Matías Lescano

Abbiamo cambiato Buenos Aires. Grazie ai rifiuti

di Paolo Manzo

Abbiamo intervistato Matías Lescano, che guida la cooperativa sociale El Ceibo di Buenos Aires, nata durante l'epoca dell'iperinflazione del 1989 in Argentina grazie a sua mamma, Cristina Lescano, una delle prime raccoglitrici di spazzatura del paese sudamericano. Cris, come la chiama amorevolmente Matías, girava per la capitale alla ricerca di cartone e giornali usati da riciclare e, con i pochi soldi guadagnati, dare da mangiare ai suoi figli. Oggi la cooperativa impiega circa 300 persone ed è un modello della cosiddetta economia circolare

Si chiama El Ceibo ed è la più antica cooperativa di Buenos Aires, un punto di riferimento per il riciclaggio dei rifiuti da 35 anni nella capitale dell’Argentina, nata durante uno dei tanti periodi tremendi per i poveri, quello dell’iperinflazione del 1989.

All’epoca Cristina Lescano, girava per la città alla ricerca di rifiuti da vendere per racimolare pochi pesos e sfamare i suoi figli. Oggi la cooperativa da lei fondata è diventata un simbolo dell’economia circolare di Buenos Aires e anche se la guida suo figlio Matías Lescano, uno dei figli di Cristina che è mancata due anni fa. Vita lo ha raggiunto nella capitale argentina per farsi raccontare la sua storia.

Come è venuta l’idea a sua mamma?

Era il 1989, l’Argentina viveva una pessima situazione economica con un’inflazione che superava il 1000%. Cris (come Matiás chiama la mamma) e il suo compagno erano costretti a raccogliere rifiuti riciclabili per potere sopravvivere. 35 anni fa si raccoglievano soprattutto cartone e giornali ma presto si accorsero che tutti i ‘catadores‘ (si chiamano così in Argentina i raccoglitori di rifiuti) avevano lo stesso problema, ovvero che quando andavano a vendere qualche chilo, chi lo comprava abusa del potere che aveva. 

Puô spiegare meglio questo problema ai nostri lettori?

Il prezzo si abbassava perché avendo Cris e tutti i suoi vicini un gran bisogno di denaro, chi comprava da loro abusava della sua posizione dominante. Così mia mamma ha deciso di riunirsi con altre persone che vivevano nelle case occupate e iniziare a raccogliere tutto il materiale per averne di più e venderlo contrattando il prezzo. Poi i soldi venivano divisi, a seconda di quanto ciascuno aveva apportato. Non è la stessa cosa offrire una tonnellata o 10 chili, insomma.

Ma negli anni ’90 c’era anche un problema serio: era vietato toccare la spazzatura che era come se fosse una proprietà privata

In che senso era vietato?

Era illegale toccare tutto ciò che usciva dalla casa delle persone, compresa la spazzatura, che era come se fosse una proprietà privata. All’epoca era la polizia che doveva prenderla, se erano altri facevano multe.  Allora a mia mamma venne in mente di spiegare la cosa ai vicinidi quartiere, che hanno iniziato a darle direttamente in mano tutto ciò che era riciclabile. In questo modo Cris ha evitato il problema con la polizia. Non stavano toccando i rifiuti di nessuno, i vicini li stavano regalando direttamente a loro, li donavano perché potessero lavorare. Questo fu l’inizio di quella che oggi conosciamo come la cooperativa El Ceibo.

Da allora la cooperativa si è sviluppata molto.

Sì, cominciò la promozione ambientale con i bambini del quartiere fino a quando iniziammo a lavorare con la città. Fu grazie ad una legge, la 992 del 2002 che ha inserito chi raccoglie i rifiuti riciclabili (cartoneros) nella raccolta differenziata del servizio di igiene urbana della capitale. E da allora sono successe abbastanza cose da scrivere un libro, molte belle. 

Ce ne elenchi qualcuna.

