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Licia Troisi

Altro che asteroidi: la più grande minaccia all’umanità siamo noi stessi

di Veronica Rossi

Licia Troisi con un vestito smanicato nero con decorazioni attorno alla scollatura. Ha i capelli neri e corti e sorride. Dietro una libreria in penombra
La scrittrice e astrofisica nel suo libro "Astrofisica per ansiosi" racconta diverse possibili catastrofi che potrebbero colpire la Terra, analizzandone le probabilità. Alla fine, la più grande minaccia alla sopravvivenza dell'essere umano non sono meteoriti o raggi cosmici, ma il cambiamento climatico che noi stessi stiamo provocando

Chi ha paura che il cielo gli cada sulla testa? Fin dai tempi antichi, l’essere umano ha profetizzato e temuto catastrofi che ponessero fine alla vita sulla Terra. La scienza, oggi, ci permette di analizzare le varie ipotesi riguardanti la fine del mondo, calcolandone la probabilità. Ed è proprio una carrellata di eventi catastrofici quella che Licia Troisi, scrittrice e astrofisica, ospite questo sabato alla rassegna letteraria Scrittorincittà di Cuneo, ha fatto nel suo libro Astrofisica per ansiosi (Rizzoli), spiegando in parole semplici ma con rigore scientifico perché, in realtà, non dobbiamo averne troppa paura. Arrivando a scoprire, alla fine, che la più concreta minaccia alla nostra sopravvivenza siamo proprio noi stessi.

Troisi, da dove le è venuta l’idea di scrivere questo libro?

Sostanzialmente da due elementi. Da un lato dal fatto che sono ansiosa e volevo mettere per una volta a frutto questa caratteristica, invece di arrovellarmici. In secondo luogo, mi è capitato spesso che le persone mi chiedessero informazioni su quanto fossero pericolosi determinati fenomeni legati all’universo, in genere per quanto riguarda gli asteroidi, argomento che arriva più facilmente sui media generalisti e quindi anche a un pubblico non specialistico. L’idea, in realtà, mi è venuta svariati anni fa – credo fosse il 2016 o il 2017 –, quando feci un incontro assieme a Chiara Valerio e a Sara Savaglio, un’altra astrofisica, e a un certo punto finimmo a parlare di catastrofi cosmiche. Io feci una battuta e dissi: “«Sembra un po’ “astrofisica per ansiosi”». Evidentemente questa cosa ha un po’ sedimentato dentro di me e alla fine è venuto fuori questo libro.

Il libro passa in rassegna moltissime possibili catastrofi, dimostrando che si tratta quasi sempre di possibilità remote o molto distanti nel tempo.

In realtà ci sono anche una serie di fenomeni che sono più vicini e dei quali ci dovremmo preoccupare e ci stiamo preoccupando. C’è uno studio recente che dice che se ci fosse un asteroide pericoloso troppo poco distante per poterlo deviare con una tecnica che abbiamo provato e che funziona, potremmo comunque distruggerlo e ridurlo in pezzettini molto più piccoli e meno dannosi. Si sta facendo tutto il possibile, si sta immaginando contromisure in caso di tempeste solari particolarmente forti – per esempio in questo periodo ci stiamo avvicinando a un periodo di massima attività solare –, quindi diciamo che esistono anche problemi di cui dobbiamo tener conto ma rispetto ai quali stiamo trovando delle soluzioni efficaci.

Quello che ci dovrebbe preoccupare veramente, invece, è il cambiamento climatico provocato dall’uomo.

Il cambiamento climatico oramai è sotto gli occhi di tutti, ma paradossalmente sembra preoccuparci un po’ poco, soprattutto a livello politico, mentre vedo un giusto interesse da parte della popolazione, che comincia a essere in allarme per l’aumento della frequenza degli eventi climatici estremi. I politici, nonostante il giusto grado di preoccupazione della gente, non stanno facendo a sufficienza per affrontare il problema.

A questo proposito, a luglio Jim Skea, neopresidente dell’Intergovernamental panel on climate change – Ipcc, ha dichiarato che già nel 2030 avremo temperature più alte di 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale.

Esatto. Sembra niente, ma un aumento di mezzo grado ulteriore rispetto a questa cifra può portare a conseguenze molto più difficili da affrontare. Sarebbe molto importante riuscire a limitare il riscaldamento entro gli 1,5 gradi, ma c’è una grande inerzia. Va detto: stiamo votando delle persone che non hanno così tanto a cuore questo problema. In alcuni Paesi c’è una maggiore attenzione, ma noi italiani non consideriamo nemmeno il cambiamento climatico al momento del voto. Scegliamo chi ci governa sulla base di altri argomenti.

I politici, nonostante il giusto grado di preoccupazione della gente, non stanno facendo a sufficienza per affrontare il problema.

Licia Troisi

Le mette in luce anche conseguenze meno ovvie del cambiamento climatico, come il diffondersi di nuovi virus, che abbiamo visto in maniera drammatica durante l’epidemia di Covid-19.

