Attivismo

Camilla Aurora, l’alfiere che insegna la pallavolo ai detenuti

di Ilaria Dioguardi

Da tre anni tutti i sabati mattina va nella casa circondariale di Monza ad allenare una squadra di pallavolo. Camilla Aurora Fanelli ha 21 anni ed è stata nominata giovane alfiere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella, insieme ad altri 28 giovani italiani

Appena ha compiuto 18 anni, è entrata per la prima volta in carcere come volontaria. Da allora non ha più smesso e tutti i sabati mattina Camilla Aurora Fanelli, 21 anni, insieme a suo padre e a sua sorella, allena una squadra di pallavolo composta da una dozzina di detenuti della casa circondariale di Monza, nell’ambito del progetto “Liberi di giocare”, che promuove lo sport all’interno degli istituti di pena sostenendo fortemente la sua funzione educativa e di riscatto.

«Per il costante impegno di volontaria all’interno di un istituto penitenziario. Testimone di solidarietà nelle vesti di allenatrice di una squadra di pallavolo di detenuti»: con questa motivazione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “battezzerà” Camilla alfiere della Repubblica il prossimo 15 maggio, insieme ad altri 28 giovani italiani.  

«La scorsa settimana gli uffici del Quirinale mi hanno contattata per dirmi che ero stata nominata alfiere della Repubblica e per invitarmi a Roma, alla cerimonia di consegna», dice Fanelli, con la voce emozionata. «Un fulmine a ciel sereno, una cosa che non mi aspettavo minimamente. Non avevo mai preso in considerazione quest’eventualità».

Camilla Aurora Fanelli, insieme al padre e alla sorella nella casa circondariale di Monza

Una famiglia di volontari

Nel 2022 Fanelli, che vive a Milano, ha iniziato ad andare nella casa circondariale di Monza ad allenare i detenuti, nell’ambito di un progetto del Comitato sportivo italiano – Csi, Comitato di Milano. «Stavano cercando degli allenatori che prendessero parte a “Liberi di giocare”. Mio padre aveva deciso di candidarsi, io e mia sorella di 25 anni ci siamo unite a lui».

Ogni sabato mattina, dalle 9 alle 11, vanno insieme ad altri due allenatori. «Sei-otto persone sono i “fedelissimi” della squadra, da tre anni. In totale alleniamo una dozzina di detenuti, il sabato mattina ci sono i colloqui con le famiglie e, a volte, qualcuno salta le due ore di pallavolo». L’allenamento avviene nel campo all’aperto, «se piove no, il campo diventa troppo scivoloso. Ma anche quando fa molto freddo lo facciamo».

I ricordi più belli

«A me sembra di non fare nulla di speciale, ne parlo normalmente con i miei amici. La cosa bella è che giochiamo a pallavolo e abbiamo anche modo di parlare con le persone, di sapere come stanno, di chiedere delle loro famiglie, loro ci domandano cosa facciamo noi fuori. Questa è la parte migliore di quest’esperienza». I ricordi più belli di questi tre anni? «Un mio compleanno, di cui si sono ricordati. Mi hanno fatto gli auguri, mi hanno festeggiata con delle cose da mangiare. E poi la festa dei padri con i figli. Alcuni di loro non li vedevano da tanto e vedere la loro emozione, nel passare del tempo insieme, è stato molto emozionante anche per noi».

Un’esperienza che mi porto fuori

Fare quest’esperienza insieme al padre e alla sorella «permette di poter parlare anche fuori di quello che succede in allenamento, a pranzo o durante la settimana. Ci scambiamo impressioni e parliamo delle persone che alleniamo», continua Fanelli. «Quando uno dei ragazzi vive qualcosa di importante (in ambito familiare o processuale), condividiamo tra di noi preoccupazioni e pensieri. Abbiamo conosciuto tante persone che sono uscite o sono state trasferite in altri istituti. Una volta siamo andati a trovare un ragazzo che aveva terminato la sua pena, è stato bello ritrovarsi fuori».

Lo sport aiuta ad abbattere delle rigidità

«I ragazzi che alleno mi aspettavo che ci avrebbero messo un po’ più di tempo per aprirsi e prendere confidenza con noi, invece si sono aperti e confrontati con noi quasi subito». Sicuramente aiuta la continuità della frequentazione «e lo sport, che è una via privilegiata, che aiuta ad abbattere delle rigidità».
In autunno e in inverno «la squadra si allena facendo degli esercizi, correndo, una parte è dedicata alla tecnica e poi si fa una partita. Con la bella stagione, in primavera e in estate, vengono delle squadre, principalmente del Csi, e organizziamo delle amichevoli. La nostra attività nella casa circondariale di Monza è possibile grazie al supporto della direttrice Cosima Buccoliero e degli agenti della Polizia penitenziaria, che soprattutto durante le amichevoli fanno un grande lavoro».

Foto dell’intervistata

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