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Stop alla protezione speciale? Aumenterà l’insicurezza per tutti

Saranno decine e decine di migliaia le persone che, se la cancellazione della "protezione speciale" da paventata ipotesi diventerà realtà, torneranno invisibili. La tragedia di Cutro, secondo Alessandra Sciurba, docente universitaria e coordinatrice della “Clinica Legale Migrazioni e Diritti”, avrebbe dovuto essere un faro per pensare politiche migratorie volte a colpire alle radici il traffico di esseri umani, invece si è rivelata per questo governo l'ennesima strage annunciata e sfruttata demagogicamente

di Gilda Sciortino

«Chiunque si sarebbe aspettato che, all’indomani della strage di Cutro, l’unica necessità e urgenza fosse quella di garantire il soccorso in mare immediato contro i naufragi e l’apertura di canali ingresso realmente percorribili, al fine di evitare ancor prima che le persone siano costrette a mettersi in mare. Si è, invece, usata strumentalmente questa tragedia per emanare un decreto che non colpisce il traffico di esseri umani, ma inasprisce le norme per le persone che sono già in Italia e per quelle che comunque arriveranno, producendo illegalità e insicurezza per tutti e tutte; anche per i cittadini e le cittadine italiane».

È indignata Alessandra Sciurba, professoressa del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo e coordinatrice della “Clinica Legale Migrazioni e Diritti” dello stesso Ateneo, perché la situazione che sta sempre più prendendo corpo non andrà assolutamente incontro al dramma di tutte quelle persone che, come i migranti che hanno perso la vita sulle coste calabresi, fuggono dalla loro terra per cercare di sopravvivere soprattutto alle guerre.

«Tutti gli articoli di questo decreto sono inutili, quindi soltanto demagogici, o dannosi. Parlano di contrasto al traffico di esseri umani – aggiunge la Sciurba – ma invece inaspriscono le pene solo per le persone che vengono prese a bordo e che sono solitamente vittime di tratta esse stesse, costrette a guidare, o normalissimi passeggeri che non avevano la possibilità di pagare questo costosissimo viaggio. Sono comunque pesci piccolissimi della catena, quindi parlare di demagogia è calzante. Non si colpisce così il traffico di esseri umani perché i veri trafficanti, i poteri che muovono il traffico, li dobbiamo andare a cercare all’interno dei governi con cui l’Italia fa accordi e che sono rappresentati dall’attuale ministro dell’Interno libico che ha un passato compromesso, come anche il capo della cosiddetta Guardia Costiera libica, Bija, che la Corte penale internazionale dell’Aja definisce un trafficante di armi, droghe ed esseri umani. Si continua a fare accordi con i trafficanti nei paesi di transito in maniera più o meno indiretta, inasprendo poi le pene per capi espiatori come i presunti scafisti. Abbiamo un paese con carceri piene di decine e decine di ragazzi dalle vite spezzate che hanno subito dei processi simbolici senza le garanzie dovute e su cui c‘è stata questa ipocrita deresponsabilizzazione».

L’unico modo per scongiurare tutto questo sarebbe stato quello di aprire canali di ingressi regolari e sicuri, che non sono quelli previsti da un altro articolo del decreto.

