Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si fa portavoce di una forte sollecitazione, a nome e insieme a tutte le forze organizzate della società civile europea, nei confronti delle istituzioni europee per il rilancio di un piano organico di politica economica e sociale che possa conciliare la necessaria disciplina fiscale con l’innovazione, la crescita, la coesione sociale e la sostenibilità.
Il 25 settembre, una conferenza di alto livello si è svolta con successo al CESE, per rilanciare la Strategia EU2020, che mira ad una Europa più innovativa, inclusiva e sostenibile, ricordando gli impegni assunti all’unanimità dai governi europei nella primavera 2010 e sollecitando una ripartenza decisiva, anche con adeguate risorse di bilancio e con un chiaro bilanciamento tra misure economiche, sociali e per l’occupazione, e per una crescita verde e sostenibile.
Con l’intervento e la presenza di autorevolissimi interlocutori, provenienti da tutte le istituzioni dell’UE, da diversi governi e parlamenti degli Stati membri e da una vasta rappresentanza di organizzazioni sociali ed economiche della società civile. Quattro filoni principali sono stati esplorati: la necessità di un quadro coerente per una economia di crescita nell’UE; il rilancio del mercato unico, con un particolare focus sul potenziale delle PMI e dell’economia sociale; una Europa che crei occupazione e soprattutto opportunità e risposte per i giovani; una prospettiva di innovazione e crescita durevole per l’Europa, con particolare enfasi sulla necessità di una nuova politica industriale europea e di una politica agricola comune che mantenga gli standard acquisiti. I molti e ricchi interventi hanno cercato di dare contenuti pratici e concreti alla domanda principale: dove vogliamo portare l’Europa? Anche attraverso il richiamo a esempi e questioni molto concrete, perché spesso a questo livello di finisce inesorabilmente per restare sui soliti massimi sistemi.
Certo il tempo che stiamo vivendo richiede ambizione, solidarietà, determinazione e democrazia, come ho avuto modo di richiamare assieme ai due altri colleghi Presidenti dei Gruppi del CESE, introducendo il panel finale presenti 3 Commissari europei, in collegamento con i Presidenti della Commissione e del Parlamento europeo, il Ministro Moavero Milanesi e altri autorevoli interlocutori chiamati a reagire alle proposte della società civile europea. Ho inteso soprattutto sottolineare che bisogna guardare all’insieme del quadro se si vuole davvero costruire una strategia che ci faccia uscire dalla crisi e forse a quelle componenti cui si guarda meno, ma che sommate formano probabilmente la maggioranza della popolazione, delle famiglie e delle imprese in Europa. Mi sono riferito al 23,5% degli europei che secondo le ultime cifre di Eurostat sono a rischio povertà e includono fasce crescenti di classe media che scivolano verso l’insicurezza e l’indigenza; alla drammatica esclusione dei giovani, con una media di disoccupazione giovanile in Europa che è pari al 22%; dei 24 milioni di piccole e medie imprese europee, la stragrande maggioranza delle quali vive condizioni di debolezza, insicurezza, rischio legato all’accesso ai crediti e problemi di accesso ai mercati, che sono ormai note ma continuano ahimè ad essere ignorate; delle varie forme di impresa sociale in Europa, che nelle stime più prudenti impiegano oggi quasi 6 milioni di occupati e, insieme al settore agricolo, sono uno dei pochi settori che anche durante la crisi hanno tenuto e talora visto crescere le attività e gli occupati; dell’economia verde, che in molti paesi cresce e si moltiplica, anche in presenza di scarsi aiuti e incentivi pubblici, con una prospettiva stimata di 20 milioni di nuovi impieghi nei prossimi anni. Questi settori sono oggi la grande maggioranza dell’economia e coinvolgono la grande maggioranza europea e devono essere soprattutto questi ad essere il centro e i protagonisti della strategia EU2020. E’ bene ristabilire un certo equilibrio pratico mentre la si vuole rilanciare, sia per realizzare una strategia di crescita efficace nel breve e medio termine, sia per ricostruire quel legame di fiducia nel futuro e nelle istituzioni di cui da ogni parte si avverte la necessità.
Infine, proprio perché tutti evocano una Europa più forte, che significa più trasferimento di poteri, più meccanismi comuni di governance, più ruoli sanzionatori delle autorità comunitarie, più convergenza di sistemi anche di protezione sociale, non si può più continuare ad evitare un chiaro coinvolgimento democratico, dei parlamenti e delle forze organizzate della società civile europea. Concretamente, questo si può fare utilizzando appieno gli art. 10, 11 e 12 dell’esistente Trattato dell’UE, aprendo un vasto e strutturato dialogo civile nei 27 paesi membri dell’UE sull’agenda di riforme della governance economica e politica che i 4 Presidenti stanno predisponendo per il Consiglio europeo di dicembre e facendo dell’anno 2013, anno europeo dei cittadini, quel vasto e ampio luogo di dibattito e coinvolgimento dei cittadini e delle opinioni pubbliche, che da tutti è ormai evocato come imprescindibile, ma ancora di la da venire.
Certo, come ha affermato il Commissario Barnier nel suo apprezzato intervento, nella tempesta che continua bisogna mantenere la calma e intanto fare quello che si è deciso, un passo dopo l’altro, ma è ormai chiaro, come hanno ricordato sia i Presidenti Barroso e Schultz, che bisogna prendere a bordo i cittadini e costruire con loro un nuovo patto sociale e democratico europeo.
Per maggiori info, doc e interventi:
http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-stronger-europe2020
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