Luigi Cancrini

Andiamo a cercare gli adolescenti, o la marginalità sarà il loro destino

di Luigi Alfonso

Lo psicoterapeuta parla dell'episodio della dodicenne sfregiata dall'ex fidanzatino a Napoli e del disagio giovanile che va crescendo. Dobbiamo davvero rassegnarci a pensare che molti dei nostri adolescenti siano destinati all’emarginazione o alla malavita? Esistono gli esempi di Barcellona, Palermo e Cagliari, tra i tanti, che restituiscono la speranza

L’episodio di Napoli, che ha visto per protagonisti due minori (lui 16enne che ha sfregiato con un coltello il volto della sua fidanzatina 12enne perché non accettava la fine della relazione sentimentale), continua a far discutere. Ci è tornato ieri, con un post che sa più di riflessione profonda che di commento, Luigi Cancrini, illustre psichiatra e psicoterapeuta che presiede il Centro studi di terapia familiare e relazionale di Roma. Scrive sul suo profilo, facendo riferimento all’articolo pubblicato da un quotidiano nazionale: «C’è una ragazzina (bambina, secondo i telegiornali Rai) che sfreccia da sola su uno scooter. Incontra il fidanzatino che ne ha 16, ci litiga, viene accoltellata quando gli dice che lo vuole lasciare. La famiglia è una famiglia di gente per bene, commenta il giornalista, non è legata ad ambienti della criminalità. La famiglia semplicemente non c’è, penso io, se ad 11 anni ci si può “fidanzare” e a 12 si può “sfrecciare su uno scooter”».

Professor Cancrini, facciamo una premessa. Si tratta di violenza di genere o disagio giovanile? La vittima è solo la ragazza o, in qualche modo, anche lui?

Sicuramente tutti e due sono vittime di un clima e di una situazione difficile, di mancanza di regole, famiglie e figure autorevoli, di sostegni. Questo è quello che emerge dal quadro che è stato fatto sui giornali. L’importante è non cadere nel tranello della generalizzazione: non dobbiamo puntare l’indice genericamente sui giovani, su una intera generazione, e neppure su tutti i nostri paesi e città. Chi soffre maggiormente sono le periferie delle grandi città dove mancano strutture e strumenti educativi. Per dire, le città di provincia soffrono meno di questi episodi. Non accade in qualunque luogo sociale. Purtroppo, c’è una percentuale importante di ragazzi che sono destinati all’emarginazione o alla malavita. A Palermo ci rendemmo conto, tempo fa, che le organizzazioni criminali tengono sotto controllo questa situazione, perché lì nasce la manovalanza del domani. Occorre fare una mappatura di queste situazioni per sapere dove intervenire.

Da anni si parla tanto della mancanza di interventi strutturali a monte. Lei propone alcune soluzioni.

Qualcosa di più strutturale a monte manca in alcune zone, non dappertutto. Mi colpisce tanto che, spesso, certi politici e anche alcuni giornalisti tendano a generalizzare. Invece esistono zone del nostro Paese in cui il rischio di emarginazione e di delinquenza è molto più alto rispetto ad altre aree. Dobbiamo riuscire a concentrare i nostri sforzi lì. Non dobbiamo dare genericamente aiuti a tutti, ma soltanto a chi ne ha davvero bisogno: sono le zone in cui i servizi sociali sono più deboli, dove l’associazionismo sportivo è quasi inesistente. Sono luoghi in cui esiste una modalità suburbana di vita.

Sono concetti che lei esprime da anni.

