Formazione
Stella&co: più che verità, versioni
Palle di carta/ Quello che Stella ha sferrato sabato 5 agosto, dal Corriere della Sera e dalla prima pagina, al ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero è stato un attacco in piena regola
Gian Antonio Stella, che pure è un giornalista di razza, non ci ha pensato su un momento: sarà che deve pubblicizzare il suo nuovo libro (Avanti popolo), nel quale fa le pulci alla sinistra appena salita al governo, sarà che quando uno va al potere si trasforma immediatamente, nell?immaginario, in un nemico del popolo, certo è che quello che Stella ha sferrato sabato scorso 5 agosto, dalle colonne del Corriere della Sera e dalla prima pagina, al ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero è stato un attacco in piena regola. «E il ministro prenotò il voto agli immigrati», il titolo, «il loquace rifondarolo ha colpito ancora» lo svolgimento. Cosa è accaduto?
Semplicemente che Ferrero, secondo la ?ricostruzione? di Stella, «di fronte alle destre che saltavano su paventando sfracelli per la decisione del governo di snellire la legge che permetterà agli immigrati clandestini di avere la cittadinanza e il voto, ha spiegato: ?Chi nella politica ha avuto premi dalla popolazione sollecitando paure e discriminazioni verso gli immigrati dovrà poi tener conto del loro peso elettorale?». Morale ?stelluta?: «Chi ha cercato voti cavalcando il razzismo avrà pan per focaccia perché anche gli extracomunitari voteranno. Sottinteso: per noi della sinistra. Svilendo una battaglia giusta». Ferrero non ci sta e scrive una garbata lettera al Corriere , pubblicata l?indomani, per spiegare il rapporto tra elettori e xenofobia, che per leggerlo si arriva a pagina 31.
Morale: la ?gente? (e la stampa) crede che la sinistra al governo stia, nell?ordine: reclutando immigrati per procacciarsi voti, liberando carcerati (con l?eccezione di Di Pietro, s?intende) perché è lassista (e, forse, un po? ladra), stangando tassisti, avvocati, farmacisti e medici perché odia i ricchi. Rob? de? matt?, si dice a Milano. A nulla (tranne per Bersani, l?unico amato dai media) valgono rettifiche, smentite, precisazioni. Forse il governo non sa comunicare bene, è vero, ma è anche vero che spesso i media non ascoltano. O ascoltano solo chi vogliono. Perché in malafede.
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