Non profit

Stati vegetativi, la legge non si fa più

Annuncio del sottosegretario Roccella: basteranno le Linee guida

di Sara De Carli

Previsto invece il registro «che dovrà essere dinamico». Mentre
non esisterà un unico modello di intervento:
«Puntiamo a valorizzare la diversificazione territoriale», spiega l’esponente
del governo Notizia numero uno: la nuova rete integrata “coma to community”, disegnata per i pazienti in stato vegetativo nel documento conclusivo della commissione ministeriale, non sarà realizzata con una legge, con buona pace della commissione Affari sociali della Camera, che dopo 17 mesi ha appena ripreso – ironia della sorte – l’esame delle due proposte depositate sul tema (Di Virgilio, Pdl, e Binetti, allora Pd). «Meglio delle Linee guida concordate in Conferenza Stato-Regioni», dice il sottosegretario Eugenia Roccella (nella foto), ma «non prima dell’autunno».
Notizia numero due: non ci sarà un unico modello di presa in carico valido per tutto il territorio nazionale, «piuttosto percorsi disegnati insieme alle Regioni e alle associazioni, che hanno presentato il loro Libro bianco in parallelo a noi», prosegue il sottosegretario. «Proprio là sono descritti ottimi modelli di presa in carico, molto diversificati tra loro». Per dire, «sarà molto più efficace fare nascere altre Case di Luca in Emilia Romagna e altre Case Iride in Lazio».
Notizia numero tre: il registro per gli stati vegetativi, raccomandato dalla commissione, ci sarà, «ma dovrà essere dinamico». Per la prima volta questa commissione ha quantificato gli stati vegetativi in Italia: ne ha contati 5.344 tra il 2002 e il 2006, «sottostimati», dice la Roccella «per effetto delle tante diagnosi errate». Tra il 50 e il 75% di essi ha recuperato le attività di coscienza: «Una delle conclusioni più importanti è l’aver affermato che non si può definire lo stato vegetativo come assenza di coscienza. L’altra è l’aver eliminato l’aggettivo “permanente”», dice.
Due i “punti deboli” dell’oggi su cui la commissione ha lavorato: la diagnosi e la fase di cronicità, che ora si chiede vada sotto il cappello di «disabilità gravissima» e per cui la commissione ha disegnato strutture caratterizzate fortissimamente dalla presenza delle famiglie, sia negli spazi fisici sia nel progetto riabilitativo.
Il documento mette anche nero su bianco (limitandosi però solo a citare gli studi belgi, non facendo una verifica in Italia) che circa il 40% delle diagnosi di stato vegetativo sia errato, risultando “minimal responder” solo utilizzando altri strumenti diagnostici. Cosa succederà domani? Le diagnosi andranno fatte diversamente, magari con la risonanza magnetica funzionale? «È uno strumento utile, ma non in tutti i casi. Spesso basta un’attenzione più specifica, e molto in questo senso è già cambiato», conclude Roccella.


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