Si tratta di fenomeni che hanno a che fare con il cambiamento climatico, quindi con lo spostamento delle varie specie animali che spesso entrano in contatto più facilmente con l’essere umano. Questo facilita il famoso spillover, cioè la possibilità che determinate malattie possano passare all’essere umano e adattarsi a esso, com’è successo col Covid-19. Anche senza andare sull’effetto serra, poi, la presenza di particolato all’interno delle città è un grosso problema, perché aumenta l’incidenza delle malattie polmonari. Ci sono un sacco di conseguenze del cambiamento del clima: la Terra è un sistema complesso, andando a toccare un singolo elemento si causa tutta una serie di problemi in altri ambiti.

La Terra è un sistema complesso, andando a toccare un singolo elemento si causa tutta una serie di problemi in altri ambiti.

Licia Troisi

Però la vita, come afferma lei, è tenace.

Ci sono tantissime specie animali che si stanno adattando e che hanno la possibilità di adattarsi. Siamo noi umani a dover stare attenti, perché non abbiamo una capacità così immediata di adeguarci. La variabilità genetica degli esseri umani sta calando, il che implica una risposta evolutiva al cambiamento climatico ancora meno efficace. Il problema fondamentale, quindi, è che noi stiamo facendo male a noi stessi e nel processo stiamo facendo danno anche alle specie animali e vegetali che non sono in grado di adattarsi. L’evoluzione che siamo riusciti a portare avanti, dal punto di vista culturale e tecnologico, è anche dovuta al fatto che abbiamo vissuto un periodo di grande stabilità climatica e di temperature favorevoli.

Però, a differenza dei pericoli cosmici, quelli derivati dal cambiamento climatico dipendono da noi e quindi – come afferma nel suo libro – possiamo fare qualcosa per migliorare la situazione.

Ci sono delle soglie che sono state superate e situazioni che, ormai continuerebbero ad aggravarsi anche se diminuissimo drasticamente le emissioni. Ma ci sono tante soglie di questo genere che non sono state ancora superate; possiamo ancora fare molto e, nella peggiore delle ipotesi, ci sono comunque opere di mitigazione che si possono mettere in campo. Ho letto recentemente un libro di Vito Mancuso, Fitopolis, la città vivente (Edizioni Laterza, ndr), che racconta come dovremmo modificare le città a causa del cambiamento climatico e propone delle soluzioni, come aumentare la presenza delle piante all’interno dei centri abitati che, a causa dell’aumento delle temperature, stanno diventando sempre più invivibili; ci sono molti abitanti, molto cemento e pochi alberi, così si creano le cosiddette “isole di calore”. Io, per esempio, abito in una cittadina a una trentina di chilometri da Roma: di giorno ci sono quattro gradi in meno rispetto alla capitale e di notte anche sei. È giunto il momento delle soluzioni drastiche: quelle a lungo termine le potevamo mettere in atto negli anni ‘70, quando per la prima volta è stato ben chiaro cosa stava succedendo e sono state fatte delle previsioni che si sono rivelate accurate, talvolta ottimistiche. All’epoca non si è fatto niente perché si pensava di avere tempo. E ora ci troviamo in questa situazione.

Se dovesse esprimere un’opinione personale, si definirebbe ottimista o pessimista sul futuro?

Io sono ottimista sulla capacità dell’essere umano di trovare una soluzione immediata a un problema immediato, perché l’abbiamo già dimostrato in passato. Durante la pandemia siamo riusciti a limitare il numero di morti – che è stato comunque spaventoso –, abbiamo trovato rapidamente delle contromisure, abbiamo sviluppato un vaccino in un anno e, nell’anno successivo, l’abbiamo somministrato alla maggioranza della popolazione occidentale e a grosse percentuali della popolazione in generale. Quando le cose inizieranno ad andare peggio, penso che una soluzione la troveremo, anche perché altrimenti grandissime porzioni della Terra diventeranno inabitabili. Sarebbe meglio riuscire a trovarla prima, però, ma su questo sono più pessimista.

Abbiamo bisogno di soluzioni concrete e urgenti: è questo che dobbiamo far capire questo alle persone.

Licia Troisi

Non si trova spesso qualcuno che sia ottimista parlando ci cambiamento climatico.

Trovo che ci sia un grosso problema di comunicazione sul cambiamento climatico: viene sempre presentato in termini catastrofici. Per carità, è anche giusto, perché la situazione è davvero brutta, però se si esagera il messaggio che passa alla gente è che ormai è finita e che non ci possiamo fare più niente. E, da qui, il ragionamento successivo è «Quanto tempo mi manca? Sei anni? Beh, allora mi compro un mega suv, comincio a consumare energia come se non ci fosse un domani, perché poi ci saranno tempi grami. Nel frattempo me la godo». Un atteggiamento di questo tipo è incredibilmente dannoso. Abbiamo bisogno di soluzioni concrete e urgenti: è questo che dobbiamo far capire alle persone.

Foto in apertura fornita dall’ufficio stampa di Rizzoli


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