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Squid Game: come parlarne in classe grazie a Socrate e al gioco della sedia

Se i bambini o i ragazzi hanno visto la serie, o ne conoscono anche parzialmente i contenuti, come facciamo concretamente ad usare in maniera intelligente Squid Game? Come raccogliamo gli spunti, da educatori? Qui abbiamo raccolto alcuni suggerimenti. Ad esempio, gli antichi filosofi...

di Sabina Pignataro

Torniamo a parlare di Squid Game. E dopo avere condiviso alcune riflessioni (in questo articolo precedente) ora vorremmo proporre delle soluzioni concrete.
In teoria sappiamo che come genitori possiamo (entro un certo limite) dosare, contenere o verificare l’esposizione dei nostri figli ai contenuti sui social media, tv, videogiochi, internet. In pratica, comunque, i bambini fanno parte di una società aperta e permeabile. È sufficiente che un compagno di classe, della palestra, del parco abbia visto qualcosa di inadatto e puf, la frittata è fatta.

A quel punto cosa si fa? Se i bambini o i ragazzi hanno visto la serie (sebbene vietata fino ai 14 anni), o ne conoscono anche parzialmente i contenuti, come facciamo concretamente ad usare in maniera intelligente Squid Game (o altre serie/film e videogiochi)? Come raccogliamo gli spunti, da educatori?

Ne abbiamo parlato con Stefano Rossi, psicopedagogista e autore di testi per insegnanti e genitori, tra cui “Menti critiche, cuori intelligenti” e “Carezze d’empatia in classe” (entrambi per Pearson). Ha ideato il Metodo Rossi della Didattica cooperativa ® su cui ha formato oltre 500 scuole.

Rossi, secondo lei qual è il problema di Squid Game?

Squid Game coglie in pieno lo "spirito del nostro tempo": il mondo liquido dove tutti noi cerchiamo di rimanere a galla. La serie ci legge dentro perché il mondo liquido è un mondo spietato che divide gli esseri umani in "winner" (vincitori) e "loser" (i perdenti, i rifiuti, gli scarti). Un po’ come nel vecchio gioco della sedia: al fermarsi della musica un giocatore rimarrà senza posto precipitando tra i “loser”. Solo che gli episodi impongono delle regole di ingaggio cruente e fratricide: la fratellanza si rovescia in spietata competizione; l'empatia in cieca indifferenza; la solidarietà in una scelta da perdenti.

Perché è un problema soprattutto per i piu piccoli?

Ce lo spiegano le neuroscienze, a partire dalle conoscenze sul funzionamento del cervello di bambini e preadolescenti: fino ad una certa età non possiedono le competenze emotive-cognitive per rielaborare ed integrare dentro di sé la complessità di alcune esperienze. ​In alcuni casi l'esposizione a queste scene di nuda violenza crea letteralmente un trauma che si iscrive nella mente e nel cuore del bambino.
E' solo a partire dal periodo di pubertà che avvengono importanti trasformazioni (a livello dei lobi frontali e prefrontali) determinano il riconoscimento dei propri stati mentali, sentimenti e azioni, in relazione con gli altri. Diverse ricerche hanno dimostrato che l'esposizione smodata a video-game violenti (ma lo stesso vale per una serie o un film) crea un deficit di empatia normalizzando comportamenti aggressivi, vessatori e cruenti.


Il mio consiglio, se lavorate alla scuola media, è di dedicare a Squid Game una lezione di educazione civica. Alle medie cambia la mente dei ragazzi e cambia anche il senso dell'educare: dobbiamo anche allenare i nostri ragazzi a prendere buone decisioni di fronte ai nuovi piccoli e grandi dilemmi della vita. Tra le life skills dell'OMS si parla espressamente della competenza del "Saper prendere buone decisioni". Una competenza che chiama in causa l'educazione al pensiero critico.

Stefano Rossi

Alle scuole medie cosa cambia?

Nella preadolescenza abbiamo una risorsa, il cervello cognitivo, che diventa capace di un pensiero più profondo: poter pensare i propri pensieri. Alle medie cambia anche il senso dell'educare: accanto al monitoraggio educativo che non deve mai venire a meno possiamo e dobbiamo allenare i nostri ragazzi a prendere buoni decisioni di fronte ai nuovi piccoli e grandi dilemmi della preadolescenza. Tra le life skills dell'OMS si parla espressamente della competenza di vita del "Saper prendere buone decisioni". Una competenza che nuovamente chiama in causa l'educazione al pensiero critico.

Tornando a Squid Game, concretamente come spossiamo allenare il pensiero critico di cui parla?

