Welfare

Stesso budget, nuovo sguardo: parte la rivoluzione dei servizi per la disabilità

Quattro comuni a nord di Milano sperimenteranno per tre anni il budget di salute per la presa in carico delle persone con disabilità. Tutte le risorse, oggi frammentate, saranno ri-orientate a partire dal progetto individuale della persona e dai suoi obiettivi di inclusione sociale. Una rivoluzione che comincia dallo sguardo degli operatori, delle famiglie, delle comunità, possibile solo se al centro si mettono i desideri della persona con disabilità

di Sara De Carli

Nessun nuovo servizio, nessuna nuova unità di offerta: l’obiettivo questa volta è niente meno che rivoluzionare i servizi sociali, cambiare la testa e lo sguardo della pubblica amministrazione e di tutti gli operatori dei servizi, trasformare – in sintesi – la presa in carico delle persone con disabilità. Potremmo pensare a un’autostrada: oggi le persone con disabilità passano da un servizio all’altro in maniera molto standardizzata, a volte quasi automatica, come se fossero dentro un’autostrada senza uscite. La sfida invece è quella di proporre tante possibili uscite, snodi, alternative: ciascuna persona con disabilità disegnerà così la propria strada e al centro ci sarà sempre la singola persona, con i suoi desideri e il suo contesto di vita specifico, senza soluzioni standard. Anche i desideri, sì, «perché altrimenti non usciremo mai dalla logica degli standard», Gianfranca Duca, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Cinisello Balsamo. Il perimetro della sfida? Tre anni di tempo, quattro Comuni a nord di Milano che mixano una solida tradizione di intervento sociale pubblico e una forte trama di protagonismo della società civile e 2,1 milioni di euro, di cui circa 1,3 messi da Fondazione Cariplo nell’ambito della terza edizione del bando “Welfare in Azione e innovazione sociale”.

Il progetto si chiama “Inclusione sociale e disabilità: percorsi di sperimentazione del budget di salute” e partirà il 1 aprile nei Comuni di Cinisello Balsamo, Cusano Milanino, Cormano e Bresso. Nove invece i partner del progetto: Anffas Lombardia (ente capofila), Ledha, Uici Lombardia, Azienda Speciale “Insieme per il territorio”, le cooperative Arcipelago, Solaris, Il torpedone, l’Università Statale di Milano con il dipartimento di Giurisprudenza e l’Università Bicocca con quello di Sociologia.

A presentare il progetto a Vita.it sono Marco Faini, referente del progetto per Anffas Lombardia, e l'assessore Duca: «siamo qui nell’ufficio dell’assessore non per una questione logistica ma per scelta sostanziale, perché questo progetto, che ha avuto una lunga fase di progettazione, avrà senso proprio nel momento in cui c’è la volontà da parte della pubblica amministrazione di mettersi in gioco», spiega Faini. «Non inventiamo niente di nuovo e allo stesso tempo abbiamo in mente una trasformazione strutturale della presa in carico delle persone con disabilità: come politico mi aspetto una visione nuova del ruolo dell’assistente sociale e del Comune nell’erogazione di un servizio, un cambiamento nelle risposte che possiamo dare», precisa Duca. La partenza del progetto in questo senso è già un traguardo: «il rischio di progetti del genere sono le resistenze passive al cambiamento», ammette l’assessore: «qui invece con tutti gli attori siamo d’accordo nel dire che il modello attuale di presa in carico non ha molto futuro e non è banale. C’è una disponibilità reale al cambiamento, a lasciare la comfort zone: mettere in posizione di valore ciò che la persona con disabilità esprime vuol dire accettare che ti venga detto che quanto hai pensato e fatto per trent’anni non va bene». Non si tratta di una crociata contro i servizi ma di mettere al centro di tutto la persona con disabilità, nella consapevolezza che l’obiettivo di tutto deve essere l’inclusione della persona e che l’inclusione passa dai servizi ma non solo da essi e che i servizi devono in ogni caso essere coerenti con il progetto di vita della persona. Detto ancora più semplicemente, si tratta di superare la visione assistenzialistica del welfare in favore della vita indipendente e della qualità della vita, riducendo la frammentazione dei servizi.

