Analisi
Spreco alimentare, uno scandalo da 13 miliardi
Nel 2024 in Italia il cibo in pattumiera ci costerà 290 euro annui a famiglia, 126 euro pro capite. Per Mauro Lusetti, presidente del consorzio nazionale Conad, occorrono campagne di sensibilizzazione che spingano verso comportamenti virtuosi
di Alessio Nisi
In un mondo in cui «milioni di persone sono in una condizione di povertà assoluta», e «dove non si riesce a mettere insieme un pasto decente durante la giornata, lo spreco di cibo è tema che ha una dimensione etica dalla quale nessuno di noi può può sottrarsi, soprattutto noi occidentali che viviamo in una situazione di opulenza». Con queste parole Mauro Lusetti, presidente del consorzio nazionale Conad, entra nel tema dei dati aggiornati di Il caso Italia dell’Osservatorio Waste Watcher International, rapporto sullo spreco alimentare realizzato per la campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero su monitoraggio Ipsos – Università di Bologna Distal. QUI i dati del report precedente e QUI il numero di VITA interamente dedicato al tema.
Insicurezza alimentare protagonista tra i fragili
Numeri che rimandano ad uno scenario di allarme sociale che emerge da un quadro di forte incertezza generale. Dal punto di vista socioeconomico il ceto che si auto definisce “popolare” (“mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese”) e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione, secondo i dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. «Negli ultimi anni le fasce più deboli ed esposte della popolazione sono cresciute. Questo dato è strettamente connesso con il tema dei consumi e dell’alimentazione», spiega Lusetti, ma anche con la povertà abitativa e la povertà educativa.
Le scelte sui consumi
In particolare, l’insicurezza alimentare aumenta dell’11% nelle famiglie con almeno un figlio minorenne e diminuisce dell’8% nelle famiglie senza figli minorenni. Si aggiunge a questo quadro che 1 consumatore su 2 a basso potere d’acquisto (ceto popolare) cerca cibo a ridosso di scadenza per risparmiare, e che il 41% sceglie il discount a scapito del negozio sotto casa o del supermercato, il 77% ha intaccato i risparmi per fare fronte al costo della vita, il 28% ha tagliato ulteriormente il budget per la spesa alimentare. Scende con tutta evidenza il consumo del cibo biologico, perché più costoso.
I consumi alimentari sono incomprimibili
Lusetti sottolinea il ruolo dell’inflazione in questo stato di cose e il fatto che «c’è una quota di consumi che sono incomprimibili, i consumi alimentari: posso fare a meno di una lampadina, ma non posso fare a meno del pane». Ma gli effetti che si fanno sentire sono sfumati. «Cambia il mio carrello della spesa, non compro il pesce ma compro il pollo, non compro il vitello o il filetto ma carni bianche oppure dei macinati». Ma c’è anche un’altra gamma di possibilità.
Sono dati che dobbiamo attenzionare con cura perché ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale
da un lato e ricaduta sociale dall’altroAndrea Segrè – direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher
Diete disordinati ed effetti sulla salute
«Mi rivolgo», precisa, «ad un altro tipo di consumo e vado a comprare in altri posti, dove magari non ci sono le garanzie che possono esserci in un supermercato: modifico quindi radicalmente i miei consumi al punto che questo spesso impoverisce la dieta, con effetti sulla salute». Diete disordinate «producono effetti importanti come ad esempio l’aumento incontrollato del peso».
Sprechiamo di più
Non solo. I dati del monitoraggio ci dicono che siamo passati da 75 (quelli della rilevazione precedente) a quasi 81 grammi di cibo buttato ogni giorno pro capite nelle nostre case (80,9 grammi, per l’esattezza) e da 524,1 grammi settimanali nel 2023 a 566,3 grammi settimanali nel 2024. Si tratta dell’8,05% di spreco in più rispetto a un anno fa.
Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare
Andrea Segrè
Uno spreco salato. Nel 2024 in Italia lo spreco alimentare ci costerà 290 euro annui a famiglia, 126 euro pro capite ogni anno. Una roba che vale nel suo complesso oltre 13 miliardi di euro: un dato vertiginoso che include lo spreco a livello domestico (che incide per oltre 7miliardi e 445 milioni) e quello nella distribuzione che vale circa la metà (quasi 4 miliardi di euro), oltre allo spreco in campo e nell’industria, più contenuto.
Se dunque è tra le mura domestiche che si spreca di più, Lusetti ribadisce la necessità «di campagne di sensibilizzazione nelle scuole e nei posti di lavoro che spingano verso comportamenti virtuosi. È un problema di informazione che deve passare nei luoghi deputati alla alla crescita (anche culturale) delle persone». Sul fronte della distribuzione, e in particolare sul nodo delle giacenze, uno dei temi, di difficile attuazione, è «la capacità di pianificare di chi produce, chi trasforma e di chi distribuisce».
A controbilanciare il peso delle giacenze però oggi c’è la solidarietà. Last minute market è un’iniziativa grazie alla quale si è recuperato cibo per milioni di pasti annuali. «È uno di quegli elementi virtuosi in cui l’impresa da una parte e il volontariato dall’altra riescono a trovare quella sintesi felice per rendere meno complicata la vita a centinaia di migliaia di persone».
In apertura foto di Hitti M da Pixabay. Nel testo immagini da https://www.youtube.com/@sprecozero7545
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