Innanzitutto il sensibilizzare i vicini che consegnano il materiale direttamente ai cartoneros de El Ceibo in modo che non debbano più rovistare tra i rifiuti. Poi abbiamo formato tanti nostri vicini affinché ci consegnassero il materiale. Oggi, per fortuna, tutto ciò che Cris ha fatto con i suoi compagni e compagne che l’hanno accompagnata in tutti questi anni rimane. Lavoriamo con loro in città e abbiamo camion con la logistica che vanno a recuperare i rifiuti urbani nei diversi quartieri della città. E poi li portano qui all’impianto. Inoltre, abbiamo un’uniforme e molti diritti che all’inizio non avevamo.

Di fatto il sistema è simile a quello ideato da mia mamma, ma lo stiamo professionalizzando sempre di più.

Inoltre, la cooperativa dispone di gruppi di promotori ambientali, che spiegano agli abitanti di Buenos Aires, al telefono o presso i punti di raccolta. cosa si deve mettere nei sacchetti per il riciclaggio. E questo facilita la differenziazione.

Fate un lavoro che in Europa è svolto dallo Stato. 

Sì e lo facciamo in collaborazione con altre cooperative. Molti cartoneros che erano disorganizzati hanno iniziato a unirsi per zone di lavoro nella capitale e sono nate diverse altre cooperative.

Una volta organizzate, hanno iniziato a lottare con l’amministrazione di Buenos Aires affinché venissero riconosciuti come lavoratori per il servizio di raccolta dei rifiuti che svolgevano in città.

È stato un grande passo avanti per la società, perché prima non si faceva nulla in termini né di rifiuti né di tutela dell’ambiente. 

Quanti siete oggi a lavorare a El Ceibo? 

Circa 300. Una parte fa parte del sistema formale del governo cittadino e l’altra parte è costituita da lavoratori che sono fuori dal sistema pubblico perché il governo non ha trovato posti per loro a sufficienza.

Fate anche artigianato con i materiali riciclati? 

È un’altra cosa che venne in mente a mia mamma durante la crisi. Non solo per usare i materiali che i vicini ci danno, ma anche per trovare un altro significato al lavoro che facciamo. Con alcuni dei materiali raccolti produciamo diversi oggetti di artigianato, vasi, fioriere, candelabri, copertine di quaderni. Quando qualcuno arriva qui, la prima cosa che lo sorprende è la quantità di riciclo. La seconda è il laboratorio, perché è come vedere il lavoro di riciclaggio in un modo diverso, creativo e socialmente utile.

Anche chi lavora nel laboratorio è membro della cooperativa?

Sì, naturalmente, ma si dedicano a trovare un valore aggiunto ai materiali che arrivano qui, una sorta di evoluzione, un altro modo di vedere quello che facciamo.

In Argentina ci sono circa 200.000 raccoglitori di rifiuti, un settore in piena crescita anche a causa di una nuova sensibilità ambientale.

Si, anche se quando rovistavamo nei sacchi della spazzatura all’inizio non pensavamo all’ambiente. Soprattutto i fondatori della cooperativa cercavano cibo da dare ai loro figli ma con il tempo, sia Cris che il resto delle cooperative hanno capito che il loro contributo alla cura dell’ambiente in tutto il mondo era molto grande. Per questo abbiamo bisogno dell’aiuto della gente del posto affinché il lavoro di inclusione sociale, come quello che ha portato migliaia di persone a lavorare in questo settore e la cura dell’ambiente possano continuare a crescere.

A Buenos Aires tutti i quartieri oggi hanno delle cooperative come El Ceibo, il cui punto di raccolta è situato nel quartiere Palermo e non a caso la capitale argentina è diventata un punto di riferimento per il riciclaggio a livello globale.

Con l’aggravarsi dell’attuale crisi in Argentina cosa è cambiato per voi?

La quantità di rifiuti prodotti quotidianamente a Buenos Aires è diminuita ma, nonostante il calo dei consumi, la quantità di materiale che arriva a El Ceibo è aumentata. Questo grazie al legame con gli abitanti dei quartieri e al passaparola che spinge sempre più persone a riciclare. Ogni mese, 350 tonnellate di rifiuti passano da noi grazie al rapporto quotidiano con la gente. Sapere di cosa hanno bisogno in termini di riciclaggio, sapere quanti sacchi stanno differenziando, avere un dialogo costante sia per la formazione che per l’invio dei camion. Credo che siamo riusciti a creare un legame molto forte, ci chiamano, ci chiedono il servizio. È questa la chiave del nostro successo. 

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