Welfare

State pronti, il nuovo welfare dipende da voi

Oggi cinque milioni di persone beneficiano dei servizi di cura e assistenza del non profit. Domani sarà ancora di più. La parola all'esperto. Intervista a Luca Fazzi, docente a Trento

di Francesco Agresti

Sono più di cinque milioni le persone che beneficiano degli interventi delle organizzazioni non profit attive nei servizi di cura. Il terzo settore negli ultimi anni ha acquisito professionalità e maturato competenze che ne fanno un soggetto insostituibile nel sistema di welfare state. Eppure ci sono ancora ambiti di intervento, soprattutto nel settore sanitario, in cui non è riuscito a esprimere tutte le sue potenzialità con danni sia per gli utenti che per le capacità di sviluppo delle stesse imprese sociali. «è necessario affermare con decisione l?idea», sostiene Luca Fazzi, professore di Politica sociale all?università di Trento, «che il non profit è in grado di svolgere una funzione produttiva. In alcuni ambiti riesce a essere più efficiente delle imprese for profit garantendo servizi con elevati standard qualitativi». SocialJob: Che ruolo ha il non profit nel sistema dei servizi socio-assistenziali e sanitari? Luca Fazzi: Il non profit italiano si è sviluppato soprattutto nel settore dell?assistenza sociale. In particolare negli ultimi anni si è avuto un progressivo aumento nei servizi domiciliari e residenziali a favore degli anziani. I risultati migliori sono stati ottenuti in ambiti che possono essere considerati un?evoluzione delle attività caritative. Riscontro invece un forte ritardo nel settore sanitario. Questo paradossalmente accade in una fase storica in cui la riforma del sistema sanitario e quella federalista hanno lasciato maggiore spazio agli enti privati. SocialJob: A cosa è dovuta questa differente evoluzione? Fazzi: A mio parere il non profit ancora paga una rappresentazione sociale di se stesso come settore poco professionalizzato, dilettantesco, non in grado di supportare processi tecnologicamente avanzati. In realtà non è così. Negli ultimi anni si è avuto un notevole incremento di professionalità, oggi le organizzazioni sono in grado di gestire processi complessi. Nella pratica però queste capacità stentano ad affermarsi. Eppure ci sono ambiti del settore sanitario in cui il terzo settore potrebbe espandere il suo raggio di azione andando oltre la funzione di advocacy. Penso, ad esempio, alla medicina di comunità. Un altro campo è quello della promozione della salute che oltrepassi il modello riparativo classico. Le organizzazioni che meglio potrebbero svolgere servizi di questo tipo sono sicuramente le non profit in quanto sono in grado di attivare una serie di risorse della comunità locale che le imprese for profit non sanno coinvolgere. SocialJob: è solo un problema di carattere culturale? Fazzi: Il problema culturale secondo me è uno dei principali, ma è anche vero che finora è mancata da parte delle associazioni delle cooperative sociali un?attenzione agli scenari di sviluppo delle politiche sociali. L?attenzione è stata indirizzata sulla gestione del quotidiano, caratterizzato da una diminuzione di risorse, ed è mancata, o non ha avuto l?attenzione che merita, una visione di policy. In sostanza non ci si chiede, o lo si fa in modo insufficiente, in che direzione sta cambiando il sistema del welfare. E alla luce di questa evoluzione quali prospettive di sviluppo ci sono per l?impresa sociale? Queste sono riflessioni che stanno iniziando a emergere solo negli ultimi tempi. SocialJob: L?introduzione nel nostro ordinamento dell?impresa sociale, cioè di una forma di impresa che nasce per perseguire finalità sociali, potrà favorire l?affermazione di un non profit in grado, al pari delle imprese for profit, di svolgere una funzione produttiva? Fazzi: L?impresa sociale può rappresentare un passo significativo nella direzione di una maggiore presa di coscienza sul ruolo del non profit. Il rischio è che la velocità dell?evoluzione dei processi culturali non tenga il passo con quella dei cambiamenti nelle politiche di welfare. Temo che questa rincorsa a soluzioni di tipo efficientista, dovuta alle politiche di razionalizzazione della spesa, porti inevitabilmente a preferire le imprese for profit a quelle non profit. La produttività nel settore dei servizi alla persona è molto legata alle motivazioni e le organizzazioni non profit sono in grado di fornire motivazioni superiori a quelle for profit, ma questi temi, purtroppo, non rappresentano ancora culture condivise e l?idea prevalente si traduce in un?unica parola: tagliare. SocialJob: Quali sarebbero le conseguenze di una sottovalutazione delle effettive potenzialità delle organizzazioni non profit? Fazzi: Il rischio è che si creino dei deficit tra culture. Dove è stato supportato da sistemi di regolazione adeguati, il non profit ha dimostrato di riuscire ad attivare un vasto panel di risorse, dal volontariato alle reti sociali, che consentono di spostare l?attenzione più sulla promozione e la tutela della salute che sul solo intervento sulla malattia. Faccio un esempio: oggi gli ospedali fanno le dimissioni degli anziani non protette, cioè nessuno si preoccupa di sapere se, una volta tornato a casa, il paziente potrà godere della necessaria assistenza. Le organizzazioni non profit sono invece in grado di assicurare le risorse per una dimissione protetta, perché in grado di attivare tutta una serie di risorse sociali. E un ospedale che oltre alle prestazioni medico-sanitarie è in grado di attivare reti sociali, vale di più di uno che cura solo la malattia.


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