Ana Estrela ha vissuto due vite. Una a Salvador de Bahia, in Brasile, dove è nata e cresciuta. L’altra a Bari è arrivata per caso ed è rimasta per scelta. Nel capoluogo pugliese ha dato vita a “Ethnic Cook”, il bistrot sociale multietnico che è diventato un polo culturale in cui attraverso la cucina è possibile incrociare storie, esperienze, tradizioni.
Ana Estrela ha vissuto due vite. Una a Salvador de Bahia, in Brasile, dove è nata e cresciuta. L’altra a Bari «dove sono arrivata per caso e sono rimasta per scelta». Entrambi i momenti della sua storia personale, però, sono stati contaminati da voci, profumi, sapori, ricette, piatti che creano incontri e relazioni. Che generano intercultura. Come il “Ethnic Cook”, il bistrot sociale multietnico che da dieci anni a Bari è diventato un polo culturale in cui incrociare esperienze, vissuti, tradizioni. Perché «la cucina è un mezzo per fare interazione tra gli autoctoni ed i migranti. Presentazioni di libri, concerti, seminari, spettacoli, cooking show, visioni di film. Ed ovviamente tante ricette che raccontano il mondo, compresi i piatti fusion, come le “orecchiette in the world”, i panzerotti mondiali o i sughi cucinati nelle diverse tradizioni dei Paesi». Ana Estrela è un vulcano di entusiasmo. E’ un’animatrice sociale e culturale anche mentre racconta, mentre spiega come è nato il bistrot, i suoi obiettivi e qual è stato il suo percorso di crescita. E’ in Italia da 26 anni e l’amore per la cucina ed i suoi segreti l’hanno coccolata sin da quanto era bambina.
«La storia della mia vita si divide in due parti. Inizia a Salvador de Bahia, dove mio padre faceva il panificatore. Purtroppo quando lui e mio fratello vennero a mancare, in casa rimase una famiglia composta da sole donne che, per sopravvivere alle persone che ormai non c’erano più, iniziarono a cucinare piatti locali ed arabi che venivano consegnati d’asporto agli studenti fuori sede, agli scapoli, alle persone che non sapevano cucinare. Io, anche se piccola, accompagnavo spesso mio cugino nelle consegne, mentre per il resto delle volte restavo seduta a guardare mia madre e le altre cucinare» racconta Ana Estrela. «Ogni giorno, a pranzo e a cena, veniva lasciato un piatto da parte per sfamare il passante o qualcuno che non poteva permettersi di mangiare. Succedeva ogni giorno. Sono cresciuta con questa idea sociale, di aiutare gli altri, che mi è rimasta sempre dentro».
Cucinare permette di far uscire i ricordi, di condividere le emozioni, di ritornare alle proprie origini
— Ana Estrela
Poi Ana Estrela inizia a studiare arte nel suo Paese. «Sono diventata ballerina in una compagnia di ballo del Brasile. Facevamo spettacoli, solcavamo i palchi e quando sono arrivata in Italia con mio marito portai anche qui questo mio modo di fare e di vivere». Dopo il divorzio, con una figlia da crescere, Ana decide di restare in Puglia per ricostruire il suo percorso. «Bari mi sta molto a cuore, è una città aperta, semplice, con quartieri di cittadinanza attiva, partecipazione e convivenza tra i vari popoli». Inizia a darsi da fare attraverso dei progetti nelle scuole che coniugano arte, teatro, ballo, fino quando non viene invitata a lavorare con rifugiati e vittime di torture. Un’esperienza che la segna nel profondo. «Operare per loro mi ha permesso di toccare con mano le difficoltà che vivono i migranti, dallo sfruttamento del lavoro ai viaggi della speranza. Anche se non sono una rifugiata, ma resto una migrante, so cosa vuol dire la sofferenza del distacco dalla propria terra, dai propri affetti». Di qui, la nascita dell’associazione multietnica Origens che le permette di iniziare a lavorare in maniera strutturata con richiedenti asilo e rifugiati per permetterli di esprimere.
Anche per questo, nel 2013 prende corpo il progetto “Ethnic Cook”. Dopo un primo finanziamento della Regione Puglia, il progetto viene selezionato dall’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR). «L’elemento che ha sempre contraddistinto questa iniziativa è la cucina, che permette di far uscire i ricordi, di condividere le emozioni, di ritornare alle proprie origini. All’inizio giravamo per i ristoranti per offrire e far conoscere i nostri piatti etnici: Molfetta, Barletta, Canosa di Puglia. Giravamo la Puglia e portavamo la nostra cucina e le nostre contaminazioni. Un percorso di inclusione sociale e lavorativa che coinvolgeva 26 persone di 16 nazionalità diverse. E’ stata una cucina itinerante per sette anni, finché attraverso il bando Urbis del Comune di Bari non abbiamo trovato sede presso i locali dell’Istituto Redentore dei Salesiani di Bari» prosegue Ana Estrela.
«Ogni anno, da quando è nato il progetto, organizziamo “Monica dal Maso”, un corso gratuito sulla ristorazione destinato a donne rifugiate e migranti per favorire il loro inserimento lavorativo. Dopo il corso cerchiamo dei percorsi lavorativi per loro. Alcuni sono diventati imprenditori ed hanno perso il loro locale, altri sono dipendenti sempre nel settore della ristorazione».
Ana Estrela condivide la sua avventura con la figlia. «E’ bello vedere di nuovo la famiglia riunita intorno alla tavola nel segno della cucina, come quando ero piccola e vivevo in Brasile. E’ un po’ come ripartire dalla mia storia. Cucinare per ognuno di noi è un modo per vivere meglio, per ritrovare la forza utile a costruire il nostro presente».
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