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Sri Lanka, i religiosi nel mirino del neo-presidente Wickremesinghe

Padre Amila Jeewantha Peiris e altri leader del movimento di protesta popolare “Aragalaya” sono ricercati dalla polizia per essere arrestati, con l'accusa di aver aderito alle iniziative organizzate dall’Unione studentesca interuniversitaria, in violazione degli ordini del tribunale. Un Paese sull'orlo del baratro: quasi 5,7 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari

di Fabrizio Floris

La crisi che segna da mesi la vita dello Sri Lanka pare non dare segnali di miglioramento. In queste ore, come spiega Fabio Barbati, responsabile del progetto Anawim Spiritual Travels, Padre Amila Jeewantha Peiris (nella foto) e altri leader del movimento di protesta popolare (“Aragalaya”) sono ricercati dalla polizia per essere arrestati. Padre Jeewantha Peiris è stato accusato di aver aderito a un movimento di protesta organizzato dall’Unione studentesca interuniversitaria in violazione degli ordini del tribunale.

Dallo scorso marzo i manifestanti occupano incessantemente le strade di un Paese oppresso da una gravissima emergenza economica, causata dalle recenti crisi globali e dalla corruzione della classe politica singalese che occupa il potere da venti anni. I religiosi di ogni culto presenti nel Paese – buddisti , hindu, musulmani, cattolici – si sono uniti al grande movimento popolare, cercando di proteggerlo dalle cariche dei militari e ispirandone i valori di non-violenza, unità politica e fratellanza interreligiosa. È un fatto inedito e cruciale in un Paese che ha una storia di sanguinose guerre civili e divisioni sociali, strumentalizzate dalla politica. La perseveranza della popolazione e la forza della verità delle sue istanze hanno ottenuto il clamoroso obiettivo rivendicato fin dal principio: le dimissioni del clan dei Rajapaksa dai vertici dello Stato (il Presidente Gotabaya Rajapaksa è scappato dal Paese). Tuttavia, il nuovo Presidente Ranil Wickremesinghe, nominato senza elezioni del popolo, ha avviato una repressione ancora più violenta e sistematica. Il 27 luglio scorso la polizia ha fatto irruzione nella chiesa di Ratnapura per arrestare Padre Jeewantha Peiris. Un tribunale ha imposto a Padre Peiris il divieto di uscire dal Paese per la sua partecipazione ad «assembramenti illegali e danni alla proprietà pubblica» che sarebbero avvenuti durante una manifestazione di protesta a giugno. Il sacerdote ora è costretto a vivere nascosto, sotto protezione, mentre agenti in divisa e in borghese continuano a cercarlo e ad intimidire i suoi familiari e amici.

Ben 1.640 religiosi cattolici dello Sri Lanka hanno da subito firmato una Dichiarazione in difesa di Padre Jeevantha e di denuncia della brutale repressione in atto. Altrettanto ha fatto la Diocesi di Rathnapura, di cui egli fa parte, con un documento molto chiaro del Vescovo Cletus Chandrasiri Perera Osb.

Il Christian Solidarity Movement in un comunicato chiede al governo di «rispettare le libertà del popolo sancite dalla Costituzione del Paese, e ricordiamo che lo Sri Lanka è firmatario delle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani. Di fronte alla violenza non provocata e ai tentativi illegali di arrestare questi manifestanti, useremo ogni mezzo legittimo a nostra disposizione per rendere il Paese e gli amici dello Sri Lanka all’estero consapevoli di queste violazioni. Il dissenso pacifico è essenziale per sostenere la democrazia e, nel contesto dell’attuale crisi, la credibilità internazionale. Lo Stato dello Sri Lanka e il presidente Wickremesinghe devono cessare immediatamente gli attacchi contro i manifestanti e quanti perpetrano violenze devono essere chiamati a risponderne».

Tuttavia, la persecuzione non si ferma: oggi è stata pronunciata la sentenza a carico di Padre Jeewantha per accuse del tutto pretestuose, che servono ad innescare la violenta repressione politica che il Governo si è attrezzato a compiere grazie alla proclamazione dello Stato di Emergenza e all’abuso di vecchie norme sul terrorismo. Secondo la Conferenza cristiana dell’Asia (Cca) «c’è un disperato bisogno di un intervento internazionale e di iniziative di solidarietà per aiutare la nazione paralizzata». È in atto una triplice crisi dovuta alla pandemia, all’aumento del costo del debito (in particolare il debito con la Cina di 6,5 miliardi dollari) e la crescita dei prezzi del cibo a causa della guerra in Ucraina (i prezzi sono saliti del 95% rispetto al 2019 e l’inflazione è al 57%, ma sui prezzi degli alimentari è dell’81%). Il governo ha contratto debiti con la Cina per finanziare diverse infrastrutture, non potendo ripagare ha concesso l’utilizzo di diverse infrastrutture alla Cina (per esempio il porto di Hambantota), ma alla fine ha subìto il default. Tutto questo ha innescato un processo di aumento dei prezzi delle materie prime, crescita della fame e della malnutrizione, carenza di carburante e medicinali e poi crisi dell’ordine pubblico, aumento della violenza e violazioni dei diritti umani. Le Nazioni Unite stimano che quasi 5,7 milioni di persone, metà delle quali bambini, hanno bisogno di aiuti umanitari. L’Unicef afferma che quasi un bambino su due in Sri Lanka necessita di una forma di assistenza per alimentazione, assistenza sanitaria, acqua potabile pulita, istruzione e servizi di salute mentale. Padre Jeewantha Peiris al momento è libero su cauzione come tutti gli srilankesi.

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