Il mio consiglio, se lavorate alla scuola media, è di dedicare a Squid Game una lezione di educazione civica. Come? Nel metodo che io propongo. La chiave sono le domande su cui "pensare insieme tra amici" come gli antichi filosofi. Ne propongo alcune:
1. Cosa ci racconta Squid Game della nostra società?
2. La vita è un gioco competitivo tutti contro tutti?
3. La logica della competizione a prima vista sembra meritocratica (vince il più capace) ma quali ombre nasconde?
4 E se il loser, il perdente fossi tu?
5. Cosa accade a virtù come l'amicizia, l'empatia, la cooperazione, la responsabilità e l'inclusone dei più fragili in una società modellata sul gioco competitivo alla Squid Games?
6. Esiste un'alternativa ad una società del tutti contro tutti?
7. Se invece di combatterci unissimo le forze cooperando per un mondo migliore? Come potremmo fare partendo dalla vita in classe?

Per gli insegnanti della secondaria che invece preferissero omettere il riferimento a Squid Game?

Questa è una riflessione che mi sta particolarmente a cuore. Da un lato Squid Game in Italia è trasmesso su Netflix con un divieto a minori di 14 anni, dall'altro sappiamo bene che migliaia dei nostri ragazzi hanno visto la serie e ancor più ne hanno sentito parlare, spesso con toni celebrativi, da molti seguitissimi influencer di Youtube, Twitch e Tik Tok). Su questo dilemma mi viene in mente una frase di Yuval Noah Harari quando lucidamente affermava che la lepre tecnologica è sempre in vantaggio sulla tartaruga democratica. C'è però una facile mediazione al problema. Chi, legittimamente, non volesse far riferimento alla serie (parliamo di scuola media) può omettere la prima domanda socratica utilizzando proficuamente le altre.

E alle elementari?

Alla primaria ometterei il riferimento a Squid Game (che i bambini non dovrebbero vedere) ma proporrei una riflessione sul gioco della sedia. Dopo il gioco vi consiglio di far sedere i bambini in cerchio facendoli riflettere su queste domande:
1. Il gioco della sedia è un "gioco giusto"?
2. Quando un gioco è giusto?
3. Cosa prova il giocatore che vince?
4. E quello che perde?
5. Un gioco in cui 19 giocatori su 20 perdono sentendosi tristi, arrabbiati, soli, inadeguati ed esclusi è davvero un gioco giusto?
6. Quali carezze d'empatia (parole gentili, piccoli gesti) possiamo donare al compagno escluso dal gioco?
7. Le situazioni ingiuste non devono essere accettate. Come potremmo riscrivere il gioco della sedia per renderlo più giusto e cooperativo?

Nelle classi italiane si coltivano molto le capacità cognitive, un po'meno quelle interpersonali …

Ed è un peccato, perchè le capacità interpersonali potrebbero favorire la comprensione dei propri (e altrui) stati d’animo. Per invitare i più piccoli mettere in parola quello che sentono nel cuore, siano esse emozioni (senza distinzioni tra positive e negative), sentimenti, sensazioni o pensieri, nel mio metodo propongo il rito della "Sedia d'empatia": a turno, si fa sedere una bambina o un bambino sulla sedia e si sollecitano i compagni a dirgli “ti ringrazio per questo…”; “ ti chiedo scusa per questo”; “non ti ho mai detto che ti apprezzo tanto per…”. Questa precoce «alfabetizzazione emotiva» crea ponti di empatia, offre importanti occasioni di condivisione e aiuta i più piccoli a riconoscere ed affrancarsi da episodi di violenza, possesso, prevaricazione, soprusi e discriminazioni. A scuola e a casa i nostri ragazzi hanno bisogno di tre ingredienti: il tempo, delle buone narrazioni e l'educazione al pensiero. Dobbiamo tornare a Socrate…

Scusi, come facciamo da Squid Game a tornare a Socrate?

Socrate camminava tra i giovani interrogandoli con le grandi domande su felicità, giustizia, coraggio. Grandi domane per coltivare menti critiche, cuori intelligenti. Nel metodo che propongo a insegnanti e genitori utilizzo uno strumento semplice quanto profondo: le storie d'empatia. In "Menti critiche, cuori intelligenti" propongo a genitori e insegnanti 40 brevi storie filosofiche collegate a 40 virtù per educare il cuore e la mente. Raccontare delle storie d'empatia permette di nutrire ed equipaggiare la mente e il cuore di bambini e ragazzi. Ogni storia è abbinata ad una serie di domande socratiche con cui possiamo riflettere insieme a bambini e ragazzi sui grandi temi della vita: la giustizia, la felicità, il coraggio ma anche il male banale e le trappole di bullismo e cyberbullismo.

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