Famiglia

SRI LANKA. La guerra è finita, ma le ferite sono aperte

La testimonianza di Massimiliano Fanni Canelles, direttore del mensile SocialNews

di Redazione

La notizia della morte del leader delle tigri Tamil Velupillai Prabhakaran è stata annunciata dalla televisione statale in Sri Lanka. Il leader dei ribelli separatisti Tamil, è stato detto alla televisione, è stato ucciso dalle forze governative mentre tentava di fuggire. Con questo evento e con la conquista da parte dell’esercito delle ultime trincee dei ribelli nel distretto di Mullivaikal, si è chiuso un conflitto che in 26 anni ha causato la morte di oltre 90 mila persone.

«La guerra ha prosciugato tutte le energie della popolazione tamil, c’è una lunga lista di “traditori” uccisi e dissidenti messi a tacere e un lungo elenco di colloqui di pace falliti tra governo e ribelli» afferma Massimiliano Fanni Canelles, direttore del mensile SocialNews, medico e docente di Diritti Umani al’Università Cattolica di Milano. «Il presidente cingalese Mahinda Rajapakse nei primi mesi dell’anno ha dato ordine di scatenare un’offensiva con bombardamenti e rastrellamenti che hanno causato centinaia e probabilmente migliaia di vittime. Oggi le Tigri tamil hanno comunicato di sospendere i combattimenti. In questi anni di combattimenti tra le loro vittime si annoverano il premier indiano Rajiv Gandhi e il presidente dello Sri Lanka Ranasinghe Premadasa. Oggi 50 mila sfollati si accalcano su pochi chilometri quadrati nella zona di Mullivaaykaal, in fuga dai bombardamenti».

Il medico italiano sottolinea i molti problemi che restano aperti, e soprattutto le conseguenze che questa lunga guerra ha avuto sulle giovani generazioni.

«Numerose sono le testimonianze ascoltate e le esperienze vissute nella terra Tamil dove abbiamo costruito scuole interagito con la popolazione, con i guerriglieri con i capi dell’LTTE (Liberation Tigers of Tamil Eelam) e tentato di educare alla civiltà, alla democrazia, ai diritti umani e dell’infanzia quella popolazione carica di odio e rancore verso un governo centrale permanentemente spinto nel tentativo di eliminare ogni loro etnia dal territorio. Centinaia di piccoli tamil potevano frequentare cicli scolastici regolari e partecipare ad attività ricreative e ludiche adatte alla loro età. Potevano capire e partecipare al dono della cultura e della pace, potevano essere i futuri governanti di una pace stabile nell’isola. Tutto finito, tutto distrutto, forse siamo alla fine di un conflitto ma non l’inizio di una pace stabile e duratura. Togliere la dignità ad una persona o a un popolo è l’unico modo per fare in modo che, non avendo nulla da perdere, quella persona o quel popolo dedichi tutta la propria esistenza a combattere verso l’oppressore. I superstiti di quei bambini che avevano imparato a credere nel valore dei diritti oggi ancor più delusi e disillusi saranno le nuove tigri del futuro».

Uno dei problemi aperti è quello dei bambini soldato, «minori nati e cresciuti in guerra» spiega il medico italiano «ai quali hanno spesso ucciso i genitori e tutta la famiglia, che hanno imbracciato il fucile per vendicare il padre o i fratelli morti o, più spesso, semplicemente per avere un pasto garantito ogni giorno. La maggior parte di questi soldati bambini ha tra i 15 e i 18 anni, ma numerosi sono quelli di età inferiore (10 – 14 anni) e vi sono testimonianze di reclutamenti di bambini ancora più giovani».

«Ma tutto questo non basta» prosegue il medico. «Quando abusati sessualmente o trovati in strada senza famiglia o accusati di crimini inconsistenti i bambini vengono rinchiusi in carceri minorili come il Boys Remand Home di Kottawa-Pannipitiya, vicino alla capitale Colombo,  dove le celle sono meno confortevoli di una casa distrutta dallo tsunami. Dalle celle vengono fatti uscire solo per poche ore e nelle celle vengono depositati indipendentemente dall’età e dalla causa della carcerazione. Successivamente, vengono trasferiti negli orfanotrofi o in altri riformatori, dove le violenze ricominciano e restano impunite, lasciando in quei poveri bambini i segni indelebili di un’infanzia calpestata. Bambini tamil, bambini cingalesi, buddisti, mussulmani, indu’ che alla fine, se e quando sopravviveranno, non sapranno cosa farsene della vita e del mondo».

 


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