«È vero che si ristabilizzano delle quote di ingresso, ma avviene sempre nel contesto della Bossi Fini, una legge che è fallita perché per esempio prevedeva l’assunzione a distanza delle persone. Niente a che vedere con i canali di ingresso e i corridoi umanitari che vanno immediatamente attivati da paesi come la Libia o la Tunisia, o l'Afghanistan e la Siria, ma anche per tutti gli altri; canali di ingresso realmente praticabili fuori da questo sistema che non ha funzionato e non funziona tuttora. Altro errore è che il decreto assume il peggio delle politiche sull’immigrazione, andate avanti a colpi di decreto sicurezza e di urgenza, senza mai nessuno che si sia seduto attorno a un tavolo con un approccio ragionevole al tema. Si solleva il tema della sicurezza e dell’emergenza in maniera demagogica e strumentale, assumendo il peggio di ciò che è stato elaborato negli ultimi trenta anni, estremizzandolo, come si fa con un altro istituto giuridico che esiste dal ‘98 e che è completamente fallita ossia i Cpr, quelli che prima si chiamavamo Cpt, poi Cie e oggi Centri per il rimpatrio. Un sistema di violazione dei diritti, un ossimoro perché la detenzione che limita la libertà per un reato di tipo amministrativo è oggi una profonda ambiguità giuridica del nostro ordinamento. Se, poi, andiamo a vedere meglio, ci rendiamo conto che le persone che sono state realmente espulse da questi centri rappresentano una percentuale residuale dal momento che, è dimostrato, o si viene espulsi durante la prima settimana o mai più. Milioni di euro investiti, invece che sull’accoglienza e l’integrazione delle persone, sulla costruzione di altri centri di detenzione ».


È difficile capire la ratio di queste norme per arrivare alla più irragionevole di tutte e cioè, lo dicevamo, la riduzione dei criteri, se non la cancellazione della protezione speciale: una decisione deliberata di accrescere l’insicurezza, l’illegalità, la vulnerabilità anche delle persone che sono già sul nostro territorio e che verranno rese ricattabili, fantasmi senza alcun tipo di giustificazione ragionevole.

«Stiamo per vivere quello che è successo nel 2018 con la cancellazione della protezione umanitaria voluta da Matteo Salvini, adducendo ragioni altrettanto ridicole o comunque totalmente insufficienti per andare a toccare un istituto che in realtà attua l’art.10 della nostra Costituzione sul diritto di asilo. Troppo debole come giustificazione era al tempo affermare che il problema è che concediamo troppi status umanitari: quindi meglio eliminarli; come dire che c’è troppa gente che parla, così leviamo loro la liberà di espressione. Nel 2018 successe un disastro, decine di migliaia di persone scivolarono nell’invisibilità, percorsi avviati di neomaggiorenni arrivati come minori soli ai quali erano stati assegnati i tutori, vennero distrutti. Rispondendo anche agli appunti del presidente Mattarella che aveva dovuto firmare suo malgrado il decreto, l'allora ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, nel 2020 introdusse la protezione speciale, eliminata la quale persone che sono sul nostro territorio, perfettamente integrate, con vincoli familiari e sociali solidi, tornerebbe indietro vedendo i loro diritti violati».

Che senso ha cancellare una norma del genere?

«Non ne ha. Persone che hanno diritto di restare, per esempio, non potranno più rinnovare il permesso di soggiorno o convertirlo in un permesso per lavoro perché sono richiesti requisiti che in questo momento di crisi sono lontani dal potere essere ottenuti. Si tornerà, quindi, nella clandestinità e invisibilità. Da giuristi e attivisti per i diritti umasni scenderemo in trincea come nel 2018, coi mezzi pacifici del diritto, provando a salvare anche in terra, oltre che in mare, le persone trasformate in fantasmi. Ci stiamo preparando con sgomento e angoscia a questi ulteriori momenti, consapevoli che sarà peggio di prima perché la situazione attuale rivela una irragionevolezza rispetto agli scopi dichiarati. Se poi gli scopi effettivi sono quelli di creare allarmismo, paura, pericolo, buttando per strada persone che erano integrate e che diventeranno marginalizzate, allora questo governo sta andando nella direzione giusta. Se vuole creare illegalità e insicurezza sociale per tutti, allora è quello che deve continuare a fare. Se, invece, si vuole la sicurezza dei diritti, la convivenza pacifica, la possibilità di combattere lo sfruttamento lavorativo, questo decreto va solo cancellato perché inasprisce la situazione sulla base di motivazioni pretestuose e irrispettose, anche offensive dell’intelligenza di cittadini e cittadine. I tribunali, dopo il 2018, definirono il 2019 “annus horribilis” per il numero di ricorsi presentati da chi si era ritrovato senza più diritti. C'è una società civile che farà tutto quello che può, ma non sono molto ottimista».

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