Cultura

Stefano Zamagni: “La tragedia più grande, i profughi Sud-Sud”

Sono milioni. Scappano da un paese all’altro, all’interno del continente nero, per sfuggire a carestie e guerre (di Riccardo Bonacina e Giuseppe Frangi).

di Riccardo Bonacina

Il professore del non profit per eccellenza, il teorico dell?economia civile, Stefano Zamagni, da 3 anni presiede l?organizzazione governativa più grande del mondo, l?International Catholic Migration Commission. Organizzazione partecipata da 65 Conferenze episcopali di tutto il mondo. “I miei diretti superiori sono il cardinal Sodano, segretario di Stato vaticano, e il presidente del Pontificio Consiglio delle migrazioni, cardinale Fumio Hamao”, ci spiega Zamagni. “C?è un dialogo continuo sul tema dei migranti con la Santa Sede, si tratta di un tema che sta molto a cuore anche al Santo Padre. Tra breve uscirà un importante documento, sul tema delle migrazioni anche nei suoi aspetti economici, sociali”. Quando uscirà? Stefano Zamagni: è in traduzione, dovrebbe uscire entro fine gennaio, sarà un documento di quasi 100 pagine, un documento impegnativo dove per la prima volta la Chiesa affronta in maniera esplicita il problema del dialogo interculturale, tra le diverse matrici culturali. Vita: Professore, il suo è un osservatorio privilegiato per fotografare uno dei mali fondamentali dell?Africa, quello delle migrazioni interne. Zamagni: Il fenomeno migratorio è oggi un fenomeno globale ma non sta producendo effetti analoghi in tutte le parti del mondo. Mentre i flussi migratori vanno generalmente dal Sud al Nord del mondo, nel caso dell?Africa il flusso migratorio riguarda prevalentemente l?asse Sud-Sud, il che vuol dire, e mi riferisco in particolare all?Africa subsahariana, che il flusso migratorio avviene all?interno dello stesso continente. Questo comporta che le migrazioni Sud-Sud non hanno alcun aspetto positivo: infatti, l?emigrato che abbandona l?Uganda per la guerra civile e ripara in Kenya non ha la possibilità di risparmiare né di acquisire competenze. Questo tipo di emigrazione rappresenta piuttosto un aspetto di ulteriore impoverimento dei già poveri. L?altro aspetto riguarda il discorso dei rifugiati, o meglio dei richiedenti asilo. Nel caso dell?Africa, siamo di fronte al Continente che ha un quindicesimo della popolazione mondiale ma in cui c?è circa il 30% dei rifugiati del mondo. Essendo un continente povero con molte guerre civili e intestine, l?Africa alimenta un flusso di rifugiati che indebolisce ulteriormente le possibilità di crescita e di sviluppo di questa area, ecco perché ritengo opportuno, quando si parla di problema migratorio, scorporare il caso dell?Africa, perché è particolarmente drammatico. In Africa siamo di fronte a un circolo vizioso che deve venire rotto dall?esterno, altrimenti non ci sarà nulla da fare, perché quell?area non ha le forze per interrompere questa micidiale corsa all?autodistruzione. Vita: Spesso si guarda all?Africa con una percezione, anche psicologica, di trovarci di fronte, per usare una definizione di Sciascia, a una situazione “irredimibile”… Zamagni: Ho partecipato recentemente a un tavolo di negoziazione in ambito delle Nazioni Unite a Ginevra e sono stato colpito dalla battuta di un partecipante che diceva “l?Africa è un continente troppo ammalato perché si possa intervenire e curarlo”: ecco, avrei voluto picchiarlo. Certo, con riferimento specifico all?Aids, alla tubercolosi e alla malaria, le condizioni igienico-sanitarie di quell?area oggi si sono talmente deteriorate che sembra impossibile intervenire. Ma bisogna pur sottolineare come il problema dell?Africa oggi gridi vendetta perché troppo lungo. Noi occidentali e il Nord del mondo, lo abbiamo sottovalutato e il risultato è la situazione disastrosa di oggi. Il problema africano non può essere risolto né con le solite politiche della cooperazione allo sviluppo né con le forme di tipo assistenzialistico seguite fino ad ora, cercando di applicare i meccanismi del commercio internazionale per rendere più facile l?accesso ai mercati di questi Paesi. Dobbiamo essere consapevoli che, se vogliamo salvare l?Africa, occorre un intervento straordinario e soprattutto un intervento concorde tra tutti i Paesi. Penso, per esempio, all?istituzione di un fondo transnazionale che realizzi una ridistribuzione di risorse ottenute applicando una tobin tax o qualcosa di analogo. La mia proposta di tobin tax, o di tassa per l?Africa, è per recuperare un fondo straordinario senza il quale l?aiuto è destinato solo a produrre effetti perversi. Se la comunità internazionale la smettesse con l?ipocrisia di pensare che siano sufficienti gli interventi di aiuto di stimolazione della domanda e delle cosiddette politiche dell?offerta, probabilmente ce la potremmo fare a risollevare le condizioni di un continente in cui vivono circa 800 milioni di esseri umani. Vita: Chi può essere il protagonista di un?azione così straordinaria ? Zamagni: C?è una proposta di breve termine e un?altra di medio e lungo termine. Nell?immediato io vedo solo questa via: che il G8 prenda finalmente la decisione di salvare l?Africa. Non ci vorrebbe molto per realizzare un piano di intervento straordinario che consista in un trasferimento di risorse per alimentare un processo di ricostruzione e di rinascita! Non bastano però solo i soldi ma bisogna saperli spendere ispirandosi al principio di sussidiarietà in sede transnazionale, altrimenti il rischio è di portare in Africa soldi che alimentano soltanto le guerre civili. Sul medio-lungo periodo credo sia necessaria un urgente riforma delle Nazioni Unite. Oggi, l?Onu non funziona perché c?è una sola assemblea. Come mai tutti i parlamenti del mondo hanno due camere e le Nazioni Unite ne hanno solo una? Ci vuole una seconda assemblea nella quale siedano i rappresentanti della società civile organizzata e cioè le ong, le chiese, le varie associazioni: questo perché se non c?è una via etica all?interno del modo di funzionamento delle Nazioni Unite non si potrà evitare il fenomeno della corruzione. In una assemblea dove siedono solo i rappresentanti degli Stati, quelli più forti possono corrompere gli altri per ottenere il consenso, mentre la seconda assemblea scongiurerebbe questo rischio. La seconda ragione è che oggi, nell?epoca della globalizzazione, gli Stati nazionali esercitano una sovranità all?interno dei confini dei rispettivi territori, ma i problemi della nostra società hanno una dimensione transnazionale; allora, come si può pensare che i rappresentanti di Stati nazionali possano affrontare problemi che per loro natura sono transnazionali, come ad esempio quello migratorio?

Riccardo Bonacina e Giuseppe Frangi


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