Mondo
Stop all’uso dei Bambini Soldato
Riflettori puntati alla vigilia del decennale Onu: sono ancora più di 250.000 i minori che prendono parte ai combattimenti in 35 Paesi
di Redazione
Alla vigilia del decennale dell’approvazione del Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati (Optional Protocol on Children in Armed Conflict – OPAC), dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 maggio del 2000, la Coalizione Italiana “Stop all’Uso dei Bambini Soldato!”, coordinata da Save the Children, torna a puntare i riflettori su una serie di problematiche ancora irrisolte.
Il Protocollo, ratificato da 132 Paesi nel mondo inclusa l’Italia, vieta la partecipazione diretta di minori di 18 anni nei conflitti armati e fissa a 18 anni l’età minima per il reclutamento anche da parte dei gruppi armati irregolari oltre che per l’arruolamento obbligatorio da parte delle forze armate governative.
«Eppure, sono ancora più di 250.000 i minori che prendono parte ai combattimenti in 35 Paesi – utilizzati sia dagli eserciti governativi, sia dai gruppi armati irregolari; ben 120.000 solo nel continente africano», afferma Viviana Valastro, Portavoce della Coalizione Italiana. La maggioranza ha dai 15 ai 18 anni, ma alcuni hanno anche soltanto 10 anni e si registra una tendenza sempre più evidente verso un abbassamento dell’età media. Esistono Paesi come ad esempio Afghanistan, Burundi, Ciad, Colombia, Iraq, Nepal, Filippine, Repubblica Democratica del Congo, Sri Lanka, Sudan e Uganda che, pur avendo ratificato il Protocollo, sono tuttora tristemente noti per essere luoghi in cui si registrano alcune tra le più alte percentuali di bambini e bambine soldato.
«Proprio in occasione di questo decennale, la Coalizione Italiana auspica una ratifica quanto più ampia possibile del Protocollo Opzionale nel Mondo, così come promosso dalle Nazioni Unite, ma sollecita anche i Paesi che già l’hanno ratificato, compresa l’Italia ad una sua effettiva e piena applicazione» continua Viviana Valastro.«In particolare, apprezziamo le modifiche della normativa nazionale italiana che hanno elevato a 18 anni l’età minima per l’arruolamento volontario nelle forze armate, anche se rileviamo che, formalmente, la dichiarazione di riserva resa dall’Italia al momento della ratifica del Protocollo Opzionale non è stata ritirata e contiene quindi il riferimento ai 17 anni come età minima per l’arruolamento volontario» conclude Viviana Valastro. Inoltre, come ricordato anche dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nelle Osservazioni Conclusive del giugno 2006 sull’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale, non si è ancora provveduto alla definizione legislativa del concetto di “partecipazione diretta dei minori alle ostilità”, dando quindi adito alla possibilità che i minori di 18 anni possano essere utilizzati dalle forze armate anche se con ruoli e funzioni diverse dal combattimento. Preoccupa anche il fatto che l’insegnamento dell’educazione ai diritti umani e al diritto umanitario continuino a non essere parte integrante dei curricula scolastici, e ciò con particolare riguardo alle scuole militari, nonostante l’espresso richiamo del Comitato Onu a renderlo parte integrante della formazione dei soldati di domani.
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