In una lettera indirizzata al Ministero della Salute Roberto Speranza, alle Regioni e alla Fnomceo, un gruppo di 100mila medici ha chiesto alcune azioni prioritarie per non vanificare il lavoro fatto fino a ora nel contenimento dell’emergenza Coronavirus. Tra i primi punti emerge la richiesta di rafforzare il territorio “vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 marzo definite USCA, di essere attivate immediatamente in tutte le Regioni”.
Fondazione ANT, che con il suo fondatore l’oncologo Franco Pannuti è stata tra i pionieri dell’assistenza sanitaria domiciliare in Italia, anche in queste settimane è sempre stata in prima fila, nell’ottica di essere al fianco del SSN, quale presidio sul territorio, per portare cure mediche e specialistiche direttamente a casa di 3000 pazienti malati di tumore ogni giorno, non solo tutelandoli da eventuali contagi ma soprattutto evitando che nuovi ricoveri aggravassero ulteriormente il carico degli ospedali.
«Da quando è cominciata l’emergenza Covid-19 abbiamo proseguito come sempre il nostro lavoro di assistenza domiciliare portando gratuitamente a casa dei nostri pazienti trasfusioni, inserimenti PICC o Midline, paracentesi, medicazioni, terapia del dolore, consulenze psicologiche», spiega la presidente ANT, Raffaella Pannuti
«Quello che sta cambiando sensibilmente è il numero di assistenze che stiamo prendendo in carico: sono sempre di più le persone che si rivolgono a noi», aggiunge, «se fino a qualche settimana fa eravamo concentrati più sulle cure palliative, ora ci arrivano molte più richieste anche in una fase precoce di malattia, da pazienti che stanno facendo chemio o radio terapie e che hanno bisogno di cure di supporto. Se dal triage telefonico preliminare non si evidenziano elementi che possano ipotizzare di trovarci in presenza di casi sospetti Covid-19, i nostri medici e infermieri – dotati di tutti i dispositivi di protezione individuale necessari a proteggere gli Assistiti e se stessi – prendono in carico i pazienti e pianificano e concordano con loro la prima visita a domicilio. In questo modo offriamo un aiuto importante agli ospedali e ai reparti di Oncologia».
Fino a questo momento infatti, in presenza di positività accertata da tampone, l’assistenza ai pazienti oncologici seguiti da Ant proseguiva “a distanza” attraverso consulenze telefoniche
Sul territorio di Brescia, particolarmente colpito dall’epidemia, ANT risposto prontamente all’appello della Regione Lombardia che, via delibera regionale, ha chiesto di offrire il proprio intervento al domicilio di pazienti affetti da Coronavirus con necessità assistenziali complesse, ovvero con comorbilità di patologie croniche in fase avanzata. «I medici e gli infermieri ANT dell'équipe di Brescia non si sono tirati indietro e con coraggio stanno affrontando questo momento di massimo sforzo ed emergenza collettiva. Alcuni stanno pensando di lasciare le loro case e andare a vivere momentaneamente in alcune strutture alberghiere messe a disposizione dall'azienda sanitaria, isolati dalle loro famiglie», sottolinea Pannuti..
Nello stesso tempo a Bologna e provincia «non solo stiamo continuando ad assistere i nostri pazienti regolarmente, che sono oltre 1.300 ogni giorno, ma siamo pronti per intervenire anche nel caso qualcuno di loro fosse trovato Covid positivo», chiarisce la presidente. Per questo tipo di paziente sarà attivata assistenza e supporto telefonico e, ove necessario, visite a domicilio grazie a una mini-équipe composta da due medici e due infermieri opportunamente dotati di tutti i DPI necessari.
«Prima di diffondere la notizia dell’équipe Covid ANT a Bologna l’abbiamo girata alla Regione Emilia-Romagna, ricevendo purtroppo un’accoglienza tiepida», continua Pannuti, «Il Terzo Settore reagisce con maggiore velocità e anticipa le soluzioni, mirando a rispondere in maniera tempestiva ai bisogni urgenti della popolazione».
«Ci auguriamo», conlcude, «che a livello nazionale possa esserci migliore accoglienza e condivisione delle opportunità offerte dal privato sociale e che tali soluzioni possano essere messe a sistema senza escludere il Terzo Settore, sempre nell’ottica di una miglior tutela della salute delle fasce più deboli della popolazione».
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