Sostenibilità

Spreco alimentare, la sfida è il recupero del cibo

Anche se l'emergenza Covid ha cambiato molte abitudini riducendo l'attitudine a buttare gli alimenti, ogni persone ne butta in pattumiera 27 kg l'anno. La sensibilizzazione contro il food waste è anche occasione per guardare alle buone prassi che si stanno sviluppando. A Milano sono attivi programmi come la Food Policy del Comune e i progetti sostenuti da Fondazione Cariplo per recuperare risorse a vantaggio della comunità

di Antonietta Nembri

Ridurre lo spreco alimentare – nelle nostre case ogni anni gettiamo 27 kg di cibo a testa secondo Waste Watcher – è una priorità a livello non solo nazionale ma mondiale. Da otto anni in Italia il 5 febbraio è la giornata dedicata alla prevenzione dello spreco del cibo. Un’occasione per denunciare quanto ancora troppo passa dal frigorifero direttamente alla pattumiera, ma anche per segnalare le buone prassi che si stanno facendo strada. Con una particolarità segnalata da Coldiretti per l’anno appena trascorso: “L’emergenza pandemia ha portato più di un italiano su due (55%) a ridurre gli sprechi alimentari portando in tavola gli avanzi, con un trend favorito dalla maggiore permanenza in casa e ai fornelli per i lockdown e le misure anti-contagio”.

Prevenire lo spreco del cibo puntando a recuperarlo è un’azione fondamentale che ottiene più di un risultato sia sul fronte ambientale sia dal punto di vista sociale, soprattutto considerando che molte delle attività che vengono realizzate su questo fronte guardano al raggiungimento di una sostenibilità a 360 gradi. In una città come Milano, per esempio, non mancano iniziative come Food Policy, il programma alimentare erede di Expo 2015 che è uno strumento portato avanti in sinergia da Comune di Milano e Fondazione Cariplo per rendere più sostenibile il sistema milanese.

Tra le diverse iniziative nei mercati di quartiere è attiva l’Aps Recup che dal 2016, con il motto "il cibo che perde valore economico acquista valore sociale" ha recuperato quasi 100 tonnellate di prodotti ortofrutticoli ancora edibili e che sarebbero stati gettati via. Il sistema è semplice: i volontari dell’associazione recuperano dai diversi commercianti presenti al mercato l’ortofrutta invenduta a fine giornata che viene selezionata e distribuita gratuitamente, chiunque partecipa alla raccolta e alla selezione ha diritto a una parte del raccolto e questo favorisce una maggiore coesione sociale e intergenerazionale nei quartieri. Lo scorso anno la pandemia ha imposto qualche cambiamento, spiega Elena Volturo di Recup «nei nostri gruppi abbiamo dovuto far a meno delle persone over 65 che speriamo di poter recuperare in primavera, ma per noi il 2020 è stata anche l’occasione di iniziare a lavorare con la rete QuBi (il programma contro la povertà infantile, attivo dal 2017) e con le reti di supporto nei quartieri che non conosciamo». Nel corso del lockdown per esempio i volontari di Recup hanno operato all’Ortomercato in sinergia con altre realtà cittadine nella raccolta degli alimenti a supporto delle famiglie più in difficoltà.
«Il nostro metodo funziona e sta coinvolgendo» conclude Volturo «abbiamo chiuso il 2020 con 123 soci e a fine gennaio di quest’anno siamo già arrivati a 75 e continuiamo a ricevere richieste: eravamo attivi in 11 mercati di quartiere (al momento dimezzati per le misure sanitarie), ma a Milano sono 87 e l’obiettivo è includerli tutti ovviamente con il nostro metodo interculturale e intergenerazionale per creare coesione e ridurre lo spreco».