Se questa è la portata dell’innovazione attesa, come si realizzerà? È qui che entra in gioco il concetto di “budget di salute”, che è poi il cuore concreto del progetto. Nei prossimi tre anni 60 persone – venti nuove persone ogni anno, con l’impegno a seguire ogni sperimentazione per tre anni, pertanto anche oltre all’arco temporale previsto dal progetto – verranno prese in carico attraverso la modalità del budget di progetto, lo stesso di cui si parla nel nuovo Programma di Azione Biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità. Il budget di progetto è l’insieme di tutte le risorse umane, economiche, strumentali, da poter utilizzare in maniera flessibile, dinamica e integrata: non si tratta di mettere risorse in più sulla disabilità ma di ricomporre in un unico luogo tutte le risorse disponibili, istituzionali, comunitarie e personali. Questo "unico luogo" è il progetto individuale, definito assicurando la più ampia partecipazione possibile della persona con disabilità grave, tenendo conto dei suoi desideri, aspettative e preferenze e prevedendo il suo coinvolgimento pieno anche nel monitoraggio e nella valutazione. Insomma, tutte le risorse vengono ri-orientate dai desideri della singola persona, dal raggiungimento dei suoi obiettivi di qualità di vita. La presa in carico così diventa ben più dall’offerta di un posto in un servizio, ma un vero “vestito su misura”.

Entrare nella logica del budget di salute o di progetto che dir si voglia (in questo senso la sperimentazione in partenza si pone come una delle più estese nel tempo e potrà certamente fornire elementi interessanti per le future politiche regionali e nazionali) significa, spiega Faini, «partire dalle persone, dare sostanza e non solo richiamo formale ai progetti di vita delle persone. Da lì si deve partire per partire per capire in che modo le risorse a disposizione possano ricomporsi e tramutarsi in un valore superiore». A gestire il budget di salute continuerà ad essere l’ente locale: il case manager designato dal progetto sarà infatti l’assistente sociale. Ma la mentalità sarà necessariamente differente e le stesse risorse potranno essere utilizzate con molta più flessibilità. «Non sappiamo cosa potrà entrare nei 60 progetti di vita, quindi non abbiamo a priori esempi concreti da fare per spiegare la novità», dice Faini: «se però una persona desidera fare un corso di vela, il budget andrà in questa direzione, questo desiderio sarà contemplato. Oggi non è scontato, perché non sempre l’operatore può staccarsi dal Centro Diurno per organizzare la partecipazione del nostro signor Mario al corso. Se però Mario riesce a fare il corso che tanto desidera, di sicuro aumenterà la sua qualità di vita e forse si libereranno anche delle risorse perché per le ore in cui Mario è al corso, con persone del corso di vela che sono state sensibilizzate e che hanno modificato la loro organizzazione per essere più inclusive, l’operatore potrà fare altro». Questo discorso vale per la vela, per un orto sociale, un laboratorio di cucina, la biblioteca del paese… il miglioramento della qualità di vita è evidente e dal punto di vista di risorse liberate, anche ipotizzando sole due ore alla settimana in meno in un CDD grazie a interventi di restituzione sociale si libererebbero circa mille euro l’anno per persona, che solo nell’ambito di Cinisello equivarrebbero a 250mila euro disponibili per nuovi interventi. Dalla sperimentazione insomma potrebbe anche derivare un modello, ed è il motivo per cui due università sono strettamente coinvolte.

Sono tanti quindi i temi che si intrecciano in questo progetto sperimentale: l’autorappresentanza, la vita indipendente, il lavoro per cambiare la mentalità delle famiglie e degli operatori, il lavoro sulle comunità perché si trasformino in contesti di vita sempre più inclusivi. «Per noi questo è un obiettivo importantissimo», afferma l’assessore Duca: «qui sul territorio il luogo dedicato alle persone con disabilità è la Cascina Pacchetti, un luogo bellissimo: però non basta, serve che le persone con disabilità escano da lì, serve creare una comunità pronta a vivere la sfida dell’inclusione. Le faccio solo un esempio: le persone che frequentano il Centro Diurno mi hanno appena presentato una proposta per rigenerare uno spazio antistante il centro, con dei bellissimi filari di gelsi. Potrebbe essere il primo patto di collaborazione che vedrà la luce a Cinisello».

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