Welfare

Startup in vetrina

di Flaviano Zandonai

La comunicazione. Altro che spazi, servizi, connessioni, finanziamenti. E’ la comunicazione che conta nel processo di startup imprenditoriale, soprattutto se si ha a che fare con le tecnologie sociali dell’informazione, ovvero con l’induscusso azionista di riferimento della creazione d’impresa. Non basta comunicare il carattere creativo della business idea. Troppo poco, occorre lavorare su altri aspetti: sui tratti biografici degli imprenditori (giovani, carini… ed espatriati) e sulle caratteristiche dell’ecosistema del quale fanno parte, soprattutto se di mezzo c’è una struttura che supporta, accompagna, accelera. Non era quindi un caso che un voluminoso tomo di rassegna stampa facesse bella mostra di sé al desk d’ingresso di un importante acceleratore di imprese ICT visitato qualche tempo fa. E non sorprende più di tanto trovare nei giornali nazionali interi articoli dedicati alle star di Hollywood che fanno i venture capitalist nelle startup. Tutto contribuisce a crescere l’hype intorno a un settore che, a differenza di quello sociale, ha trovato il modo di attrarre una consistente massa di denaro su una miriade di idee imprenditoriali. E’ vero: molte non vanno a buon fine, ma con investimenti tutto sommato contenuti il ritorno è garantito. E il ritorno non consiste solo nell’imbroccare la fiche sul nuovo Instagram, ma nel fatto di investire in un settore capace di generare opportunità ad ampio raggio che però bisogna saper cogliere. La redditività dell’investimento non va quindi misurata guardando alle sole performance di vendita di un prodotto / servizio, ma considerando altri aspetti, il principale dei quali è la possibilità di determinare, grazie all’architettura relazionale di queste tecnologie, cambiamenti su vasta scala nelle organizzazioni di business tradizionali e nei loro mercati. I media sociali sono portatori di un nuovo paradigma di produzione e consumo veicolato da una nuova generazione di imprenditori e consulenti. Le loro startup sono il veicolo di un’innovazione che è insieme distruttiva e generativa, dunque adattissima all’epoca in cui viviamo. Rimane da capire se queste nuove imprese sapranno raggiungere, alla svelta, la massa critica necessaria per poter gestire in modo proattivo il sistema di interessi che si sta concentrando intorno a esse. O se invece si limiteranno a far da vetrina per un gioco più grande.

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