«E tanto che non scrivo sul blog. Ora ritorno con un nuovo post e un nuovo prodotto di Handmade. Questo volta, però, non lo faccio io. Il mio è stato solo un suggerimento dato a un amico un po' "randa", come si definisce lui stesso». Così nel 2014, il 10 luglio, la biologa Eletta Revelli racconta l’inizio di una storia di redenzione e amicizia.
Iguana è il soprannome di un uomo che Eletta ha conosciuto durante un momento buio. Una storia nata a Como, fortuitamente, nell'ambito del volontariato che Eletta porta avanti sin da ragazza. Tutto inizia alla mensa dei poveri dove i due, pian piano instaurano un'amicizia. Eletta è lì come volontaria, Iguana come “assistito”.
Iguana viveva per strada, beveva. Ma dietro l'aspetto trasandato, la bocca sdentata e i vestiti sdruciti la delicatezza e genitilezza hanno scoperto si nascondevano le mani di un fabbro. «Lo conosco da qualche anno», continua quel post del 2014, «ma solo recentemente mi ha detto che prima di perdere il lavoro e vivere un po' allo sbando, era un fabbro. Me lo ha detto perchè un giorno gli ho chiesto “Ma tu cosa sai fare?”. Domanda che come volontari troppo raramente facciamo. La sua risposta mi ha fatto venire un'idea: e se gli dessi delle vecchie forchette, riuscirebbe a farne dei ciondoli, anelli e braccialetti?»
Un tentativo che Iguana all'inzio ha preso male. Parolacce, insulti e urla. Uno sfogo per una vita che era stata dura e forse anche ingiusta.
La cosa che più mi colpi era la sua meticolosità. Non mi dava indietro il pezzo se non era perfetto
Poi però quelle forchette, quei cucchiai, tutte quelle posate hanno cominciato a cambiare forma. Da anonime e consuete si sono trasfromate in animali vivaci, movimentiati e rilucenti. Orecchini, bracciali, collane. «La cosa che più mi colpi era la sua meticolosità. Non mi dava indietro il pezzo se non era perfetto», racconta Eletta.
L'inzio della storia passa da attrezzi recuperati da amici e conoscenti, lavorando con quello che c'era. Poi il fratello che aveva un proprio laboratorio ha deciso di prestare un angolo a Iguana. Lì nasce un vero e proprio laboratorio. «I soldi non ci sono per cui Iguana recupera gli attrezzi che gli altri buttano o ssostituiscono, li ripare e li fa tornare utili».
Il banco da lavoro di Iguana
La storia però è solo all'inizio. «Il più grosso successo, il fatto che mi ha fatto capire la dimensione di quello che stava succedendo è che Iguana ha smesso totalmente di bere», racconta Eletta. Il lavoro, il tornare a sentirsi utile e capace è stata la medicina che gli ha permesso di ricominciare. «È incredibile come sotto l'apparenza di un ultimo, di qualcuno che si evita di guardare, si possa nascondere tanto talento».
«Sono stata talmente rapita dalla sua perizia e dalla bellezza delle sue creazione che stiamo pensando di mettere su un'impresa insieme. Prima però dovevamo trovare un nome per farci conoscere. Lui ha deciso che dovesse essere il suo soprannome. Così oggi i suoi lavori vengono divulgati come I-Guana. Un nome che gli hanno dato per strada, non si sa perché, ma che a lui piace», sottolinea Eletta.
«Adesso siamo una squadra», continua. «Lui fa i gioielli, e io sono la sua “manager’”. Abbiamo aperto una pagina Facebook che gestisco io perché lui non sa usare il computer. Ogni tanto allestiamo anche qualche mercatino anche se siamo ancora un po’ disorganizzati. Ho iniziato a raccontare la sua storia ad alcuni amici, in tanti si sono interessati. Chi mi ha chiesto un anello per la fidanzata, chi un ciondolo, chi un piccolo pensiero per Natale, e le richieste continuano ad aumentare giorno dopo giorno».
Alcune delle creazioni di I-Guana
Per trasformare una forchetta in un anello serve una giornata intera, mezza per i disegni più semplici. Dal riciclo di vecchie posate e utensili di cui la gente si vuole disfare, il riciclo di un’esistenza, una vita al margine, quella di un uomo non più giovane che da un giorno all’altro ha perso il lavoro e gli affetti.
Questa storia mi ha insegnato che le seconde opportunità sono fondamentali nella vita
«Questa storia mi ha insegnato che le seconde opportunità sono fondamentali nella vita», racconta Eletta, che sulla sua storia ha scritto anche un racconto “Un amore di clochard. Le zanzare vanno pazze per il sangue degli alcolisti”. La storia di una “regolare” con una casa, una vita all’apparenza piena e rigogliosa ma piena di frustrazioni professionali, sentimentali e familiari, che entra per caso nel mondo di un barbone alcolista, e dove i ruoli si confondono, non si sa più chi aiuta chi. “Il manoscritto è ancora nel cassetto”, spiega Eletta, “in attesa dell’editore giusto”.
«Con la mia scelta ho cambiato la sua vita, ma anche la mia. La gente dovrebbe spendere un po’ più tempo per aiutare gli altri, gli sconosciuti, gli esclusi. Il più delle volte giudichiamo le persone senza nemmeno conoscerle. Io dico sempre a tutti che auguro anche a loro di trovare un giorno un “Uomo delle forchette” che gli cambi la vita».
Basta una forchetta per ricostruirsi la vita
Testi a cura di Lorenzo Maria Alvaro
Foto e video a cura di Eletta Revelli
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