Famiglia

Sportivo assicurato Coni mezzo sbancato

Cento miliardi di passivo: questo il rosso della Sportass, la società che assicura gli atleti delle Federazioni. Insieme alla verità sui miliardi spariti...

di Pasquale Coccia

Il buco nella rete è vistoso e a causarlo sono i conti in rosso di una società che pesa sulle casse già disastrate del Coni. La società è la Sportass, si occupa (ironia della sorte) di assicurazioni e presenta un passivo per la bellezza di 100 miliardi. Un caso più unico che raro in Italia, dove le compagnie assicuratrici fanno affari d?oro. E adesso, ripianare o liquidare? Istituita dal Coni, la Sportass è la Cassa di previdenza per l?assicurazione degli sportivi con il compito di tutelare l?infortunistica sotto l?aspetto assistenziale e assicurativo, e risolvere gli aspetti previdenziali legati alle varie discipline sportive delle 39 Federazioni associate al Coni. Gli allenatori, gli atleti, i giudici di gara, i collaboratori a vari livelli delle federazioni sportive e di altri organismi, usufruiscono dell?assicurazione Sportass contro infortuni che si verificano durante le gare, gli allenamenti o le trasferte. È un?assicurazione che riguarda un milione e mezzo di sportivi e per il servizio sociale che svolge è stato dichiarato dallo Stato Ente pubblico ?necessario? secondo il Dpr 1/4/1978 n.250. La Cassa gode di un?autonomia operativa, anche se il bilancio viene approvato dal Consiglio nazionale del Coni, tanto che una parte del consiglio di amministrazione è costituito dai presidenti di alcune Federazioni sportive del Comitato olimpico. La situazione patrimoniale è disastrosa, e per far fronte a questa nuova tempesta economica ai vertici del Coni non restano che due strade: o procedere a un risanamento del bilancio, attraverso un intervento delle federazioni sportive, oppure dichiarare la bancarotta della Sportass e avviare il processo di liquidazione della Cassa. La prima ipotesi si presenta ardua, visto che, fatta eccezione per alcune federazioni più rappresentative e più ricche come il calcio, l?atletica e la pallacanestro, la gran parte riguarda sport minori e dunque con risorse finanziarie ridotte. Inoltre quelle economicamente più forti si affidano già ad assicurazioni private e non sono disposte a tirar fuori altri soldi per rimediare ai guai finanziari di una società che giudicano inutile. La seconda ipotesi, quella più probabile, aprirebbe un vuoto che verrebbe subito riempito dagli istituti assicurativi privati, dato il vasto numero di sportivi coperti dalla Sportass. Il Coni prospetta alcune soluzioni, ma nulla dice sulle cause che hanno prodotto quei 100 miliardi in rosso. Se il Consiglio nazionale del Comitato olimpico ha approvato il proprio bilancio, nel quale rientra quello dell?Ente assicurativo, perché non ha mai sollevato questioni in merito alla voragine economica che di volta in volta si determinava? Se è vero, come ha sostenuto la Corte dei Conti, che gli introiti dei concorsi pronostici, attraverso i quali il Coni si finanzia, sono soldi pubblici, a chi si deve la cattiva gestione delle finanze della Sportass e soprattutto chi sarà chiamato a rispondere? Una catena di infortuni Alla Sportass si trincerano dietro ai premi pagati per il rimborso degli infortuni, ma gli indennizzi non riguardano somme ingenti, salvo alcune eccezioni, perché gli infortunati ricorrono per la gran parte dei casi al Servizio sanitario nazionale. Inoltre gli assistiti della Sportass sono soggetti che prima di dedicarsi a un?attività sportiva, sono sottoposti a visite medico sportive tendenti a rilevare qualsiasi controindicazioni e ,dunque, le persone a rischio vengono preventivamente escluse. Sicuramente le cifre irrisorie che il Coni ha chiesto per lunghi anni a ogni iscritto alle federazioni sportive, hanno pesato a lungo sul bilancio, ma anche la gestione allegra della società ha contribuito a determinare la voragine. Un buco sul quale il presidente della Sportass Francesco Colucci ha promesso di dare spiegazioni in un prossimo futuro, senza smentire, però, quei 100 miliardi da capogiro che il Comitato olimpico ha annualmente attutito con il suo bilancio di 1000 miliardi. Cosa che adesso, in tempo di vacche magrissime per tutti, non può più permettersi. Tabelle chiare, rimborsi giusti Stufi delle lungaggini burocratiche e dei tempi di rimborso degli infortuni, hanno pensato di muoversi in proprio per garantire gli indennizzi dei propri atleti. Così cinque anni fa l?Unione sportiva Acli e l?Uisp (Unione italiana sport per tutti) hanno dato vita a ? Taverna?, una società di brokeraggio assicurativo il cui scopo è quello di economizzare i sinistri evitando il lungo braccio di ferro che solitamente si instaura con le compagnie assicurative. Insieme, i due enti di promozione sportiva contano 1 milione e 300 mila sportivi iscritti, un numero abbastanza grande per muovere in proprio i primi passi, anche se su un terreno non privo di difficoltà come quello delle assicurazioni. «Nel 1994 abbiamo costituito questa società di brokeraggio, unica tra gli enti di promozione sportiva, perché per noi era problematico valutare gli indennizzi degli infortuni», afferma Vincenzo Menna, presidente nazionale dell?Unione Sportiva Acli. «Con i nostri associati abbiamo un rapporto chiaro perché rendiamo pubbliche le tabelle di liquidazione e i tempi sono più rapidi. E poi», conclude Menna, «la nostra società non è condizionata da manovre speculative».


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