La crisi

Stellantis, sull’elettrificazione pesa l’assenza di un piano industriale

Secondo Marco Bentivogli di Base Italia, per Stellantis e i lavoratori è un momento drammatico. «Esauriti gli ammortizzatori sociali, occorre pensare alla gestione del presente, più che al futuro. In ballo la sopravvivenza del settore». Tra gli errori di Carlos Tavares, «aver anticipato i tempi sull'elettrificazione, senza avere una strategia industriale»

di Alessio Nisi

Stellantis è andato giù in Borsa dopo le dimissioni dell’amministratore delegato Carlos Tavares, perdendo oltre il 7%. Il processo per la nomina di un nuovo amministratore delegato è in corso e si concluderà entro la prima metà del 2025. Va via il manager, ma resta sul tavolo l’enorme preoccupazione per il futuro degli stabilimenti, dell’indotto, di lavoratori alle prese con stop, commesse che saltano, e cassa integrazione. 

«In una situazione così delicata» nel pieno della transizione, «con i rivali cinesi molto aggressivi sul prezzo delle tecnologie e sulle performance dei prodotti, non avere guida è sicuramente drammatico», spiega Marco Bentivogli, ex sindacalista della Federazione italiana metalmeccanici aderente alla Cisl (la Fim), cofondatore e coordinatore nazionale di Base Italia.

Marco Bentivogli

«In Italia gli stabilimenti produttivi in questi anni», aggiunge, hanno fatto massiccio ricorso alla cassa integrazione. «Con gli ammortizzatori sociali in esaurimento, il problema è la gestione del presente prima che del futuro». Sottolinea poi che «il comparto di Stellantis della componentistica auto dipende per la metà dal mercato tedesco, a sua volta in forte crisi». La situazione non è «rosea. La battaglia non può ridursi solo al 2035. Se non facciamo qualcosa in termini di mobilità in Italia e in Europa, non sarà più un problema di date ma di sopravvivenza del settore».

Persi 12 mila posti di lavoro

«Carlos Tavares ha anticipato la sua uscita, prevista per il 2026. Ora ci sarà un comitato interno che surrogherà e nel frattempo troveranno il successore», spiega. Un passaggio quello di Tavares, che «arriva in coda ai pessimi risultati che ci sono stati negli Stati Uniti, il mercato più profittevole per il gruppo».

Quel sistema integrato non valorizzato. L’errore? «Nel merge con l’Italia non sono state valorizzate le cose buone di ognuno. Sostanzialmente da quando è nata, cioè dal 2021, abbiamo perso 12mila dipendenti e non si è valorizzato il wcm», il world class manufacturing, quell’insieme integrato di metodologie tecniche, organizzative e gestionali miglioramento continuo delle attività degli stabilimenti, «un nuovo sistema di organizzazione del lavoro e di innovazione e competenze che aveva migliorato di molto la produttività degli stabilimenti italiani».

Green, una guida non chiara

In chiave sostenibilità ambientale, le scelte di Stellantis e di Carlos Tavares non sono state esattamente lineari. «Nell’approccio alla regolamentazione Europea 2035, secondo cui non si potranno più produrre motori endotermici, Tavares si è espresso prima con favore, poi ha detto il contrario. Ugualmente a proposito delle joint venture con i cinesi, prima individuandoli come nemici poi stringendo un accordo con Leapmotor. Questa strategia a corrente alternata è stata controproducente». Non sono mancati errori in termini di innovazione a proposito dei «suv, dei Ram e delle jeep di alta fascia».

Elettrificazione

Sempre a proposito di sostenibilità e di elettrificazione, Bentivogli ha sottolineato come «Tavares l’aveva anticipata al 2030. L’errore è che i tempi sono stati anticipati, ma senza avere una strategia industriale, sulle batterie e sull’ecosistema in generale». In sintesi, senza avere un progetto di «innovazione complessiva del modello produttivo». Al punto che i prezzi dell’elettrico sono «mediamente il 40%» in più rispetto alle auto con motore endotermico. Una performance certo all’altezza».

Nella foto di apertura, di Alessandro Garofalo per LaPresse, lo stabilimento Stellantis di Pomigliano (Na).

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