Appelli

Stop ai finanziamenti pubblici internazionali ai progetti fossili

La società civile italiana si rivolge al Governo affinché si adoperi per l’interruzione dei finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili e a favore di soli investimenti che accompagnino una giusta transizione energetica

di Redazione

A una settimana dall’inizio della COP29 di Baku, in Azerbaigian, ActionAid Italia, Focsiv, Movimento Laudato Si’, ReCommon e WWF Italia – con il sostegno di Both Ends, Counter Balance, Friends of the Earth Stati Uniti, Oil Change International, The Corner House – si rivolgono nuovamente al governo italiano affinché si adoperi per l’interruzione dei finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili e a favore di soli investimenti che accompagnino una giusta transizione energetica. 

L’appello delle organizzazioni della società civile richiama l’Italia al rispetto degli impegni assunti con l’Accordo di Parigi (COP21) e durante le successive Conferenze sul clima, in modo particolare con la Clean Energy Transition Partnership (Cept, anche detta “Dichiarazione di Glasgow”) del 2021 (COP26)1 – che riguarda le istituzioni finanziarie pubbliche – nonché in linea con l’allontanamento dai combustibili fossili sancito dalla COP28 di Dubai2. 

Già lo scorso anno le organizzazioni italiane, affiancate da 29 realtà del Continente africano, avevano rivolto un appello simile al governo3, senza ottenere purtroppo una risposta. 

Come evidenziato dall’International Institute for Sustainable Development (Iisd) nel rapporto Out With the Old, Slow With the New4, i finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili da parte dei firmatari della Dichiarazione di Glasgow sono in calo: nel 2023, i firmatari originari hanno stanziato un totale di 5,2 miliardi di dollari per i combustibili fossili, con una diminuzione tra i 10 e i 15 miliardi di dollari rispetto alla media annuale 2019-2021. 

L’Italia, nonostante i passi avanti compiuti con la diminuzione dei volumi finanziati da Cassa Depositi e Prestiti e Sace (gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) , risulta essere ancora il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il quinto a livello globale, come rivelato dalla pubblicazione Public Enemies: Assessing MDB and G20 international finance institutions’ energy finance5, a cura di Oil Change International e Friends of the Earth Stati Uniti. Con l’auspicio che questo primato europeo sia ceduto quanto prima, il dato è confermato anche da Both ENDS, Counter Balance e Oil Change International nel lavoro congiunto EU ECA fossil fuel phase-out tracker6, che si focalizza sulle agenzie di credito all’esportazione europee, tra cui Sace. 

Questi lavori di rilievo internazionale mostrano che numerosi firmatari della Cept, Paesi storicamente molto attivi nel finanziamento di progetti fossili all’estero, hanno rispettato l’impegno preso alla COP26, implementando politiche efficaci che interessano le rispettive istituzioni finanziarie pubbliche. Tra questi si possono menzionare il Regno Unito, la Francia, il Canada e, anche se con margini di miglioramento, la Germania e la Spagna. 

La riduzione dei finanziamenti internazionali per l’energia fossile, tuttavia, non si è tradotta in un incremento del sostegno finanziario per l’energia pulita. Nel 2023 i firmatari originari della Cept hanno supportato progetti di energia pulita all’estero per un totale di 21,3 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 26 miliardi di dollari del 2022. Questo trend suggerisce la necessità di migliorare le politiche e porsi obiettivi più ambiziosi per rispettare gli impegni presi. L’iisd sottolinea la necessità di una maggiore trasparenza sugli obiettivi di sostegno alle energie rinnovabili o all’efficienza energetica, in linea con gli obiettivi presi lo scorso anno alla COP28. Ad oggi solo sei istituzioni finanziarie pubbliche hanno annunciato obiettivi quantificati in materia di energia pulita7. 

È auspicabile che i finanziamenti all’energia pulita mettano al centro i bisogni delle persone e delle comunità, senza aggravare la situazione debitoria dei paesi del Sud globale, e per questa ragione erogati per lo più sotto forma di doni e programmando una crescita dell’aiuto pubblico allo sviluppo8. Una situazione debitoria spesso causata proprio dagli investimenti fossili e dai contratti che le multinazionali energetiche concordano con i governi dei paesi esportatori, con clausole che danno priorità ai profitti privati piuttosto che all’equilibrio della finanza pubblica9, agli investimenti necessari per combattere povertà e disuguaglianze, e ai ristori per le perdite e ai danni causati dal cambiamento climatico. 

Secondo le organizzazioni della società civile italiana aderenti all’appello, l’interruzione dei finanziamenti pubblici esteri all’energia fossile favorirebbe anche un’implementazione  più giusta, equa e trasparente di alcune strategie governative, a partire dal Fondo Italiano per il Clima e il Piano Mattei per l’Africa. 

Credit foto Pixabay

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