Sostenibilità

Stili di vita sostenibili, che passione

di Redazione

Coscienza verde. Un’espressione di uso comune in Europa per descrivere tutto ciò che va dal business alla politica fino alla vita domestica. Al punto che c’è già chi chi lamenta opportunismi e greenwashing: un neologismo, quest’ultimo, che indica la tendenza da parte di aziende o organizzazioni ad attribuirsi fasulle virtù ambientaliste.
Non la pensa così Danny Carnegie: per il fondatore di UK Aware, coinvolgere il maggior numero possibile di persone è il futuro. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2006 Carnegie, di mestiere vigile del fuoco, si mise alla ricerca di un grande evento nazionale nel suo Paese che riguardasse il settore della green economy. Ebbene, inaspettatamente scoprì che non ve n’era nessuno. «Trovai numerose fiere “alternative”, ma nessuna veramente accessibile al grande pubblico», spiega. Fu così che Carnegie batté cassa dal suo fondo pensione e con l’aiuto di suo fratello, un insegnante, fondò UK Aware, che solo tre anni più tardi sarebbe diventata il maggiore riferimento per gli stili di vita sostenibili. Alla prossima edizione della fiera, che si terrà venerdì 16 e sabato 17 aprile al London Olympia, sono attesi 200 espositori e 15mila visitatori.
Numerose attrazioni, come gli “swap party” (eventi in cui si scambiano capi d’abbigliamento) o le aree interattive per i più piccoli cercheranno di dimostrare come sia possibile migliorare le proprie abitudini senza rinunciare al divertimento. Carnegie ritiene che il segreto della sua attrattiva stia nello spirito con cui è nata. «Sono stati fatti numerosi tentativi per lanciare questo tipo di fiera da parte di grandi società di organizzazione di eventi, tutti falliti. Credo che il nostro successo dipenda dal fatto che siamo un’organizzazione partita dal basso e con una forte etica. Ad esempio non chiediamo tariffe troppo alte ai nostri espositori, perché il nostro interesse è stabilire una forte connessione con la gente comune e aiutare l’industria verde a svilupparsi».
Non tutto, però, è sempre così semplice per Carnegie. «Lavoro 120 ore alla settimana e in tre anni e mezzo non ho ancora ricevuto uno stipendio. Ma sono orgoglioso, molto orgoglioso».
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