimento dei giovani del territorio sostanziale e non formale, può essere la chiave di lettura per la creazione di una vera e propria rete di “manutentori del verde” che possono intervenire non solo in casi di emergenza ma in attività di prevenzione anche con il lavoro di formazione nelle scuole per la cura delle aree verdi intorno ai luoghi più strategici della città, formando e sensibilizzando persone e lavoratori a gestire la propria parte di bene comune e moltiplicare l’effetto di riduzione del rischio idro geologico oltre che di valorizzazione del territorio.
15 ottobre – L’ultimo giorno in Campania inizia con una rete già costituita e capitanata da Stefano Iandorino, di Arci Avellino, una vecchia conoscenza della nostra linea formativa e già protagonista di diverse azioni con Formazione Quadri Terzo Settore. Ci sono diverse esperienze intorno al tavolo: dall’esperienza di Don Tonino Bello a Confcooperative Campania e tante altre che non solo condividono il bisogno di contrastare lo spopolamento dei 27 comuni ”dell’area vasta” ma sono riusciti a creare un fondo rotativo per il finanziamento alle imprese di comunità che con le loro attività ripenseranno lo sviluppo sostenibile di quei territori. La voglia di realizzare subito un processo chiaro e definito è stata così alta che a termine dell’incontro è stato stilato insieme a loro un calendario di appuntamenti che prevede la firma del Patto di Rete di Nuova Economia e l’inizio della mappatura dei beni immobili abbandonati o confiscati alla camorra e dei terreni da rigenerare per integrare delle risorse tangibili alle startup che decidono di lavorare in Comune rispetto ad un altro con l’impegno di valutare anche forme di microcredito cooperativo a supporto di specifici investimenti in macchinari. La sfida sarà quella di spostare il baricentro da Avellino all’area vasta, stimolando i Comuni presenti a prendersi carico del problema dello spopolamento non solo della propria realtà ma di un territorio che per spazio e cultura è collegato e deve lavorare in Rete. Da Avellino il viaggio si fa complicato perché Airola, uno splendido paesino immerso nelle colline beneventane, è stato “vittima” di un incendio che ha provocato una nube tossica pericolosa per i suoi abitanti e che ha fatto fermare tutte le attività. Per fortuna quando arriviamo il cielo è limpido e parcheggiamo in un largo piazzale proprio davanti alla sede di Cassiopea, dove da subito ci fanno vedere la sala multimediale attrezzata per realizzare le loro lezioni di dopo scuola durante il momento più difficile legato alla pandemia e che per l’incidente appena avvenuto hanno riutilizzato oggi come allora. La loro volontà è quella di partire dalle fragilità di un gruppo classe per orientare servizi di supporto e attività culturali per l’intero gruppo, in modo da far percepire che la fragilità è un valore se condiviso e reso collaborativo. Lo strumento ideale sembra essere quello di mutuare un’esperienza realizzata dal Consorzio Sale della Terra proprio ad Avellino, sulla scia del modello di cogestione del budget di salute, vale a dire il budget educativo. La rete con le scuole è da rafforzare invece con un rapporto che deve passare dalla passione e volontà del singolo docente a un impegno del dirigente nel medio lungo termine per realizzare una vera e propria comunità educante con le realtà del Terzo Settore che si occupano di educazione e contrasto alla povertà. In questo caso l’idea è proprio quella di creare una filiera dell’educazione informale, partecipata e inclusiva per le realtà del territorio, rafforzando gli sportelli di ascolto che devono essere gestiti in modalità complementare dal Comune e non come un concorrente dei servizi già erogati. Avendo parlato di budget educativi e di Benevento, il nostro passaggio è quello di arrivare con un collegamento naturale e davvero pochi minuti di distanza davanti all’arco di Traiano per incontrare la Clessidra APS. Ci spostiamo verso la loro sede dentro la Croce Rossa che tra una sirena e il via vai delle ambulanze sembra essere uno spazio particolarmente complicato per parlare ma ci riusciamo lo stesso. Qui non parliamo di idee ma di sogni che sentiamo con calore espressi dal presidente, ex beneficiario dell’associazione che dopo un’attività di cura con un metodo internazionale che sembra essere il punto di forza di questa realtà. è riuscito a superare i suoi ostacoli e ha dato una grande spinta all’associazione insieme alla visione di Maria Libera. Come detto, le idee di sviluppo in questo caso vengono dopo una idea rifondativi dell’associazione che ha bisogno di ripensare il proprio statuto e le proprie attività guardando fuori da quelle finestre e in relazione con realtà più grandi che si occupano di inclusione sociale. Il viaggio in Campania si conclude davanti a un bicchiere di Greco con gli amici del Consorzio Sale della Terra impegnati su tanti fronti e con i quali condividiamo un’idea di co-programmazione da realizzare insieme alla loro rete di Comuni Welcome e a una scuola politica per amministratori ed amministratrici civili che possa rafforzare non solo le strategie di sviluppo sostenibile a livello locale ma soprattutto le modalità di coinvolgimento degli ETS presenti nel territorio partendo da metodi e indicatori comuni.
Dal nostro viaggio in Campania ho messo un ulteriore pezzo del mosaico che mi ha permesso di capire meglio opportunità e limiti di un territorio eccezionale. L’idea che mi sono fatto, data la ricchezza del tessuto associativo e imprenditoriale, è quello di partire direttamente dai Comuni del territorio per riprendere le strategie per le Green City per lo sviluppo sostenibile del MATTM alle quale aggiungere due elementi: Social inclusivo e Co-programmazione. L’obiettivo della strategia era quello di attivare, in connessione con le attività per la Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile della Regione Campania, uno specifico focus prioritario sulle green city attraverso il coinvolgimento delle istituzioni locali nel processo di trasformazione verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Le Green “Social” City possono essere una risposta per rafforzare i collegamenti tra territori e aree interne con un approccio integrato e multisettoriale che si potrebbe aggiungere perfettamente a quanto nel 2010, aveva fatto la Commissione Europea per lo “European Green Capital Award”. Il Forum del Terzo Settore della Campania con l’idea di realizzare delle vere e proprie agenzie di sviluppo locale ibride potrebbe essere u acceleratore eccezionale di tale processo. Le premesso ci sono e sembra che i modelli di Rete e co-gestione anche. Magari non tutti saranno pronti per rinunciare a una parte della propria identità in favore di un processo collettivo ma sicuramente l’azione è da fare ora e il movimento sarà a cerchi concentrici.
*Luca Raffaele, direttore di NeXt – Nuova Economia per Tutti
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