Tra le azioni del programma Food Policy di Milano vi sono gli Hub di Quartiere contro lo spreco alimentare (il primo è stato aperto a Isola due anni fa seguito a ottobre 2020 da quello di Lambrate) che nel 2020 hanno raccolto eccedenze per 76 tonnellate. In una nota del Comune si precisa che 62 tonnellate sono state raccolte tra gennaio e febbraio e tra giugno e dicembre al quartiere Isola e 14 nell’Hub inaugurato pochi mesi fa. L’azione degli Hub di quartiere è quella di recuperare e ridistribuire il cibo per contrastare la povertà alimentare. Il monitoraggio dei dati effettuati dal Politecnico di Milano parla di oltre 3.300 famiglie raggiunte, in cui vivono 1.630 minori, per circa 152mila pasti equivalenti. «Questa azione ci ha permesso di continuare a lavorare per raggiungere obiettivi di sostenibilità», afferma la vicesindaco con delega alla Food Policy Anna Scavuzzo, «ma anche di diritto al cibo sano. La quarta priorità della Food Policy è la lotta agli sprechi e per questo entro l’estate verranno aperti altri due Hub di Quartiere con nuovi partner, al Corvetto e al Gallaratese (quartieri periferici di Milano – ndr.)».

«Gli Hub di quartiere nascono da un metodo sviluppato dalla Food Policy di Milano insieme ad altri soggetti e reso possibile dalla presenza di reti sul territorio come il Programma Qubi – la ricetta contro la povertà infantile di Fondazione Cariplo», aggiunge Giovanni Fosti, presidente di Fondazione Cariplo. «Perché contrastare lo spreco alimentare, preparare un pacco di cibo che sia sano ed equilibrato, dedicato a quella persona e alla sua famiglia affinché stiano bene, e consegnarlo attraverso qualcuno che abbia uno sguardo attento e rispettoso, significa prendersi cura. È questa attenzione che fa la differenza nel concreto e rafforza i legami della comunità».
Oltre al Politecnico di Milano e Assolombarda, partner del Comune di Milano nell'azione della Food Policy, all'iniziativa partecipano Programma Qubi – la ricetta contro la povertà infantile (Isola) e BCC di Milano (Lambrate), nei locali concessi da Avis Milano. Gli Hub di quartiere sono gestiti dal Banco Alimentare della Lombardia, mentre Number1 ha messo a disposizione due furgoni per i trasporti. Tra le imprese anche Deutsche Bank è stata presente fin dall'avvio dell'iniziativa. L’apertura dei due nuovi hub nei prossimi mesi è possibile grazie al sostegno di Fondazione Snam (Corvetto) e di Fondazione Milan (Gallaratese).

Lotta allo spreco ed economia circolare

Tra i progetti sostenuti da Fondazione Cariplo nella lotta allo spreco alimentare vi è anche “Biostar-Pack” che si muove nel campo ambientale e della ricerca. Se si considera il solo nord Italia lo spreco alimentare rappresenta il 20% dell’intera produzione dei rifiuti mentre circa il 28% degli scarti alimentari indifferenziati è ancora commestibile e riutilizzabile.
Il progetto propone di valorizzare la frazione organica dei rifiuti alimentari (circa l’80% del totale) nello sviluppo di compositi biodegradabili per applicazioni in imballaggio alimentare. «Si tratta di una proposta di economia circolare che punta a rimettere sul mercato i prodotti gettati via» spiega Massimiliano D’Arienzo, docente dell’Università di Milano Bicocca. «In pratica recuperiamo gli amidi e gli zuccheri cui aggiungere minerali argillosi naturali come biofiller che possono essere impiegati e finalizzati alla produzione di packaging sostenibile con un valore aggiunto: quello di auto smantellarsi e di ritornare in circolo come materia prima o come compost».
In pratica non solo si ridurrebbe il consumo di plastiche, ma si andrebbe verso una end of life dei prodotti virtuosa e circolare. I risultati che si aspetta sono un impatto significativo sulla società in termini di miglioramento di un consumo alimentare sostenibile, diminuzione dello spreco alimentare, e onere per le risorse e la gestione dei rifiuti di imballaggio. Un altro risultato del progetto sarà la formazione di giovani ricercatori, offrendo un percorso formativo e professionale con approfondimento delle conoscenze sulla gestione dei rifiuti e sull'economia circolare. «Abbiamo cominciato a lavorare nel 2020 e abbiamo messo a punto un prototipo base», conclude D’Arienzo. «Lo step finale, usciti dal laboratorio, sarà quello di arrivare al mercato. Per noi è un progetto che assume anche un valore socioeconomico: da un rifiuto otteniamo un nuovo prodotto che poi può essere riusato ancora».

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