Nel 1990, in occasione delle Olimpiadi di Barcellona, la Generalitat de Catalunya (l'equivalente di una delle nostre Regioni, ndr) varò un grande progetto di valorizzazione delle Ramblas, dove si concentravano la delinquenza e lo spaccio di droga. Insomma, era un’area molto degradata. È stato fatto un intervento straordinario che oggi pone le Ramblas al centro dei percorsi turistici. Bisogna investire idee e risorse, se si vogliono superare certe problematiche. A Palermo, per esempio, tanti anni fa riuscimmo a riportare a scuola tutti i bambini che evadevano l’obbligo all’interno di un progetto voluto dal sindaco Leoluca Orlando e sostenuto fra gli altri dal Ministero della Pubblica istruzione, guidato allora da Sergio Mattarella. Andavamo di casa in casa. Un intervento a tappeto. Furono messi in campo un esercito di 150 persone, con varie competenze, e anche le necessarie risorse. Faccio un terzo esempio, l’Exmè di Cagliari, gestito dalla Fondazione Domus de Luna: si contattano le persone o le famiglie, comprese quelle che non chiedono aiuto, e si offrono loro i servizi necessari. Intercettare il malessere e intervenire di conseguenze, per non disperdere energie.

Nel suo post di oggi, lei scrive anche: “Capiremo un giorno che esistono luoghi, periferie, soprattutto nelle grandi città, in cui questo tipo di situazioni è terribilmente comune? Capiremo un giorno che per salvare questi bambini e le loro famiglie servono piccoli eserciti di psicologi in grado di fare psicoterapia e di assistenti sociali capaci di muoversi nelle comunità, di educatori e di volontari in grado di proporre delle alternative a chi non trova spazi né occasioni per vivere la sua infanzia e la sua preadolescenza in un modo normale?”.

Dietro ai bambini che sfrecciano sugli scooter la notte ed agli adolescenti che usano i coltelli ci sono famiglie disorientate e confuse. Di questi bambini, ragazzi e famiglie bisognerebbe occuparsi prima che si verifichino i delitti e gli incidenti. Offrendo occasioni di vita a chi ne ha troppo poche.

Si è abbassata ancora l’età dei minori che si avvicinano alle droghe e all’alcol.

Il Covid ha determinato tante situazioni complesse e registrato l’insorgenza di tanti problemi. C’è stato sicuramente un aumento del disagio. E in molti minori è cresciuto il desiderio di fare ricorso a sostanze psicotrope.

La depenalizzazione della cannabis è davvero un rimedio efficace?

Credo che sia un modo intelligente per togliere il mercato della cannabis dalle mani della malavita. Ancora oggi è una delle maggiori fonti di reddito della criminalità organizzata. C’è poi da dire che non tutta la cannabis ha le stesse proprietà psicotrope, dipende dai Paesi da cui arriva. D’altronde, oggi un ragazzino di 13 anni che ha dieci euro in tasca e vuole di queste droghe leggere, si reca in uno dei quartieri di spaccio e le trova facilmente. Torniamo a quanto dicevamo prima: è fondamentale che, a monte, la famiglia e la scuola tutelino questi ragazzi. Perché se è vero che la maggior parte di coloro che si fanno le canne non diventa dipendente dalle droghe, è pur vero che nei gruppi che frequentano spesso si fa uso anche di droghe pesanti. E, in quei casi, il rischio è enorme. Il problema è l’uso che si fa di uno strumento. Nelle strade si registrano molti incidenti mortali, ma la colpa solitamente non è attribuibile alle auto o alle condizioni stradali, bensì alla modalità di guida. Insomma, la differenza come sempre la fa la capacità del singolo di muoversi attraverso questi pericoli, che io definisco “il destino dell’incontro”. Lo Stato deve aiutare i più deboli.

Si discute tanto anche dello Ius Scholae, nuovo argomento che divide.

Se vogliamo aiutare l’integrazione di tanti giovani che frequentano le scuole nel nostro Paese, dobbiamo riconoscere loro il diritto alla cittadinanza. È un elemento che ritengo fondamentale. Eppure, molti politici (per fortuna non tutti) non si rendono conto di questo. Anzi, sostengono che è un modo per regalare la cittadinanza facile. A me invece sembra che il pregiudizio e la malattia mentale si assomiglino molto tra di loro.

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