Magnifica Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, eletta da poco meno di una settimana, la Professoressa Antonella Polimeni, in attesa di insediarsi, è già al lavoro per definire le priorità del suo mandato.
Un Curriculum, il suo, che vanta una produzione scientifica di oltre 470 pubblicazioni apparse su riviste nazionali e internazionali, così come gli oltre 100 atti congressuali, manuali e monografie.
Autrice di un testo atlante, due manuali e linee guida per conto del Ministero della Salute.
Romana di nascita, di padre calabrese e madre romagnola, è la prima donna a ricoprire la carica più alta dell’ Ateneo più grande d’ Europa.
Per Vita ha risposto su didattica universitaria e sulle prime azioni che metterà in campo da Rettrice de La Sapienza, ma anche su Sanità in Calabria e pari opportunità.
Quale sarà il primo atto da Rettrice all’ indomani del suo insediamento?
«Iniziare una semplificazione che renda più snelli i processi amministrativi sarà il primo atto strategico del mio rettorato. Altra cosa che mi sta particolarmente a cuore, che ha a che fare con il momento di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, sarà poter garantire agli studenti e studentesse fuori sede e a coloro che vivono una condizione di maggiore disagio, di poter usufruire, in sicurezza, degli spazi dell’ Ateneo. Sale lettura, aule e la connessione dell’ Università potranno garantire anche per gli studenti degli anni successivi al primo, una più agevolata fruizione delle lezioni a distanza».
E per restare in tema di emergenza. Numero chiuso per le Facoltà di Medicina e mancanza di medici, cosa non va?
«Il numero chiuso in realtà si deve definire programmato ed è tale in funzione della qualità della formazione. Un medico non si forma soltanto con le lezioni a cattedra ma si misura con un percorso che dal preclinico deve essere poi calato all’ interno delle strutture cliniche: reparti, ambulatori e quanto altro. Quindi il numero programmato è in funzione anche di una formazione che diversamente non potrebbe essere garantita. Non possiamo derogare al principio della qualità nel formare professionisti sanitari se le strutture non sono commisurate al numero dei professionisti uscenti. Altro problema vero è l’ imbuto formativo per le scuole di specializzazione».
La pandemia ha reso evidenti le falle del sistema sanitario e la necessità di una medicina territoriale ovunque smantellata. A nord come al sud. C’è un rapporto anche con le attività formative?
«Anche nei percorsi formativi il tema della medicina del territorio è un tema importante e che va implementato. È chiaro che il problema è un po’ più a monte, perché la ricostruzione della medicina del territorio è una sfida che questa pandemia ha reso assolutamente urgentissima. E più che una sfida è un obiettivo ormai ineludibile».
Sanità in Calabria, da dove ripartire?
«Il tema per la Calabria non è solo la Sanità. Ma è consentire alla regione di avere finalmente delle infrastrutture insieme un tessuto sanitario al servizio dei cittadini calabresi, così come deve essere e come costituzionalmente garantito. Questo vale per tutto e anche per la formazione che ha visto emigrare intere generazioni. Tutta la filiera deve essere ricostruita: dalla formazione al tessuto produttivo, per evitare la desertificazione di capitale umano che la Calabria, da secoli, subisce. Serve una sorta di risveglio del popolo calabrese e una richiesta forte di azioni significative per sostenere questa magnifica regione».
Lei ha dichiarato ad ADNKronos, che un punto importante del suo programma è la parità di genere. Voglio mettere in campo – ha detto – il 'fattore D', ovvero lavorare per l'inclusione di una leadership femminile.
«Le donne devono avere pari opportunità per pari capacità: il curricula, l’esperienza, il valore. Le donne devono poter dare il loro contributo ai massimi livelli. Il valore D è il valore della capacità del femminile di lavorare in squadra, di essere inclusive, capaci di condividere un metodo e gli obiettivi. Non è un caso che spesso, nel momento di crisi, le gestioni femminili siano quelle vincenti. Spero che questa mia elezione sia un segnale per le più giovani: devono sapere che ce la possono fare».
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