Non profit

Start up a vocazione sociale, il fenomeno dell’anno

Crescono al ritmo di una trentina a settimana le start up innovative e sono arrivate a quota 1978. Fra queste, quelle a vocazione sociale sono 63. Vita, nella guida allegata, indica i primi passi da fare per aprire una start up a vocazione sociale.

di Carmen Morrone

Il termometro, aggiornato ogni lunedì, è una sezione dedicata del registro italiano delle imprese. Si tratta di imprese introdotte dal Decreto Crescita Bis (Decreto legge del 18 ottobre 2012, n.179) che devono avere per oggetto sociale  esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi. Le start up a vocazione sociale sono quelle che operano ad esempio nell’assistenza sociale sanitaria, nella tutela dell’ambiente, turismo sociale, nella formazione extra scolastica, valorizzazione del patrimonio culturale, in sostanza in tutti i settori indicati dal Decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155.
 

Il trend positivo da oltre un anno – la prima iscritta è Belle Arti di Roma (ricerca scientifica), l’ultima è Leggera (servizi editoriali) – dipende dalle semplificazioni riservate agli imprenditori e dagli incentivi offerti agli investitori. In particolare i neo imprenditori sociali hanno vantaggi in materia di avviamento, contratti di lavoro e credito d’imposta, accesso al Fondo centrale di garanzia e internazionalizzazione.

Per chi investe in start up sociali, le detrazioni Irpef sono del 25% dei conferimenti in denaro, per un importo massimo di 500mila euro, mentre le deduzioni sull’imponibile Ires arrivano al 20% per massimo 1milione e 800mila euro. Le stesse detrazioni e deduzioni per chi investe in start up innovative, ma non sociali, scendono al 19% e al 20%. Per accedere a queste agevolazioni, l’investitore deve impegnarsi per almeno due anni. Inoltre, le start up a vocazione sociale possono raccogliere fondi attraverso il crowdfunding e quelle che sono cooperative sociali onlus – al momento la stragrande maggioranza delle iscritte è società a responsabilità limitata- possono anche ricevere contributi attraverso il sistema del 5permille in occasione della dichiarazione annuale dei redditi.

Delle 63 start up a vocazione sociale, 15 hanno sede in Lombardia (dove sono 399 le start up innovative), 11 nel Lazio (dove sono 202 le start up innovative). L’Emilia Romagna che registra 223 start up innovative, ha solo 6 start up sociali. In Toscana, su 136 start up innovative, 8 sono sociali; in Veneto su 161 start up innovative, 5 sono sociali e in Piemonte su 156 start up, solo 2 sono quelle a vocazione sociale.
Editoria, istruzione e ricerca e sviluppo sono le aree in cui sono presenti il maggior numero di start up. La maggior parte, 20, operano nell’editoria on line, si tratta di piattaforme web per la produzione di video o ebook. A Fisciano (Salerno) esistono ben due start up di questo genere. La prima si chiama YOUng ed è un giornale online, fondato da 56Cube, venture incubator partecipata di Digital Magics che ha allacciato alleanze con FOX Italia e Aiesc. La seconda è Interwine, piattaforma di editing collaborativo che permette la pubblicazione di opere multimediali condivise. Fra queste anche Lite editions, che pubblica ebook erotici www.lite-editions.com.
Sedici sono attive nell’istruzione. Fra queste citiamo CurviLinea, associazione trasformatasi in start up, che si legge nella presentazione “ha l’obiettivo ambizioso di spiegare la matematica bella, non quella noiosa fatta solo di numeri e formule”. C’è anche un’università internazionale telematica con sede a Padova. Nella categoria istruzione formazione anche visual food che insegna a tagliare in maniera decorativa frutta e verdura.
Nell’area ricerca e sviluppo le start up sono nove. Citiamo T- Frutta di Prato che invita a fotografare e inviare lo scontrino della spesa in cambio di denaro ricaricato direttamente sullo smartphone. L'elaborazione di queste informazioni, consente a T-Frutta di fornire dati di mercato alle aziende partner come: Barilla, Ferrero, Heineken, Kraft, Lavazza, L'Oreal, Pampers, PostePay, Unilever.
Nell’assistenza sanitaria ci sono imprese, 4, che si occupano di benessere come ad esempio Esercizio Vita di Ferrara che combatte obesità, diabete e malattie cardiocircolatorie attraverso percorsi di attività motoria da zero a 90 anni. A Milano c’è Medici in famiglia, rete solidale di specialisti della salute – dal cardiologo al dietologo- a prezzi accessibili.
Ci sono poi start up nate come spin off delle università. MHC Mapping Hyperlocal Communities dell’ateneo di Firenze sviluppa metodi e strumenti innovativi per accrescere l’efficacia dei processi partecipati di trasformazione urbana e territoriale. Altair, spin off dell’università di Bari si occupa di archeologia dei paesaggi e di scienze applicate ai beni culturali. EspèrO è specializzata nella formazione degli adulti ed è stata promossa dall’università del Salento.
Poche le start up a tutela del patrimonio culturale. A Torino c’è It-Heritage che ha ideato Sinapsi un software per creare biblioteche e archivi digitali accessibili sia per personal computer sia mobilephone. Il settore sport è rappresentato al momento solo da Footgolf, start up che fa capo all’associazione italiana Footgolf nata nel 2012 per promuovere nel nostro Paese il gioco del golf giocato con i piedi e il pallone da calcio.
Tutte le start up dichiarano meno di 5 addetti e un valore di produzione entro i 10mila euro, tranne due: che hanno fra i 5 e 9 addetti e un valore di produzione entro i 50mila euro. Sono Walden technology e Europa Cube. Il primo che ha sede a Bari si occupa di ricerca e innovazione nella terapia cognitivo comportamentale e fa capo all’ istituto Walden di Roma. Europa Cube ha sede a Bologna ed è in Italia l’antenna del registro europeo degli euro progettisti di Europe Project Forum Foundation di Amsterdam e svolge attività di ricerca nel campo delle tecnologie dell’informazione, del patrimoni culturale, dell’ economia e della società. Non sempre è facile capire di cosa si occupi la start up, nel data base InfoCamere c’è l’indicazione di settore (editoria, post produzione, istruzione, ricerca e sviluppo) e quasi mai quella del sito web. Dalla relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della normativa a sostegno delle start up dello scorso marzo emerge che quelle a vocazione sociale hanno un’età media di 14 mesi (18 mesi per le innovative). «La start up può perdere i requisiti o andare in liquidazione – spiega Mattia Corbetta della Segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo economico-. Nel primo caso resta iscritta, ma non più nella sezione start up innovative e sociali, nel secondo caso cessa di esistere».

http://www.sviluppoeconomico.gov.it

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