Cultura

Steve Bannon, il capo dei barbari moderni

Se non esistesse, bisognerebbe inventarlo. È il supereroe globale del populismo religioso. Un cattivo della Marvel con Dio al posto del martello di Thor. Solo i matti possono credere che sia il regista di un complotto per la grande alleanza tra le chiese e i populisti

di Maurizio Crippa

Steve Bannon, se non esistesse, bisognerebbe inventarlo. È il supereroe globale del populismo religioso. Un cattivo della Marvel con Dio al posto del martello di Thor. Solo i matti possono credere che sia il regista di un complotto per la grande alleanza tra le chiese e i populisti. Ma col suo piglio arruffato e il suo look anti establishment, il suo linguaggio carismatico, le sue analisi grossolane ma capaci di imporsi nel marketing dei social media, Bannon è l’incarnazione perfetta di un mondo.

Da qualche tempo, conclusa la missione per conto di Dio con Trump, si aggira come uno spettro in Europa per catalizzare come un magnete le forze della “rivoluzione anti élite”, quella che il Financial Times ha definito la “coalizione dei barbari moderni”. Il mese scorso sul settimanale britannico Spectator ha raccontato di avere incontrato, nel suo quartier generale improvvisato a Roma i rappresentanti di Alternative für Deutschland, Lega e Cinque stelle, Fratelli d’Italia, Partito della Famiglia: «It’s hard not to feel like we’re on the right side of history». Tutti goodfellas, anche se il preferito di Bannon è Orban, che ha stravinto le elezioni con la sua idea di “christian democracy”. Ad ogni modo, i matti ci sono soprattutto nella chiesa cattolica.


Il mese scorso sul settimanale britannico Spectator ha raccontato di avere incontrato, nel suo quartier generale improvvisato a Roma i rappresentanti di Alternative für Deutschland, Lega e Cinque stelle, Fratelli d’Italia, Partito della Famiglia: «It’s hard not to feel like we’re on the right side of history»

Qualche anno fa Steve Bannon era stato accolto a braccia aperte in Vaticano, un incontro non ufficiale, in margine a un convegno organizzato dal Dignitatis Humanae Institute, thinktank fondato nel 2008 che si è fatto notare qualche mese fa in Italia perché ha ottenuto dal Mibact la gestione del monastero di Trisulti, in provincia di Frosinone, per farne una sorta di scuola quadri delle culture “war prolife”. Nell’incontro in Vaticano, benedicente il cardinale Burke, Bannon aveva riassunto le sue idee. Partendo da una mitizzazione di una grossolanità imbarazzante, secondo cui alla vigilia dell’attentato di Sarajevo, 1914, «il mondo era completamente in pace», e «l’Alta chiesa di Inghilterra, la chiesa cattolica e la fede cristiana erano dominanti in un’Europa di forti convinzioni cristiane». Un paradiso, al confronto con l’attuale «crisi della nostra chiesa, della nostra fede, dell’occidente e del capitalismo». Per Bannon siamo solo «all’inizio di un conflitto sanguinoso e terribilmente brutale». Il Bannon-pensiero ha tre nemici. Il primo è il capitalismo che «si è staccato dai fondamenti morali e spirituali della cristianità, dalla fede ebraico-cristiana». Il secondo è «l’immensa secolarizzazione dell’occidente». Il terzo è l’islam.

Il pensiero di Bannon è un pensiero della crisi, un pensiero sulla difensiva. Anzi propriamente reazionario: una contraerea che risponde agli attacchi nemici. Sono gli stessi temi che si trovano elencati in qualsiasi discorso pubblico di uno spettro di posizioni che va dall’evangelismo radicale al tradizionalismo cattolico ai partiti populisti. Più ancora dell’aborto — una questioncella terribilmente più seria — tengono banco l’ideologia gender, il matrimonio gay, il sostegno alla famiglia tradizionale, la libertà di educazione, l’ossessione per la questione demografica. Curiosa anche questa: quale rapporto ci sia tra la difesa dei valori cristiani e la demografia, se non in chiave di complotto “sostituzionista” (la sostituzione della popolazione occidentale con quella immigrata), non lo ha ancora chiarito nessuno.

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