Sostenibilità
Stop Bolsonaro per salvare l’Amazzonia
In Brasile si vota domenica e la scelta sarà decisiva per il futuro del pianeta a detta di società civile e ong sentite da Vita.it. Ma anche secondo la rivista scientifica Nature, che ha fatto un endorsement senza precedenti dell'ex sindacalista Lula perché, se dovesse riconfermarsi l'attuale presidente, sarebbe un disastro: "Gli elettori hanno una preziosa opportunità per iniziare a ricostruire ciò che lui ha demolito mentre, se ottiene altri quattro anni, il danno potrebbe essere irreparabile"
di Paolo Manzo
La foresta amazzonica è uno dei beni ambientali più importanti del pianeta ma i brasiliani che andranno alle urne tra tre giorni sono disposti a fare ciò che è necessario per salvarla? La scelta è tra il presidente Jair Bolsonaro, che si ricandida, e Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex sindacalista già a capo del paese del samba tra 2003 e 2010. I sondaggi danno in vantaggio il secondo con un margine che varia tra lo 0,4% e l’8% ma per l’Amazzonia, come ha scritto in un suo editoriale lo scorso 25 di ottobre Nature dando il suo appoggio a Lula, dovesse a sorpresa vincere Bolsonaro sarebbe un disastro.
"Quando il Brasile ha eletto Bolsonaro quattro anni fa, eravamo tra quelli che temevano il peggio”, spiega la rivista scientifica, descrivendo il personaggio. "Populista ed ex capitano dell'esercito, è entrato in carica negando la scienza, minacciando i diritti dei popoli indigeni, promuovendo le armi come soluzione ai problemi di sicurezza e spingendo un approccio all'economia dello sviluppo a tutti i costi. Purtroppo ha mantenuto la sua parola e il suo mandato è stato disastroso per la scienza, l'ambiente, il popolo brasiliano e il mondo".
Il record di Bolsonaro, continua Nature, è "scioccante. Sotto la sua guida, l'ambiente è stato devastato dal ritiro delle protezioni legali e dei diritti dei popoli indigeni. Nella sola Amazzonia, la deforestazione è quasi raddoppiata dal 2018". Per la rivista scientifica "gli ultimi quattro anni del Brasile sono un promemoria di ciò che accade quando coloro che eleggiamo smantellano le istituzioni volte a ridurre la povertà, proteggere la salute pubblica, promuovere la scienza e la conoscenza, salvaguardare l'ambiente e sostenere la giustizia. Gli elettori brasiliani hanno una preziosa opportunità per iniziare a ricostruire ciò che Bolsonaro ha demolito mentre, se ottiene altri quattro anni, il danno potrebbe essere irreparabile".
Un editoriale implacabile e che trova conferma nelle denunce della società civile brasiliana, raccolte da Vita. "Dall'inizio del mandato di Bolsonaro nel 2019, il 73% in più di terra è stata deforestata", denuncia Marcio Astrini, direttore esecutivo dell'Osservatorio climatico di San Paolo. Secondo lui se Bolsonaro vincerà di nuovo, la maggior parte dell'Amazzonia se ne andrà. “Il presidente ha un'agenda pubblica contro contro la protezione delle foreste e contro l'ambiente”, afferma, perché “è un negazionista dei cambiamenti climatici”.
La battaglia politica in corso in Brasile ha dunque enormi implicazioni per la foresta pluviale più grande del mondo. "La deforestazione è aumentata drammaticamente negli ultimi anni", conferma Marcelo Ferronato, biologo di Ecoporé, una ONG con sede a Porto Velho, nello stato della Rondonia. Ferronato voterà Lula ma è "molto preoccupato” da una possibile riconferma del presidente in carica perché Bolsonaro ha messo a tacere il Ministero dell'Ambiente dal lanciare allarmi o parlare pubblicamente dei rischi dello sviluppo produttivo nella foresta. Non bastasse, ha anche tagliato i fondi delle forze dell'ordine, rendendo più difficile il pattugliamento dell'enorme territorio amazzonico. Solo a settembre, l'Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile ha individuato oltre 42.000 incendi amazzonici. “L'Amazzonia è una foresta umida. Non prende fuoco naturalmente. Sono causati dall’uomo”, denuncia Ferronato.
Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, un’agenzia scientifica statunitense, la foresta pluviale amazzonica immagazzina circa 123 miliardi di tonnellate di carbonio, equivalenti a quattro anni di emissioni globali se dovesse essere rilasciata come CO2, che è ciò che accade quando brucia. Lo stoccaggio di carbonio della foresta è il risultato di millenni di estrazione di CO2 per la fotosintesi, ma ci sono prove che parti dell'Amazzonia ora emettono più carbonio di quanto ne assorbano. Ecco perché scienziati e difensori ambientali stanno denunciando che l’azione di Bolsonaro in Amazzonia "è la peggiore possibile", afferma Stela Herschmann della rete di conservazione brasiliana Observatório do Clima. "Alcuni scenari mostrano che l'Amazzonia non sopravviverà ad altri quattro anni di questo disastroso governo e sta a noi brasiliani prendere la decisione migliore".
Non bastasse, più deforestazione significa anche maggiore violenza. Un recente rapporto del Forum brasiliano sulla sicurezza pubblica, in collaborazione con l'Istituto per il clima e la società del Brasile e l'Università dello Stato di Pará, ha dimostrato che nel 2020 l'Amazzonia ha registrato 29,6 omicidi ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 23,9. I tassi più alti corrispondono ai comuni che tagliano più alberi. Anche se il governo federale ha speso 109 milioni di euro per le operazioni in Amazzonia dal 2019, la violenza e i crimini ambientali non sono diminuiti. Secondo una recente indagine di The Intercept, in Amazzonia ci sono 1.269 piste clandestine vicino alle miniere d'oro illegali gestite anche dal più importante gruppo criminale del paese, il Primo Comando della Capitale (PCC). I trafficanti di droga utilizzano infatti i fiumi amazzonici come vie di trasporto della cocaina dalla Colombia al Brasile mentre lo Stato di Amazonas è diventato il principale punto di ingresso per la cocaina e la marijuana peruviane attraverso i fiumi Solimões e Javarí.
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