Ha toccato il suolo siciliano alle 23.30 circa di lunedì 13 dicembre la famiglia afghana di Shapoor Safari, il cuoco di Moltivolti, anima pulsante di questo ristorante e impresa sociale che sorge a pochi passi dal mercato di Ballarò, nel cuore del centro storico di Palermo.
Grazie a un’azione di crowdfunding lanciata a ottobre, in soli 10 giorni si sono raccolti oltre 10mila euro, utilizzati per sostenere le spese di viaggio e quant’altro serviva per portare a Palermo le dieci persone, tra cui sei donne e due bambini, salvandole dall’inferno afghano. Un’attesa che sembrava non avere mai fine, sia per essere dovuti rimanere per lungo tempo nella capitale pakistana, a Islamabad, in attesa dei visti per raggiungere il nostro paese, ma anche perché Shapoor non vedeva i suoi cari da ben 25 anni. Inevitabile che l'arrivo sia stato caricato di un’emozione condivisa da tutti.
«Una gioia immensa – ha affermato visibilmente commosso il cuoco afghano -. È stata dura, ma ce l'abbiamo fatta grazie all'aiuto di tante persone che mi sono state accanto e sono riuscite a far arrivare qui le mie sorelle, i miei nipoti e i miei nipotini».
Tra i primi a dare il benvenuto alla famiglia, all’aeroporto “Falcone Borsellino”di Punta Raisi, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il cui ruolo è stato determinante nel facilitare i contatti con l'Ambasciatore italiano in Pakistan, aiutando la famiglia a varcare il confine con l'Afghanistan e ottenendo tutta la documentazione necessaria per il viaggio.
«Da oggi altri dieci afghani saranno dieci Palermitani perché questa città li accoglie – ha commentato il primo cittadino – .L'accoglienza non è soltanto aspettare che qualcuno arrivi, ma anche fare in modo che qualcuno si possa mettere in salvo rispetto alla morte, alla tortura e alla violenza. Questa sera Palermo, che si conferma città dell'accoglienza, è come una nave nel Mediterraneo che salva un naufrago. Questa è una famiglia di naufraghi arrivati dal cielo, in aereo, e Palermo è pronta ad accoglierli».
Tra coloro che erano in fibrillazione per l'attesa anche Feroz, un cugino di Shapoor arrivato da Francoforte per riabbracciare la moglie Waheda che non vedeva da cinque anni. Era riuscito a trasferirsi in Germania qualche anno fa e trovare lavoro in una friggitoria, ma ha sempre coltivato il sogno di poter andare a vivere con la moglie a Francoforte.
Un momento come non pochi, quello che si è vissuto lunedì sera a Palermo, anche perché parliamo di una storia che ha avuto un esito felice. Cosa che non sempre accade a tanti cittadini afghani in cerca di riparo in altri Paesi europei. Ognuno di loro, infatti, ha più volte assistito al cambiamento del proprio paese e, di conseguenza, della sua vita, passando per l'orrore della guerra. Nei loro occhi, però, leggi sempre una grande dignità e nessuna sete di vendetta; solo la voglia di ottenere giustizia attraverso un lavoro e la serenità di una famiglia unita.
La storia di Shapoor ne è la dimostrazione. In quanti avrebbero resistito 25 anni, senza mai disperare, credendo che prima o poi si sarebbero ricongiunti?
Storie, quindi, di grande amore e perseveranza, come quella di una giovane donna che ha studiato per diventare ostetrica. Ha fatto nascere molti bambini in un ospedale ma, da quando i talebani hanno ripreso il potere, le è stato vietato di lavorare.
La sorella maggiore di Shapoor, poi, per tanti anni è stata addetta alle pulizie negli uffici della Banca Centrale dell'Afghanistan, riuscendo così a dare stabilità economica alla sua famiglia.
Insieme alla famiglia di Shapoor, è arrivato anche un giovane giornalista e blogger, che nel corso degli anni ha più volte denunciato, attraverso il network d'informazione indipendente che aveva fondato, casi di storture e corruzione del suo paese. Più volte è stato minacciato dai talebani e ha dovuto trascorrere lunghi mesi nascosto, prima di avvicinarsi al confine pakistano e riuscire a fuggire.
A sbarcare sono stati anche due bambini piccoli con le loro mamme, accolti con regali e abbracci in aeroporto. Sul loro volto nessuna traccia di stanchezza o tristezza, solo un grande sorriso e tutto l'entusiasmo e la gioia, tipica dei bambini per le nuove avventure.
«Siamo felici di poter raccontare le storie di queste donne, di questi bambini, di questi giovani uomini che per una volta arrivano nel nostro paese e non vengono trattati come numeri, ma come persone – commenta Claudio Arestivo, socio fondatore di Moltivolti -. Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta».
Fondamentale per la riuscita di tutte le operazioni è stato anche il contributo di REACT, associazione no profit inglese fondata da Giovanna Stopponi, che dal 2007 si occupa di rifugiati.
«Siamo sollevati dal fatto di essere riusciti ad aiutare questa famiglia – racconta la Stopponi -, ma non dimentichiamo tutti gli uomini, le donne e i bambini che dovrebbero essere accolti in maniera sicura e legale, quando ciò si renda necessario, e che purtroppo ora non lo sono. Il nostro lavoro dimostra che è possibile riuscirci quando esiste un forte sforzo dal basso, una volontà politica e un connubio tra le realtà sociali. Durante questo percorso, da Kabul al confine pakistano, ci sono state diverse criticità e notevoli rischi per l’incolumità di queste persone, soprattutto all’arrivo in Pakistan per l’ottenimento dei visti necessari per lasciare il paese».
Purtroppo, prima che la famiglia possa andare alla scoperta di questo mondo nuovo, dovranno trascorrere i 10 giorni richiesti dalla quarantena sanitaria obbligatoria. Subito dopo, però, l'attende una grande festa nel cuore di Ballarò, organizzata per loro da Shapoor. Sarà per loro un nuovo inizio, illuminato da una strada da percorrere insieme a tante persone. Forse è stato un caso o forse no che il loro arrivo a Palermo sia avvenuto il 13 dicembre, giorno in cui si rende omaggio a Santa Lucia ritenuta dai devoti la protettrice degli occhi e la santa patrona della vista. Un augurio per una nuova luce, un nuovo modo di guardare al futuro.
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